La Nuova Sardegna

Sassari

In sala operatoria ci pensa Da Vinci

di Luigi Soriga
In sala operatoria ci pensa Da Vinci

L’Aou ha acquistato un robot da 3 milioni di euro con quattro braccia che aiuta i chirurghi a raggiungere la perfezione

08 ottobre 2021
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SASSARI. Presente un bimbo al quale hanno appena regalato la playstation di ultima generazione e non vede l’ora di provarla? Ecco, anche un chirurgo bravo ed esperto come Massimo Madonia si trova nel medesimo stato d’animo. Il nuovo “giocattolo” porta un nome importante, si chiama Da Vinci, e costa un po’ di più di una console: siamo attorno ai 3 milioni di euro. È un robot che innalza il livello della chirurgia di molte tacche. «Per capire le potenzialità di questo apparecchio – dice il professor Massimo Madonia, responsabile dell’Unità di Urologia – c’è un solo modo: bisogna provarlo. Perché a parole è impossibile rendere l’idea di cosa possa fare». E proviamolo allora.

Innanzitutto Da Vinci a prima vista è un po’ deludente. Uno si immagina una sorta di chirurgo cyborg, e invece si trova davanti una sorta di granchio con quattro chele. In una ci sono due pinze, nell’altra la telecamera, nell’altra ancora i bisturi: insomma, come avere un solo medico che lavora per due. Per fargli prendere vita bisogna sedersi in una postazione remota, infilare la testa in una sorta di casco immersivo che ti proietta in un’altra dimensione altrove, dove tutto diventa più grande. Perché quando ti immergi nel corpo di un paziente, i millimetri diventano vitali. «L’esercizio è questo – dice Madonia – infila pollice e medio in quegli anelli, sono il tuo joystick. Con quelli manovri il robot. I ferri vanno dentro 4 buchi, in una gabbia che simula la cassa toracica di un paziente. Dentro c’è ago, filo, e della gomma piuma: ecco, devi cucire». La cosa impressionante è il feeling che si instaura subito con Da Vinci, come se ci si conoscesse da una vita. Una sorta di estensione protesica naturale che asseconda ogni movimento. «Su, prendi l’ago con le pinze». E incredibile, al primo tentativo l’ago poggiato sul tavolo operatorio viene afferrato saldamente dalla pinza. Ora è solo questione di muovere i polsi e infilzare la gommapiuma per simulare una suturazione. A dirla tutta il ricamo non vien fuori dei più eleganti, ma per essere la prima esperienza con i ferri, l’esame è superato.

«Ora dai un’occhiata alla dimensione reale dell’ago e del filo, e renditi conto con che oggetti hai lavorato». Quegli arnesi giganti in verità sono minuscoli: una persona con una leggera miopia non riuscirebbe nemmeno a prenderli. Un chirurgo ben allenato da anni di laparoscopia, con questo robot potrebbe invece prendere la lenza da pesca, gli ami, legarli e preparare un’armatura da bolentino. «È un altro mondo – spiega il professor Madonia – ci semplifica davvero il lavoro, lo rende molto più preciso. È una laparoscopia assistita, solo che, grazie al robot, è come se il chirurgo operasse a cielo aperto. Perché con la consolle hai una libertà di movimento delle mani e dei polsi anche superiore a quella umana. Con le pinze lunghe della laparoscopia tradizionale sei tu a sentirti un robot, limitato nei movimenti. Qui oltre che più libero sei anche più comodo, perché la seduta della console è avvolgente e confortevole. Puoi lavorare svariate ore senza accusare mal di schiena. Poi hai una visione più nitida, in 3D, e manovri tu stesso la telecamerina a seconda dell’inquadratura che ti serve. E poi, soprattutto, hai maggiore precisione nei tagli, la dissezione totale avviene perfettamente perché il robot annulla qualunque tremore».

Quindi dopo gli ospedali di Cagliari e Nuoro, finalmente anche le chirurgie dell’Aou di Sassari potranno disporre di questo fedele assistente. Per ottenere questo macchinario c’è voluto l’impegno del direttore generale Antonio Spano, del direttore sanitario Franco Bandiera e il sostegno del rettore Gavino Mariotti. I primi due interventi chirurgici, quelli con paziente in carne e ossa, sono andati benissimo. Il robot da 3 milioni sembra un ottimo acquisto.

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