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«Pensando positivo arriveremo in vetta»

di Manolo Cattari
«Pensando positivo arriveremo in vetta»

L’alpinista nuorese Angelo Lobina e i parallelismi fra il suo sport e l’isolamento dovuto alla crisi per il coronavirus

06 aprile 2020
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SASSARI. Fermi, bloccati. Chiusi in tenda a migliaia di metri di quota, non si sa per quanto. Ore che sembrano giorni, giorni che sembrano settimane, settimane che sembrano mesi. Angelo Lobina sa cosa si prova e sa come se ne esce.

Alpinista nuorese di 57 anni, alle spalle la conquista delle sette cime più alte dei sette continenti con la sua Sardegna 7 Summit. Nessun sardo prima lui si era mai avvicinato così tanto alla luna sulle proprie gambe nel 2017, quando con occhi orgogliosi e semi chiusi, sferzati da un vento a -48 gradi sotto zero, sventolava i Quattro mori sulla cima dell’Everest.

Da lui qualche idea su come si può sopravvivere alla quarantena senza rinunciare a essere se stessi. Anzi magari scoprendo modi nuovi e autentici per esserlo… se stessi.

«Le esperienze che ho vissuto in montagna hanno molti elementi che si possono ritrovare in questa situazione di emergenza sanitaria. Limitazione di movimento, paura, clima di incertezza generale, un certo grado di isolamento, con le dovute proporzioni e le dovute differenze sono stati d'animo presenti nell'attività alpinistica».

Le differenze sono ovviamente legate al grado di sicurezza e all’oggettività di pericolo che l’alpinismo presenta. Situazioni di fatto ingovernabili, che si possono solo cercare di evitare senza avere la certezza, che quello si fa per contrastarli sia abbastanza.

Ma l’”immobilità” che accomuna entrambe le situazioni, costringe a rivolgere lo sguardo dentro e a cercare in questo spazio, trascurato nella frenesia del quotidiano, le risorse per andare avanti: «Il segreto per resistere all’immobilità è non farsi prendere dallo sconforto. Il problema in questi casi è che i pensieri negativi generati dall'inevitabile paura vengono prodotti quasi in automatico dal nostro cervello. La strategia è mantenere sempre la positività cercando di sviare l'attenzione dai messaggi negativi e ripeterne di positivi quasi come fosse un mantra».

Lo psicoanalista Hillman diceva che le malattie sono i nostri insegnanti, perché è nelle situazioni di limite che abbiamo l’occasione di capire chi siamo: «Nelle mie spedizioni ho capito fino a che punto posso essere determinato ad inseguire un sogno che in fondo è inutile. Nel senso che il mio sogno non ha utilità secondo i canoni del pensiero comune».

In quello che l’alpinista francese Lionell Terray chiamava appunto la conquista dell'inutile è nascosto il segreto per affrontare questo periodo ognuno a suo modo. Ridefinendo le priorità e ponendo attenzione a cosa sia realmente importante. Per dirlo con le parole di Lobina: «è proprio quell'inutile ad ammantare di valore l'azione. Essere capaci di impegnarsi tanto, compiere enormi sacrifici e rinunce, faticare per un'azione ‘inutile’ richiede grande disciplina ed un sistema valoriale solido».

Perciò ciò che ieri definivamo “superfluo” si presenta oggi a tutti nel suo immenso valore: la cura del proprio corpo, il libro da colorare, il progetto nel cassetto, ordinare il garage o fare la pasta in casa. Azioni che assumono significato contemplativo in uno stato di attesa forzata, che come una spedizione alpina, ci obbliga a considerare la nostra vulnerabilità: «Prima di partire – conclude Angelo Lobina –, ci si sente dei leoni. Forti, allenati, quasi invincibili, ma di fronte alla durezza degli elementi ci si rende conto di quanto si è piccoli e in balia di forze molto più grandi di noi». A volte molto più grandi, come una montagna, altre volte talmente più piccole di noi che neanche si vedono e passano attraverso una mascherina.



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