«Johnny? Non lo abbiamo visto»
di Luca Fiori
In aula la testimonianza dei vicini di casa di chi ospitò per dieci giorni l’ergastolano evaso da Bancali
21 marzo 2022
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SASSARI. «Non ci siamo accorti di niente, non abbiamo mai avuto neanche il minimo sospetto che a pochi metri da noi si nascondesse Johnny lo zingaro». In quei giorni di settembre del 2020, mentre tutta Italia si domandava dove fosse finito uno degli ergastolani più noti del panorama carcerario nazionale, nelle campagne tra Sassari e Sorso nessuno poteva immaginare che Giuseppe Mastini, evaso pochi giorni prima dal carcere di Bancali, avesse trovato rifugio proprio lì, in un casolare lungo la strada vicinale “Zinziodda-Li Buttangari”.
I giorni scorsi sono comparsi davanti al giudice Elena Meloni due testimoni del processo per la rocambolesca evasione conclusa il 15 settembre di due anni fa con l’arresto da parte della polizia.
A giudizio insieme alla compagna di Johnny lo zingaro Giovanna Truzzi, sono finiti tre sassaresi che avrebbero aiutato l’ergastolano a fuggire e nascondersi: a loro il pm contesta il reato di procurata evasione. Si tratta di Lorenzo Panei, difeso dagli avvocati Paolo Spano e Marco Piras, Gabriele Grabesu, difeso da Marco Palmieri e Cristian Loi, assistito da Stefano Porcu.
«Non ho notato niente di sospetto» ha detto al giudice un fabbro che ha l’officina a pochi metri dal casolare in cui venne trovato Giuseppe Mastini. «Johnny lo zingaro lo abbiamo visto in televisione quando lo hanno arrestato» ha aggiunto in aula un vicino di casa della persona che gli offrì ospitalità. «Non c’eravamo accorti di niente» ha aggiunto. Eppure per almeno una settimana dopo il mancato rientro nel carcere di Bancali Johnny lo zingaro era rimasto lì, ma forse nessuno aveva fatto caso a lui. Passare inosservati lungo la strada vicinale “Zinziodda-Li Buttangari”, un dedalo di viottoli e stradine di campagna, dove i cartelli stradali invitano a procedere a 10 chilometri orari e il segnale del telefonino è quasi a zero, è praticamente impossibile. Ma non per Giuseppe Mastini, esperto in fughe già da quando era giovanissimo.
Nel casolare di proprietà di Lorenzo Panei, Giuseppe Mastini dovrebbe essere arrivato la mattina di sabato 5 settembre, poco dopo aver firmato il registro in questura. Un viaggio di meno di quindici minuti in auto, nascosto molto probabilmente da chi poi gli ha offerto un rifugio apparentemente introvabile.
Johnny lo Zingaro era evaso il 5 settembre del 2020 dal carcere di Bancali, dove era detenuto nella sezione di massima sicurezza. Aveva beneficiato di alcuni giorni di permesso trascorsi nella casa famiglia diocesana “Don Giovanni Muntoni” dove era stato raggiunto anche dalla compagna. Alla scadenza del permesso premio, si era allontanato dalla struttura ma non era tornato in carcere. Da quel momento era cominciata l’attività investigativa e Mastini era stato catturato dieci giorni dopo. «Ho fatto na’ cazzata» avevo detto agli agenti della Mobile, poi li aveva seguiti in questura.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I giorni scorsi sono comparsi davanti al giudice Elena Meloni due testimoni del processo per la rocambolesca evasione conclusa il 15 settembre di due anni fa con l’arresto da parte della polizia.
A giudizio insieme alla compagna di Johnny lo zingaro Giovanna Truzzi, sono finiti tre sassaresi che avrebbero aiutato l’ergastolano a fuggire e nascondersi: a loro il pm contesta il reato di procurata evasione. Si tratta di Lorenzo Panei, difeso dagli avvocati Paolo Spano e Marco Piras, Gabriele Grabesu, difeso da Marco Palmieri e Cristian Loi, assistito da Stefano Porcu.
«Non ho notato niente di sospetto» ha detto al giudice un fabbro che ha l’officina a pochi metri dal casolare in cui venne trovato Giuseppe Mastini. «Johnny lo zingaro lo abbiamo visto in televisione quando lo hanno arrestato» ha aggiunto in aula un vicino di casa della persona che gli offrì ospitalità. «Non c’eravamo accorti di niente» ha aggiunto. Eppure per almeno una settimana dopo il mancato rientro nel carcere di Bancali Johnny lo zingaro era rimasto lì, ma forse nessuno aveva fatto caso a lui. Passare inosservati lungo la strada vicinale “Zinziodda-Li Buttangari”, un dedalo di viottoli e stradine di campagna, dove i cartelli stradali invitano a procedere a 10 chilometri orari e il segnale del telefonino è quasi a zero, è praticamente impossibile. Ma non per Giuseppe Mastini, esperto in fughe già da quando era giovanissimo.
Nel casolare di proprietà di Lorenzo Panei, Giuseppe Mastini dovrebbe essere arrivato la mattina di sabato 5 settembre, poco dopo aver firmato il registro in questura. Un viaggio di meno di quindici minuti in auto, nascosto molto probabilmente da chi poi gli ha offerto un rifugio apparentemente introvabile.
Johnny lo Zingaro era evaso il 5 settembre del 2020 dal carcere di Bancali, dove era detenuto nella sezione di massima sicurezza. Aveva beneficiato di alcuni giorni di permesso trascorsi nella casa famiglia diocesana “Don Giovanni Muntoni” dove era stato raggiunto anche dalla compagna. Alla scadenza del permesso premio, si era allontanato dalla struttura ma non era tornato in carcere. Da quel momento era cominciata l’attività investigativa e Mastini era stato catturato dieci giorni dopo. «Ho fatto na’ cazzata» avevo detto agli agenti della Mobile, poi li aveva seguiti in questura.
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