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Il cammino: trenta partite con lode per la laurea del tricolore

Enrico Gaviano
Il cammino: trenta partite con lode per la laurea del tricolore

Già nella stagione precedente i rossoblù andarono vicini a un trionfo che fu però solo rimandato

15 aprile 2020
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Quando il Cagliari conquistò lo scudetto il 12 aprile 1970, con due giornate d’anticipo sulla fine del campionato, i giocatori rossoblù festeggiarono negli spogliatoi cantando, bevendo spumante e fumando. Quasi tutti fumavano in quella squadra, a cominciare da Manlio Scopigno, il guru di quel gruppo scapigliato che portò nel calcio italiano la rivoluzione del ’68 con due anni di ritardo. Lo chiamavano il “Filosofo” e fu il primo a credere nella possibilità che il suo Cagliari potesse vincere il campionato, facendosi beffe degli squadroni del nord, del Milan, dell’Inter, della Juve, e di Rivera, Mazzola e Anastasi. «Teniamo Riva e ce la faremo» amava ripetere ai dirigenti della società l’allenatore del Cagliari mentre le big del nostro calcio facevano a gara per portare in Continente il numero 11 rossoblù. La società resistette, probabilmente anche grazie ai primi “no” al trasferimento del diretto interessato e così l’armata sarda diede l’assalto al triangolino bianco, rosso e verde, cercando di spezzare una tradizione rotta nel Dopoguerra solo da Torino, Bologna e Fiorentina.

Nel 1968-69 l’attacco condotto dal duo delle meraviglie Riva-Boninsegna fece sfracelli: 3-0 al via al Palermo, 6-1 in casa del Varese, 4-1 all’Olimpico contro la Roma e ancora 2-1 sul terreno della Juventus. Al giro di boa, il Cagliari si prese il platonico titolo di campione d’inverno. Poi nella fase discendente della serie A si inceppò qualcosa e, dicono diversi protagonisti rossoblù, anche qualche arbitraggio non proprio limpido mise il bastone fra le ruote alla squadra che finì al secondo posto dietro alla Fiorentina.

Ma il discorso fu solo rimandato di un anno. Nell’estate della conquista della Luna, il diabolico Andrea Arrica completò l’organico: sacrificò Roberto Boninsegna per portare a Cagliari il trio Angelo Domenghini, Bobo Gori e Cesare Poli, che si aggiunsero al duo Albertosi-Brugnera, arrivati nella stagione precedente in cambio di Francesco Rizzo. Scopigno si trovò così un organico ancora più equilibrato: Gori fece la spalla di Riva, più che il concorrente del bomber, aprendo spazi invitanti per il cannoniere rossoblù.

Domenghini all’ala destra era titolare in nazionale e dunque una sicurezza e consentì al tecnico di liberare a centrocampo la verve di Claudio Nenè, una specie di Tardelli ante litteram con in più la classe innata di un brasiliano. Infine Poli, utilizzato da jolly giocando da libero, terzino, stopper e mediano a seconda della bisogna. Albertosi a sua volta subì appena 11 reti, un record che è restato imbattuto nei tornei a 16 squadre.

Con una rosa ristretta (alla fine saranno appena 16 i giocatori utilizzati) ma fortissima, il Cagliari partì in campionato a spron battuto. Dopo un pari in apertura in casa della Samp, iniziarono a fioccare le vittorie: 4 di fila, che portarono l’undici sardo in vetta alla classifica. Prima un secco 2-1 al Vicenza all’Amsicora, quindi secco 2-0 a Brescia e ancora un 1-0 in casa contro la Lazio con Brugnera, assente Riva, che vestì i panni del match winner. Il poker fu servito la settimana successiva a Firenze. C’era Lo Bello a dirigere la gara e lì, come del resto qualche mese dopo nella sfida Juventus-Cagliari, il fischietto siracusano vestì i panni del protagonista. In quel momento non lo si poteva neanche immaginare, ma quello fu il primo snodo cruciale del torneo: il Cagliari vinse per 1-0 grazie a un rigore concesso nel primo tempo per fallo su Zignoli e trasformato da Riva , togliendo ai gigliati un’imbattibilità che durava dalla 5ª giornata del campionato precedente, e balzando al comando solitario della classifica. Un primo posto che la banda rossoblù non avrebbe più mollato .

