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L'INTERVISTA

Barazzutti: «Tennis, mare e casu marzu: questa è la mia Sardegna»

di Roberto Muretto
Barazzutti: «Tennis, mare e casu marzu: questa è la mia Sardegna»

Il ct azzurro racconta la sfida del 6 e 7 marzo a Cagliari con la Corea del Sud: «Col presidente siamo amici, Binaghi ha sempre avuto il piglio del comando»

19 febbraio 2020
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CAGLIARI. Da giocatore aveva il diavolo in corpo. Da capitano non giocatore della nazionale di tennis (dal 2001) è diventato una persona quasi flemmatica. Corrado Barazzutti, nato a Udine 66 anni fa, è stato anche n. 7 al mondo, seconda migliore classifica Atp di un tennista italiano dall'introduzione del sistema di calcolo computerizzato, dopo Adriano Panatta, 4 nel 76. Il ct azzurro ha un legame speciale con l’isola, e in questa intervista svela particolari inediti.

Bentornato in Sardegna.

«L'ultima volta che sono venuto è stato per la finale di Fed Cup. Purtroppo da un po’ di tempo torno nell’isola solo in queste occasioni. Anni fa ci passavo le vacanze estive. È sempre un piacere venire in posti nei quali ho lasciato un pezzo di cuore».

Qui lei aveva comprato casa, ce l’ha ancora?

«Mia moglie è di origine sarda, suo nonno era di Barumini. Ha parenti in questo paese e anche Cagliari. Per 25 anni abbiamo avuto un appartamento a Cala Verde, vicino a Santa Margherita di Pula, lo abbiamo venduto. Le mie figlie erano dispiaciute».

I ricordi più belli delle vacanze sarde?

«Le pescate con gli amici, le notti passate in mare, le gite in barca. Quando giocavo, mi allenavo con Angelo Binaghi in un campo da tennis a due passi da Cala Verde».

Un piatto tradizionale che apprezza in particolare?

«Il formaggio con i vermi (“casu marzu” ndr), il porcetto, pietanze che mangiavo con gusto. Quello è stato un periodo felice della mia vita».

Ha ricordi legati all'isola come giocatore?

«Forse ho partecipato a qualche torneo over 35. Non mi viene in mente altro».

E come ct in Coppa Davis?

«Per fortuna tutti belli. Tante volte abbiamo giocato qui e abbiamo sempre vinto».

Ci racconta di lei e il presidente Binaghi, cagliaritano?

«Una collaborazione iniziata tanto tempo fa. Con Angelo quando presidente federale era Galgani ci incontravamo al mare, parlavamo di fare qualcosa per cambiare federazione. Lui è stato prima consigliere, io sono arrivato come tecnico, poi promosso capitano non giocatore. Tra di noi c’è stima reciproca e amicizia. Abbiamo fatto tutti insieme un gran lavoro e cambiato il volto della Fit, ottenendo risultati che forse sono andati oltre le aspettative. Se dopo 20 anni sono ancora qui vuol dire che il lavoro è stato apprezzato».

C’è un episodio che ha per protagonista Binaghi che ricorda?

«D’estate organizzavamo delle partite di calcio. Lui era attaccante, chiedeva sempre di passargli la palla e bisognava dargliela. Già allora era autoritario. Noi dietro a remare, lui voleva fare gol. Insomma aveva il piglio del comando».

Binaghi recentemente ha detto che da anni la Sardegna non ha un giocatore di livello, perché secondo lei?

«Senza conoscere bene la situazione è difficile dare delle risposte. Bisogna capire che lavoro si fa. Certe volte si fanno ottime cose e non si ottengono grandi risultati. Non dipende solo dalla capacità dei maestri ma anche dal materiale che hai a disposizione».

Fognini andrà a vedere Cagliari-Roma, allo stadio ci sarà anche lei?

«Non lo so. A me il calcio interessa relativamente. Mi piace giocare, mi diverto. Sono tifoso della Lazio ma di quelli molto discreti».

Ecco perchè non andrà alla Sardegna Arena.

«Ma no, la Roma sono andato a vederla giocare diverse volte. Da un po' di tempo sono meno appassionato. In tv le belle partite me le vedo con piacere, allo stadio non vado da diverso tempo».

Lo sa che a Sassari c’è una squadra di basket, la Dinamo, che qualche anno fa ha vinto lo scudetto?

«Certo. Non sono un appassionato di pallacanestro però so che è una società organizzata, tra le migliori in Italia».

Che ricordi ha della Davis a Sassari?

«Non ero io il capitano in quel match con la Finlandia ma abbiamo vinto anche in quella occasione».

Oltre a Binaghi, c’è una persona dell'ambiente del tennis sardo con la quale ha legato?

«Quando venivo ad allenarmi, sono sempre stato trattato con i fiocchi. Ho tanti amici in Sardegna. Voglio citare per tutti il maestro Lillo Palmieri, un uomo che al tennis ha dato e sta dando moltissimo».

Le piace la nuova formula della Coppa Davis?

«Secondo me andrebbe rivista. Troppe squadre in un’unica sede... rischi che gli incontri vengano giocati a notte fonda. Io sono della vecchia scuola ma questo non vuol dire che non sia per i cambiamenti».

Ai suoi tempi si giocava al meglio dei cinque set.

«Portarla al meglio dei tre set ha per certi versi sminuito la manifestazione. Capisco che i tempi sono cambiati, le necessità sono diverse, la televisione vuole la sua parte. Però il fascino della Davis era quello che i pronostici contavano poco e spesso venivano sovvertiti. Se potessi decidere io tornerei alla vecchia formula».

Tutti dicono che con la Corea del Sud sarà facile. Ma...

«Non è vero. Se uno va a vedere i giocatori coreani e i risultati che hanno ottenuto ultimamente non mi pare si possa dire così. Nello sport nulla è semplice. Sarà un match da affrontare con determinazione. Noi non sottovalutiamo nessuno e sappiamo che anche in questa occasione bisognerà dare il massimo».

Sinner lo convoca?

«Lo saprete il giorno che darò l’elenco dei convocati. Stiamo parlando di un ragazzo interessante, dalle enormi potenzialità. Insieme a Berrettini e Sonego rappresenta il futuro del nostro tennis. Per Sinner prevedo un futuro grandioso, è un predestinato. Ha la testa giusta per giocare ad alti livelli e lo sta dimostrando».

Ma forse non lo convoca.

«Vedremo. Non è corretto anticipare i nomi dei giocatori. Prima di dirlo ai giornalisti devo informare loro».

Sarà la volta buona per tornare ad alzare una Coppa che l’Italia ha vinto 44 anni fa, con lei in campo?

«Speriamo, posso augurarmelo. Io ho avuto la soddisfazione di vincerla ed è stata una emozione fortissima. Sarebbe bello riuscirci anche da capitano. Ma sappiamo che la strada è lunga e anche molto molto complicata. Di sicuro siamo consapevoli delle nostre potenzialità e vogliamo esprimerlo al top».

In questo vi aiuterà il pubblico di Cagliari?

«Non ho dubbi. Da sempre gli appassionati di tennis sardi sono molto vicini alla squadra. A Cagliari la manifestazione è sentita, so che ci sarà tanta gente sulle tribune a darci la carica. Nel tennis, con il pubblico a pochi passi da te, sentire il calore e l’incitamento spesso diventa un’arma in più. Noi vogliamo regalare una grande vittoria».

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