La Nuova Sardegna

Sassari

Terapia antalgica, nota dolente in Aou

di Luigi Soriga
Terapia antalgica, nota dolente in Aou

Un paziente: «Ho ernia del disco, non possono fare iniezioni per mancanza di spazi, faccio 100 km per farmi curare a Bosa»

30 settembre 2021
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SASSARI. I dolori alla schiena come un fedele compagno che non ti abbandona mai. E, nelle giornate peggiori, una corda tesa che parte dalla punta del piede e si allunga sino all’inguine. È lo scontrino di una schiena malconcia, con una serie di ernie del disco e di nervi infiammati. Non devi essere per forza anziano per collezionare questi acciacchi, anche 46 anni sono sufficienti per logorare una spina dorsale. «L’unica possibilità che ti rimane – dice Angelo – prima di passare sotto i ferri, è la cura antalgica. Cioè dei cicli di iniezioni di antidolorifici e antinfiammatori che rendano sopportabili le tue giornate». Il problema arriva quando nel pubblico manca l’assistenza, e per smettere di soffrire sei costretto a rivolgerti al privato.

«Premetto che sono disoccupato e non navigo di certo nell’oro. Il mio riferimento, all’ospedale Civile di Sassari, è sempre stato il reparto al secondo piano, che si occupa delle terapie del dolore». La trafila è classica: impegnativa del medico di base, visita degli specialisti, dopodiché accertamenti diagnostici: «Risonanza eseguita in uno studio privato, dai 150 ai 180 euro, perché attraverso il cup avere un esame alla colonna se ne parla dopo mesi». Angelo invia l’esito radiografico al secondo piano dell’ospedale. «Ci sono una serie di problemi alle vertebre, delle ernie del disco che mi causano delle infiammazioni. Prima di arrivare alle soluzioni estreme, mi suggeriscono di provare con una cura di iniezioni mirate. Benissimo dico: quando possiamo cominciare?». E qui iniziano i disagi: «Mi spiegano che nel reparto non sono in grado di erogare ai pazienti la terapia, per mancanza di spazi. Ok: ditemi dove andare». L’unica possibilità è rivolgersi a un ambulatorio privato. «Mi danno i riferimenti, tra l’altro di specialisti che lavorano nello stesso ospedale. Io chiamo e ingenuamente sono convinto che operino in regime di convenzioni. Dovrò pagare il ticket, penso. E invece il ciclo di iniezioni mirate o di flebo di antinfiammatori mi costerà dai 200 ai 400 euro. Domanda: da dove li tiro fuori questi soldi?».

«Poi parlando con alcuni conoscenti scopro che questi grandi spazi necessari per eseguire la terapia, altro non sono che un lettino sul quale sdraiarti, e poi stringere i denti quando ti fanno l’iniezione. Mica una sala di terapia intensiva».

Siccome per chi non ha un lavoro 400 euro sono un salasso pesantissimo, Angelo decide di giocarsi la carta cup, e di accettare anche la destinazione Bosa: «Chi ha problemi alla schiena sa bene cosa significhi stare al volante per un’ora, ma pur di non dare i miei soldi alla sanità privata, dal momento che avrei tutto il diritto di essere assistito nell’ambito pubblico, allora preferisco soffrire».

A Bosa la trafila è semplice e svelta: «Arrivo, mi fanno sdraiare nel lettino, e poi mi praticano una iniezione. E quando ho raccontato la mia disavventura a Sassari, tutti si sono stupiti: ma come? Hanno commentato: noi siamo un buco e possiamo curare i pazienti, e loro che sono un reparto dedicato dicono di non avere gli spazi?». Angelo ha segnalato la sua vicenda all’assessore alla Sanità Nieddu: «Purtroppo immagino sia una situazione che non riguarda solo me, ma si tratta di disservizi che coinvolgono centinaia di persone. Spero che la mia segnalazione possa essere utile».

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