Seguirono un pari casalingo con l’Inter, due vittorie di fila su Napoli e Roma, quindi la sfida dell’Amsicora con la Juventus. La Vecchia Signora in 8 giornate, aveva messo insieme appena 6 punti mentre il Cagliari veleggiava in testa a quota 14. Ma la partita finì 1-1: nella ripresa alla rete iniziale di Domenghini, replicò quasi allo scadere l’algherese Antonello Cuccureddu, che quel giorno esordiva in A. Paradossalmente quel risultato risvegliò la squadra bianconera dal torpore fino a farla diventare la più seria rivale dei rossoblù nella corsa allo scudetto.
Il Cagliari subì invece una involuzione: pareggiò a fatica a Verona e superò il Bologna con uno striminzito 1-0, prima di subìre la prima sconfitta della stagione sul campo del Palermo.

Momento importante della stagione, intanto perché lo scivolone arrivò inaspettato. Uno spettacolare gol di Troja alla fine del primo tempo portò avanti i siciliani, ma il solito Gigi Riva, prima dello scadere, riuscì a pareggiare. L’arbitro però annullò per un fuorigioco di posizione di Martiradonna, finito a terra per infortunio vicino al corner. Scopigno, svestendo improvvisamente i panni serafici del filosofo urlò contro il guardalinee in che posto alternativo avrebbe potuto mettere l’asta della bandierina che aveva sventolato. Finì che al tecnico furono affibbiate 15 giornate di squalifica. Sarebbe tornato in panchina solo dopo la festa scudetto del 12 aprile.

Scopigno si consolò confidando ai giornalisti che tutto sommato la partita si vedeva meglio dalla tribuna, ma intanto il Cagliari proseguì il mini ciclo negativo strappando due pareggi nel confronto esterno con il Bari e poi in quello casalingo con il Milan che chiuse il 1969.

Ma con l’inizio dell’anno nuovo, la capolista riprese a marciare fortissimo infilando 5 successi consecutivi rispettivamente contro Torino, Samp, L. Vicenza (in cui Riva fece il super gol in rovesciata), Brescia e Lazio. Nel frattempo l’allenatore, a causa dell’infortunio di Tomasini, si era inventato Pierluigi Cera, capitano e fulcro del gioco, libero, Mossa efficace, tanto che poi sarebbe stata copiata da Valcareggi a Mexico ’70. A centrocampo, invece, subentrò Brugnera, lasciando altissimo il livello tecnico di un reparto in cui già brillava Ricciotti Greatti.
Comunque alla 19ª giornata, con i 10 punti conquistati, il Cagliari era tranquillo al comando con 4 punti di margine sulla Juve. Vantaggio che si ridusse a due punti nelle successiva quattro giornate dopo il pari casalingo con la Fiorentina, la seconda sconfitta stagionale a San Siro per mano dell’ex Boninsegna, il successo sul Napoli e il pari in casa della Roma.

Si arrivò così al 15 marzo, giorno dello scontro diretto con la Juve. Il Cagliari voleva almeno il pari, i bianconeri la vittoria per agganciare i rivali in vetta. Finì 2-2 ma in una sfida già saporita il pepe ce lo mise Lo Bello. Nel primo tempo tutto filò liscio: autogol di Niccolai e pari di Riva nel finale con un gioco di prestigio: palla sul ginocchio e sulla testa e pallonetto ad Anzolin. Nella ripresa l’arbitro prima inventò un rigore a favore della Juve: tira Haller e Albertosi para, ma Lo Bello fa ripetere. A quel punto i giocatori del Cagliari quasi mettono le mani addosso alla giacchetta nera, prima che Anastasi si incarichi della ripetizione e insacchi. Ma a 8’ dalla fine ecco un altro rigore, anche quello inventato, per fallo su Riva. Il bomber cagliaritano trasforma con un tiro di precisione e la contesa finisce così.

Nelle successive tre giornate i rossoblù guadagnarono un altro punto sulla immediata inseguitrice e contro il Bari, il 12 aprile, vinsero per 2-0 mentre la Juve cadeva in casa della Lazio, consegnando lo storico scudetto alla squadra di Scopigno e a tutta la Sardegna.

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