La Nuova Sardegna

Sassari

Botte all’anziano padre a processo il figlio violento

di Nadia Cossu
Botte all’anziano padre a processo il figlio violento

In aula il racconto drammatico della vittima: «Mi colpiva in testa e sanguinavo» Il 55enne fu arrestato dai carabinieri dopo l’aggressione dello scorso ottobre

19 maggio 2021
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PORTO TORRES. «Mi sembrava come se mi stessero cadendo sulla testa tre o quattro quadri, poi quando mi sono girato ho visto che era mio figlio a colpirmi...».

È un racconto drammatico quello reso ieri mattina in aula da un anziano padre aggredito lo scorso ottobre dal figlio di 55 anni che, dopo averlo colpito più volte con «la gamba in legno di una vecchia poltroncina» si era allontanato da casa lasciando l’uomo sanguinante. I carabinieri lo avevano rintracciato poco dopo mentre vagava tra le campagne di Porto Torres a bordo di un’auto e lo avevano arrestato.

Ieri l’apertura del dibattimento con la testimonianza della vittima davanti al collegio presieduto dal giudice Mauro Pusceddu (a latere Giulia Tronci e Sergio De Luca). L’anziano ha risposto alle domande del pubblico ministero Angelo Beccu su quanto accadde quel giorno di ottobre. «Stavo andando a prepararmi il caffellatte – ha detto l’uomo – poi quei colpi in testa, tre, quattro... mi scendeva il sangue in faccia, all’inizio non capivo, poi ho visto mio figlio. Ho cercato di difendermi con il bastone che uso per camminare, lo sollevavo per parare i suoi colpi. Dopo ho provato ad andare in bagno, lui si deve essere pentito perché con uno strofinaccio ripuliva il pavimento dal sangue. Poi se n’è andato e io sono riuscito a chiedere aiuto, è arrivata l’ambulanza e dopo un quarto d’ora i carabinieri».

All’origine dell’aggressione il denaro. Dal portafoglio dell’anziano mancavano soldi in continuazione, poi gli ammanchi sono cominciati anche nel conto corrente. «Mi avrà portato via tra gli 80mila e i 100mila euro, erano i risparmi degli affitti di alcuni immobili. Sono sicuro che sia stato lui a prendere il mio bancomat, lo tenevo nel portafoglio, insieme a un biglietto piccolo dove avevo scritto il Pin. Deve averlo trovato... I prelievi risultavano fatti a mezzanotte, io a quell’ora non andavo mica al bancomat».

Ma quel figlio continuava a negare. «Dopo che è morta mia moglie avevo la valigia pronta per andarmene da mie sorelle, ma non avevo il coraggio di lasciarlo solo. Dicevo: “E come mangia questo?”».

Quella di ottobre non sarebbe stata l’unica aggressione: «Una volta mi ha stretto il collo e mi ha graffiato, l’avevo rimproverato perché aveva litigato con la moglie. Gli dissi: “Ma sempre tu sei? La vuoi finire?”. E si era arrabbiato. Un po’ di paura di lui l’avevo, sì, perché non era molto a posto. Gli dicevo di andare in comunità per curarsi e lui mi rispondeva che non era drogato».

Il processo è stato rinviato a giugno per sentire tutti i testimoni del pubblico ministero.

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