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Sassari

«Anziani deportati come pacchi da Ittiri a Ghilarza: così muoiono»

Luigi Soriga
«Anziani deportati come pacchi da Ittiri a Ghilarza: così muoiono»

Chiusa la Lungodegenza, i parenti dai carabinieri

01 settembre 2021
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SASSARI. Sono dei pacchi postali, con la scritta fragile, maneggiare con cura. Perché i 18 pazienti ricoverati nella Lungodegenza di Ittiri sono molto anziani, allettati ormai da mesi, con patologie gravi, quasi tutti non autosufficienti, e per la metà di loro la vita è davvero appesa a un filo.

Ieri hanno ricevuto lo sfratto dall’Ats, perché il reparto deve essere chiuso dall’oggi al domani. L’emergenza Covid ha la priorità assoluta, le risorse devono concentrarsi su questo fronte, e quando la coperta è corta e il personale non basta, allora i malati ordinari diventano pedine sacrificabili. Lungodegenza di Ittiri chiude i battenti, i medici del reparto traslocano nel reparto covid del Marino di Alghero, e per i 18 pazienti scatta la “deportazione” a più di 100 chilometri di distanza, chi a Ghilarza, chi a Sorgono.

V.A., 74 anni, di Olmedo, è terrorizzata. Ha paura di restare completamente sola, chiusa in una nuova stanza che diventerà il suo 41 bis. Dice: «Sono qui da maggio, ormai allettata, non posso alzarmi con le mie forze. Ho un unico fratello che abita ad Alghero, e viene a trovarmi. Se mi portano a Ghilarza mi stanno condannando all’isolamento. Lui non potrà più venire come prima. Io mi incateno al letto, che ci provino a toccarmi».

Rita Scianca invece ha 79 anni. Per lei un ospedale o un altro non fa grande differenza, perché l’Alzheimer l’ha prosciugata di sensazioni e ricordi. Sarebbe già in viaggio su un’ambulanza, come è accaduto ad altri pazienti incapaci di intendere e volere, e quindi di reagire e opporsi ai volontari che ti caricano su una barella e ti portano di peso. Se non fosse per la figlia Irene Sanna, che ha paura che questo trasferimento coatto possa diventare il suo ultimo viaggio, anche il letto di Rita ora sarebbe vuoto.

«Mia madre non è in condizioni di affrontare un simile stress. Questo giocare sulla pelle di persone fragilissime lo trovo disumano. Significa fregarsene dei sentimenti di noi figli, che non potremo più assistere e star vicino ai nostri cari».

Un gruppo di parenti presidia l’ingresso dell’ospedale di Ittiri, è pronto a fare le barricate per impedire i trasferimenti coatti. Alcuni si sono rivolti ai carabinieri, sporgendo denuncia contro i vertici dell’Ats.

«Siamo angosciati – dice Francesca Arras – mio padre è un paziente terminale e io ho paura che non sopravviva a un viaggio di un’ora su un’ambulanza non medicalizzata. Gli stessi medici hanno detto che c’è il serio rischio che possa morire. Ha bisogno di cure continuative, della somministrazione di ossigeno ad alto flusso, e l’ambulanza non è dotata di questi sistemi. Parliamo ripeto di una persona in fin di vita, e io non trovo giusto che lui debba morire per volontà di chi, commettendo un abuso, ordina un trasferimento ignorando il consenso di tutti». Non basta: «C’è un’altra cosa che rende tutto più agghiacciante: la Lungodegenza di Ittiri nel suo piccolo è un’eccellenza, con personale competente e soprattutto con tutte le dotazioni necessarie per gestire pazienti così fragili. Mi risulta invece che altri centri dove avverranno i trasferimenti non hanno nemmeno l’ossigeno a parete, ma solo i presidi portatili. Manca quindi il corredo tecnologico di base per un’assistenza adeguata».

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