Il calvario in carcere a Bancali di Simone Niort finisce alla corte di Strasburgo
Il 27enne sassarese ha tentato venti volte il suicidio in carcere. I difensori si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Sassari In otto anni di carcere ha tentato una ventina di volte di togliersi la vita, si è inferto lesioni per almeno 300 volte e ha subito più di cento procedimenti disciplinari nei vari istituti penitenziari dell’isola in cui è stato rinchiuso per scontare un cumulo di dieci anni di condanne.
Quello di Simone Niort, sassarese di 27 anni, dietro le sbarre da quando ne aveva 19 e ritenuto - già dal 2019 - incompatibile con la condizione detentiva per via dei suoi problemi psichiatrici, è un calvario interminabile, che dopo tanti anni potrebbe concludersi a breve davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
«Simone Niort dovrebbe uscire dal carcere tra due anni, nel 2026 – spiega il suo difensore l’avvocato Marco Palmieri – ma già dal 2019, un consulente tecnico nominato d’ufficio, lo psichiatra Pasquale Tribisonna, aveva accertato - nell’istituto penitenziario di Nuoro - che la malattia di Simone si era aggravata ulteriormente in cella, dove il giovane aveva sviluppato una “sindrome reattiva al carcere”».
Dopo vari trasferimenti e di recente il rientro a Bancali (dopo sette mesi di detenzione nel carcere di Torino) il suo difensore, insieme agli avvocati Antonella Mascia, Antonella Calcaterra e al docente di diritto pubblico dell’Università Statale di Milano Davide Galliani, si sono rivolti ai giudici di Strasburgo.
«Entro il 15 marzo il Governo italiano – spiega l’avvocata Antonella Mascia – dovrà rispondere alle nostre osservazioni, dopo il ricorso, in seguito al rigetto della prima istanza alla Corte europea dei diritti dell’uomo che risale a un anno fa. Il Governo italiano – prosegue il legale – sembra però essere indifferente alla sorte di Simone».
Dopo innumerevoli tentativi di suicidio, automutilazioni e sanzioni disciplinari, nel 2020 l’Ufficio di Sorveglianza aveva ordinato un periodo di osservazione psichiatrica, come prevede l’ordinamento penitenziario per verificare se la condizione di Simone fosse compatibile con il carcere. I presupposti c’erano tutti, anche perché, nel 2019, in un procedimento penale, c’era già stata la consulenza fatta a Nuoro che sconsigliava la detenzione.
«Simone dovrebbe essere curato – aggiunge l’avvocato Palmieri – e affidato a una struttura sanitaria». Ma l’osservazione psichiatrica ultimata nel 2021 era rimasta riservata: né Simone né il suo difensore avevano avuto copia della documentazione.
L’Ufficio di Sorveglianza dell’epoca invece era riuscita a leggerla e nel novembre 2022 aveva indicato che Simone Niort aveva un disagio che lo rende incompatibile con lo stato detentivo. Ciò nonostante, non solo non aveva deciso di trovare una sistemazione al di fuori del carcere, ma aveva ordinato al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di individuare un istituto penitenziario idoneo a ospitare Simone e il suo bagaglio di sofferenza e disagio psichico.
La richiesta era stata reiterata nel 2023, ma la risposta non era mai arrivata. Il motivo è semplice, la richiesta era stata rivolta all’amministrazione non competente. La Sorveglianza avrebbe dovuto chiedere non al Dap, ma all’autorità amministrativa sanitaria competente di identificare un percorso di cura alternativo al carcere.
«Forse a causa della carenza strutturale di luoghi di cura in Sardegna per persone come Simone – spiega l’avvocata Antonella Mascia – forse per paura, la scelta è stata una non scelta o una scelta obbligata. Nel mentre il calvario era proseguito con tentativi di suicidio, ferite, i tagli, ingestioni di oggetti. Simone – prosegue l’avvocata Mascia – per anniè finito regolarmente in una cella “liscia” o di “transito” perché non fare del male a sé e agli altri. È rimasto isolato, non ha svolto attività educativa.
Ma ai giudici di Strasburgo – si rammarica il legale – il Governo non ha trasmesso l’osservazione psichiatrica del 2021 da cui dovrebbe risultare che Simone è incompatibile con il carcere. E non è stata neppure presentata una relazione attestante la reale condizione di Simone, come hanno richiesto i giudici di Strasburgo».
Entro un mese il Governo dovrà però rispondere alle osservazioni dei legali del 27enne, poi i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo decideranno se Simone deve restare ancora in cella o finalmente potrà essere curato.