Siccità, ormai è una scelta drammatica: servire le case o irrigare i campi
I lavori sul Coghinas 1 e 2 si sono sommati alla siccità
Sassari Se a un certo punto ci si trova a dover scegliere tra l’acqua che scende dai rubinetti delle abitazioni e quella che serve per irrigare, significa che il problema non è di adesso ma che, anni fa, bisognava fare qualcosa per evitare di arrivare fino a questo punto. Perché la congiuntura attuale è la peggiore che potesse capitare: da una parte una serie di lavori importanti su condotte parecchio malmesse, se non compromesse, dall’altra la siccità. Il risultato è che la poca acqua che c’è segue una priorità ben definita: prima l’idropotabile, poi l’irrigazione nei campi, quindi l’industria. E quando il principale acquedotto del nord ovest entra in crisi ogni settimana, l’emergenzadiventa una mesta quotidianità.
Il Coghinas La diga compirà un secolo l’anno prossimo. Proprio quando dovranno concludersi obbligatoriamente, nel mese di marzo, i lavori sul Coghinas 1 e 2, avviati ufficialmente nel marzo 2024. L’obbligo deriva dal fatto che si tratta di fondi del Pnrr che dovranno essere rendicontati entro quella data, e da quel punto di vista l’Europa non scherza: o è tutto a posto, o i soldi dovranno essere restituiti. Un lavoro imponente, non risolutivo e soprattutto tardivo visto il caos che si sta scatenando. Certo, meglio tardi che mai ma è chiaro a tutti che bisognava pensarci prima e intervenire un po’ alla volta magari alternando gli interventi sulle due condotte. Perché lavorando a gran ritmo su tubi già ridotti male, quella che si possa verificare una rottura è un’ipotesi plausibile.
Lavori e tempi Già nel marzo 2024 l’Enas dichiarò che l’intervento non sarebbe stato risolutivo. Migliorerà molte cose, e questo non si discute, ma per la manutenzione completa delle opere, realizzate a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, il costo stimato è di almeno 150 milioni. In pratica se si vuole mettere in sicurezza tutto il Nord ovest dell’isola, è il caso di cominciare ad attivarsi per trovare gli altri 90. Il Pnrr di sicuro non verrà ripetuto, quindi bisognerà spostarsi su altre direzioni: si tratta comunque di opere di primaria importanza, da qualche parte ci dovranno pur essere fondi dedicati. Così come stiamo parlando del bacino forse più ricco della Sardegna come portata. Non il più grande, ma capace, grazie a una posizione geografica molto favorevole, di immagazzinare fino a 225 milioni di metri cubi d’acqua che, storicamente, sono stati utilizzati (salvo qualche rara eccezione) per uso idropotabile.
L’altro versante La stagione dei rubinetti chiusi era cominciata con quelli delle condotte per l’irrigazione nella Nurra. Dove il problema non è stato tecnico ma climatico e dove, anche in questo caso, ci si trova di fronte a scelte e interventi che avrebbero dovuto essere fatti ben prima dell’emergenza. Il Cuga, in questo momento, è il bacino chiave e nessuno, nel comparto agricolo, ha mai provato a mettere in dubbio la priorità dell’idropotabile. Qualcosa, negli ultimi giorni piovosi, è comunque entrata: «Siamo attorno ai tre milioni – conferma Gavino Zirattu, presidente del Consorzio di bonifica della Nurra – e gli agricoltori sperano che questo possa consentire almeno un prolungamento fino a ottobre, o magari anche novembre, della stagione. Ma le scelte dolorose che abbiamo dovuto fare qualche giorno fa restano blindate, non ci saranno aperture». Mais, meloni e angurie restano così nella tagliola e se ne parlerà l’anno prossimo, sperando che per l’ennesima volta non si arrivi ad aprile sperando solo nelle piogge.