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Italia a un passo dal baratro, ora speriamo in San Siro

La rabbia di Ventura per una decisione arbitrale
La rabbia di Ventura per una decisione arbitrale

Il disastro in casa della Svezia ci allontana dal mondiale: tutto in gioco nei 90' di lunedì a Milano

11 novembre 2017
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MILANO. A un passo dal baratro calcistico (oltre al danno di immagine e passione, su una partecipazione o meno degli azzurri al mondiale di Russia, il più ricco di sempre, ballano 100 milioni di euro) l' Italia riscopre l'antica abitudine della ricerca di un colpevole. Che poi, nel caso le cose precipitino definitivamente, diventi capro espiatorio. Fermo restando che con un commissario tecnico della nazionale vicina all'eliminazione dal mondiale il meccanismo è automatico, la considerazione più onesta è che a essere in crisi d'identità è un movimento intero e non solo un uomo di professione ct. Il quale però in questi mesi ha sbagliato molto, aiutato a prendere la china sbagliata dai suoi giocatori. Ecco un breviario dei principali errori dell'uno e degli altri: con l'auspicio dei tifosi azzurri che 48 ore bastino a correggerli.

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Gli errori di Ventura. Partito col 3-5-2, eredità azzurra di Conte ma anche modulo di elezione dell'attuale ct ai tempi del Torino, ha poi virato su uno spregiudicato 4-2-4 che ha tolto certezze a diversi azzurri: probabile non ci fosse il tempo per trovarle, ma allora risulta ancora più paradossale vedere Insigne giocare da esterno per poi ritrovarlo a fare il terzino, come accaduto a Madrid. Dopo il pari con la Macedonia è stata la squadra a chiedere un ritorno all'antico: segnale di un'identità smarrita, un brancolare nel buio che ricorda in qualche modo il secondo biennio dell'era Prandelli, quello che portò l' Italia al nefasto epilogo del Mondiale brasiliano.

La capacità di scelta dei singoli. Insigne è l'emblema, così diverso il rendimento tra Napoli e Italia da indurre al sorriso anche lui («in azzurro viene mio fratello, è vero…») . E c'è altro: contro la Spagna lui sembra mandato allo sbaraglio, ma in campo va anche Spinazzola fermo da un mese per la lite con l'Atalanta. Nelle ultime due partite del girone, fermi De Rossi e Verratti, la rinuncia a Jorginho lascia l' Italia con i soli Gagliardini e Parolo in mezzo al campo; tranne poi richiamare l'italo-brasiliano per la doppia sfida alla Svezia. Nella prima, la scelta più contestata è quella di Belotti: per sostituire il riscoperto Zaza, Ventura impiega il centravanti appesantito dai postumi dell'infortunio al ginocchio, che così corre e sbuffa contro gli svedesi senza costrutto, dilapidando energie per il ritorno. E quando entra Eder, è già tardi.

Il tecnico, il gioco e le idee. Gian Piero Ventura da tecnico ha detto spesso come per lui allenare sia una 'godurià, l'ambiente azzurro ha riconosciuto all'inizio del rapporto nel nuovo ct «un maestro di calcio». Eppure il calcio frizzante si è visto solo come frutto dell'entusiasmo iniziale, sull'onda dei giovani. Poi la nazionale ha dato l'impressione di faticare ad apprendere e mettere in pratica i suoi concetti, 4-2-4 in testa. Non si vede una sovrapposizione, né uno schema particolare. E le idee sono rimaste una linea di frattura tra il ct che smania in panchina e i giocatori sperduti in campo.

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Il linguaggio del corpo. Il Ventura insofferente di Stoccolma, colto a lamentarsi con i suoi collaboratori in panchina più che ad urlare indicazioni in campo, ricorda Trapattoni nella sua parabola discendente, quando scalciava bottigliette in Giappone, altro Mondiale negativo. Quelle scenate sono inammissibili a certi livelli, e trasmettono sfiducia.

Gli errori dei giocatori. Quello di Stoccolma era il modulo preferito, perfezionato nei meccanismi contiani, e allora perché tanta fatica ad interpretarlo? Palla lenta nella circolazione e giocatori non a loro agio indicano mancanze individuali. Che crescono se si considera l'approccio alla partita. «Mi è sembrato che si andasse giù al primo contatto», la dura considerazione di Andrea Pirlo

I singoli. Verratti dice tutto. Celebrato come il miglior talento di prospettiva del calcio italiano, non arriva mai al suo punto focale. In azzurro non mostra personalità, impossibile giustificarlo solo col fatto che non gioca centrale come con Zeman o col Psg. Ieri si è fatto ammonire dopo aver perso una palla innocua in attacco, condizionando la sua presenza in campo per l'ora che restava. Mancanza di personalità si può imputare anche a Insigne, ma nella serata di ieri è mancato perfino De Rossi, uno di solito più elogiato in nazionale che con la sua squadra. La nazionale 'affamatà di Conte è lontana.

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Lo sviluppo del gioco. se Candreva non affonda mai, tranne nei primi 10' del secondo tempo; se Insigne entra e tira a 30 metri dalla porta e si rivela a distanza infinita dai suoi colpi a giro in campionato; se in troppi stanno fermi e lontani dal compagno, da dove nasce il gioco? A cosa si appendono le idee?

L'atteggiamento. Contro la Svezia, Insigne entra e al compagno che gli chiede se gioca al centro, risponde - 'pizzicatò dalle telecamere - «sì, al centro...» scuotendo la testa e allargando le braccia in segno di rassegnazione. Un gesto che dice tanto.

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