La Nuova Sardegna

Sassari

«La mafia è viva ma senza leader»

di Roberto Sanna
«La mafia è viva ma senza leader»

Il giornalista Lirio Abbate ieri nel carcere di Bancali ha parlato di 41 bis ed ergastolo ostativo

14 dicembre 2021
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Parlare di legalità, mafia, servizi deviati e giustizia non è mai semplice. Ed è ancora più difficile farlo in un carcere come quello di Bancali, che ospita diversi detenuti ristretti col 41 bis. Uno dei quali «in passato mi ha voluto molto bene» ha detto ieri mattina Lirio Abbate, vicedirettore dell’Espresso, autore di esclusive inchieste su corruzione e mafie, inserito da Reporters sans frontièresfra i «100 eroi dell’informazione» nel mondo.

Il giornalista siciliano è stato invitato dalla direzione del carcere a presentare il suo ultimo libro “Faccia da mostro”, edito da Rizzoli, davanti a una platea composta da detenuti e studenti e studentesse della facoltà di Giurisprudenza. Il libro ha per protagonista un ex poliziotto, parla di omicidi eccellenti e stragi di mafia, svela l’esistenza di una donna legata a Gladio. Un mistero che dura da trent’anni con alcuni momenti vissuti in Sardegna da un personaggio che si muove in maniera spregiudicata a cavallo di legalità e illegalità, mafia e zone grigie dello Stato. Tutti argomenti affrontati anche nel successivo dialogo tra Lirio Abbate, alcuni detenuti e alcune studentesse, durante il quale si sono affrontati argomenti delicati come il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo: «La mafia, in questo momento, sta solo aspettando direttive. È potente ma in qualche modo è allo sbando perché chi può dare le direttive non può comunicare – ha detto –. Il 41 bis serve a questo, è lo strumento giusto. Così come è giusto che venga affrontato una volta per tutte il tema dell’ergastolo ostativo. Perché se quelle menti criminali che ora sono isolate riprendono a comunicare, la mafia riparte». Sul 41 bis e l’ergastolo ostativo (espressione che indicare quei casi in cui la perpetuità della pena detentiva è irriducibile, se non collaborando con la giustizia) ha poi voluto specificare che «deve essere attuato col massimo dell’umanità, però è la soluzione giusta. Anche se è un regime diverso, certamente non ci sono detenuti che dormono in dieci, o anche di più, dentro una cella. I materassi sono comodi, se uno ha il mal di schiena lo segnala e arriva chi gli fa il massaggio. Però quando una persona sta venti, venticinque anni senza pentirsi o collaborare, mantiene comunque una leadership. E se ritorna in libertà, quella leadership viene immediatamente riconosciuta ed esercitata».

In una mafia che, ha aggiunto, sta cooptando anche le donne: «Ho avuto diversi riscontri di donne che si stanno facendo spazio all’interno delle organizzazioni – ha aggiunto –, alle quali hanno accesso, mi è stato detto, perché il reclutamento sul territorio sta diventando sempre più difficile e se il personale scarseggia allora si ricorre anche alle donne. Non ho notizie di affiliazioni vere e proprie, ma sicuramente ci sono donne coinvolte in attività mafiose, capaci di ricoprire ruoli sempre più importanti». E in tutto questo «il giornalismo ha il compito di illuminare alcune delle storie che restano nell’ombra. Poi deve entrare in scena la magistratura, ricordandoci che esiste l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale».

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative