Attentati incendiari ad Alghero, le parole di una vittima: «Così bruciamo fiducia e speranze»
Il furgone di Nicolò Silanos fu distrutto lo scorso anno
Alghero «A me è successo un anno fa. Mi bruciarono il furgone, quello che usavo per i traslochi. E chi fa questo mestiere sa che un furgone non è solo un mezzo, ma una parte della tua vita, la tua libertà, il tuo pane quotidiano, la tua dignità».
Così Nicolò Silanos, giovane autotrasportatore algherese, racconta l'incubo vissuto dodici mesi fa, quando ignoti incendiarono il suo furgone, distruggendolo completamente. Un gesto che avrebbe potuto piegare chiunque, ma non lui: con determinazione e fatica, Nicolò ha scelto di ripartire, continuando a lavorare con lo stesso spirito di sempre. Oggi, di fronte ai recenti incendi dolosi che hanno colpito altri mezzi da lavoro e automobili in città, ha deciso di condividere la sua esperienza con una lettera aperta alla comunità algherese, un appello alla coscienza civile e alla solidarietà.
«Negli ultimi giorni, ad Alghero, stanno bruciando auto e furgoni. Non macchine di lusso, non moto parcheggiate male: mezzi da lavoro. Quelli di chi ogni mattina si alza presto, carica il mezzo e prova a portare il pane a casa con le proprie mani». Parole semplici, ma cariche di significato, che raccontano la vita quotidiana di chi lavora con onestà, spesso tra mille difficoltà. «Molti mi dissero di aprire una raccolta fondi – scrive Nicolò – ma non ci sono riuscito. Non è nella mia natura chiedere pietà o compassione. Io non voglio fare pena a nessuno».
Il suo non è un atto di accusa, ma una richiesta di attenzione e tutela per un settore, quello dell'autotrasporto, che vive un momento difficile: «Chi lavora in regola – sottolinea – spesso si trova schiacciato da costi, burocrazia e concorrenza sleale. Eppure, nonostante tutto, ogni giorno cerchiamo di andare avanti, con dignità e rispetto». Silanos ricorda come il suo lavoro sia fatto di sacrificio e impegno, ma anche di fiducia. «Quando le istituzioni e la comunità si stringono attorno a chi lavora – spiega – si ricrea quel legame di fiducia che serve a far crescere una città. Perché a bruciare non devono essere la speranza e il rispetto di chi crede ancora nel proprio mestiere». Nel suo scritto Nicolò invita a maggiore attenzione e controlli, non per puntare il dito, ma per contribuire a una città più sicura. «Servono regole chiare e una presenza costante sul territorio – dice – perché la prevenzione è l'unico modo per evitare che si ripetano episodi simili. Noi cittadini possiamo fare la nostra parte, ma serve anche un impegno condiviso».
Il giovane autotrasportatore guarda avanti con coraggio, sostenuto da chi in questi mesi gli è stato vicino. «Da parte mia – conclude – la massima solidarietà a tutti gli imprenditori e lavoratori vittime di questi atti. So cosa significa, e non è facile riprendersi. Ma credo ancora nella giustizia, nel rispetto e nel valore del lavoro onesto. La dignità di chi lavora non si compra e non si brucia».
Un messaggio che arriva dritto al cuore di una comunità che ha bisogno di sentirsi unita. Perché, come scrive Nicolò, «quando a bruciare è la fiducia, a spegnersi è la speranza. E quella non possiamo permetterci di perderla».
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