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La grinta di Vanuzzo: «Milano o Pistoia non fa differenza»

di Roberto Sanna
La grinta di Vanuzzo: «Milano o Pistoia non fa differenza»

Il capitano del Banco di Sardegna non teme nessuno: «Sarà una semifinale dura e abbiamo le nostre chance»

27 maggio 2014
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SASSARI. La prima volta che la Dinamo ha messo il piede nella semifinale dei playoff scudetto è stato due anni fa grazie alla famosa tripla di Vanuzzo a Bologna. Rimessa di Hosley a mezzo secondo dalla fine, Gigli che resta a metà strada e il capitano che punisce dalla sua mattonella: tre a zero anche allora e, altra coincidenza, era una sfida tra la quarta e la quinta in classifica. I paragoni continuano con l’avversaria: nel 2012 l’imbattibile Montepaschi nell’ultimo anno versione corazzata, adesso potrebbe esserci una Milano che sogna di emulare quella Siena. Pistoia permettendo, naturalmente, e Manuel Vanuzzo non ne fa una questione vitale: «Chiunque vinca gara5 sarà un’avversaria tostissima, una squadra di livello alto. Con Pistoia avremmo il vantaggio del fattore campo, con Milano non ci sentiamo battuti perché sappiamo che in casa loro possiamo batterli».

Si può fare un paragone con la semifinale di due anni fa?

«Onestamente quella Montepaschi per noi era irraggiungibile. All’epoca ci dissero che eravamo già appagati dalla vittoria contro Bologna, a posteriori possiamo dire che quel tre a zero a suon di ventelli era la reale differenza sul campo tra le due squadre. Non avevamo speranze già in partenza, contro l’Armani mi sembra che abbiamo dimostrato di potercela giocare. Tra l’altro mi sembra che Milano, dopo aver fatto scintille in regular season, adesso stia un po’ patendo la pressione di essere la grande favorita, come in Coppa Italia».

Da vecchio “sindaco” di Montecatini, l’idea di una bella sfida contro Pistoia con tanto di “aeroplano” ai tifosi toscani non la stuzzica?

«Adesso non esageriamo... Badate che Pistoia è una bella squadra, ha americani giovani che corrono e saltano, sembrano inesauribili. E al PalaCarrara è difficilissimo vincere. Certo, se poi dovessimo scegliere meglio Pistoia perché in una serie di sette partite la profondità dell’Armani Milano può fare veramente la differenza».

Torniamo alla serie con Brindisi: gara1 è stata quella che ha fatto girare tutto a vostro favore?

«Sicuramente ha deciso molto, perché i nostri avversari si sono demoralizzati. Vincere gara1 per Brindisi sarebbe stato un vantaggio incredibile, noi avremmo avuto subito la pressione di vincere a tutti i costi gara2 e poi almeno una partita da loro. Abbiamo avuto grande carattere in gara1, reagendo nell’ultimo quarto dopo aver giocato malissimo i primi tre. E anche in gara3, rientrare dal -13 è stata una bella impresa. Chiudere tre a zero non era scontato, guardate proprio cosa è successo a Milano che è andata a Pistoia sul due a zero, come noi, e adesso deve giocarsi tutto in gara5».

Ci racconta come avete vissuto dalla panchina l’ultima azione di gara1?

«Quando abbiamo visto che avevano fischiato fallo a Caleb, noi veterani e lo staff tecnico ci siamo girati per chiedere un time-out e far innervosire James. Sembra così, ma è molto meglio andare in lunetta subito dopo il fallo, senza pensarci, ancora con l’adrenalina. Nel time-out invece succede sempre che cerchi di tranquillizzarti e intanto tutti ti dicono che devi stare calmo, col risultato che ti innervosiscono sul serio. Quando il primo libero è uscito ho pensato che saremmo andati ai supplementari ed ero sicuro che avremmo vinto, perché eravamo in piena rimonta e Brindisi stava accusando il colpo. Poi è uscito anche il secondo e ho pensato che era fatta a meno di grandi sorprese, sapevo che James avrebbe sbagliato anche il terzo ma mancava troppo poco alla fine della partita».

Parliamo anche del capitano e sempre pronto e, come successo in gara1, se può mette la tripla.

«Quest’anno non è come l’anno scorso, quando nel ruolo di 4 avevamo qualche problemi, Caleb che non sbaglia una partita e Brian sta andando alla grande. Siamo tanti e tutti, anche io, i minuti dobbiamo conquistarceli sul campo e se quando entro non gioco bene è giusto che tocchi a un altro. Per di più spesso Meo gioca con un quintetto piccolo con Omar numero 4 e i fatti gli stanno dando ragione, per cui dobbiamo essere sempre tutti pronti a lottare per conquistarci spazio. Ed è giusto così».

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