La Nuova Sardegna

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«Sono Grazia, la prima arbitra di calcio»

di Gianna Zazzara

Oggi la francese Frappart, ieri la cagliaritana Pinna, in campo per la prima volta nel 1979. «Ora una donna anche in serie A»

28 dicembre 2020
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SASSARI. «È vero, la francese Stéphanie Frappart è stata la prima donna ad arbitrare una partita di Champions League (Juventus-Dinamo Kiev, il 2 dicembre scorso, ndr), ma la prima donna in Europa a scendere in campo col fischietto al collo e i cartellini gialli e rossi nel taschino della maglietta sono stata io, nel 1979, avevo 35 anni. Comunque complimenti alla Frappart, ha rotto un tabù nel mondo del calcio. Che bello vederla alla testa di un team arbitrale tutto al maschile tra assistenti, quarto uomo e addetto al Var. Era ora che una donna arbitrasse nella più importante competizione europea».

Grazia Pinna, cagliaritana e fiorentina d’adozione, ora ha 75 anni e va ancora pazza per il calcio.

Lei è stata la prima donna arbitro in Europa.

«Arbitra, prego. Erano gli anni ’70, da qualche anno mi ero trasferita a Firenze per amore. Con mio marito avevamo aperto una pasticceria, “Grazia”, e sponsorizzavamo una squadra di calcio locale. Ogni domenica, allo stadio, mi infuriavo. Gli arbitri erano degli asini, non capivano nulla di calcio e quando fischiavano il rigore contro i miei ragazzi andavo fuori di testa. È per questo che ho deciso di diventare arbitra».

Così si iscrive al corso di formazione per arbitri di calcio promosso dalla Uisp Firenze, dopo tre mesi ottiene la licenza e scende in campo.

«Era l’inverno del 1979, Colonnata contro Fiorenza. Quando sono arrivata ho trovato decine di giornalisti, fotoreporter e video operatori accalcati vicino agli spogliatoi. Erano curiosi, in Italia era la prima volta di una donna designata ad arbitrare una partita di calcio. Il giorno dopo tanti articoli di giornale e servizi televisivi. Molti critici: “non capisce niente, non ha esperienza, non capisce la differenza tra un fallo da punire con rigore anziché con punizione”. Ma le critiche le avevo già messe in conto, è ovvio, e così sono andata avanti per altri 10 anni. Comunque avevo ragione io: con una regia arbitrale più giusta la mia squadra ha ottenuto discreti successi».

Commenti, ironie?

«Giornalisti a parte, erano tutti orgogliosi di me. Comunque spezzo una lancia a favore della stampa. La Nazione al mio esordio mi dedicò un bellissimo articolo. Il titolo? “Anche a Firenze abbiamo la donna in nero”, lo conservo ancora».

E i tifosi? Come reagivano quando vedevano un direttore di gara donna ?

«La competizione tra squadre e il gioco del calcio non cambiano, rimangono gli stessi, chiunque sia l’arbitro. Di conseguenza i tifosi si comportano sempre allo stesso modo, l’ho imparato a mie spese. Me ne dicevano di tutti colori : “hai le gambe storte”, e non era vero, “sei grassa” , e non era vero, “non capisci niente”, e non era vero, più altri epiteti che di solito si rivolgono al sesso femminile. Ma non ne ho mai fatto un problema, sapevo benissimo che quegli insulti non erano rivolti alla donna ma all’arbitro. Funziona così, da sempre, dai campi di calcio dei ragazzini fino alla serie A. Insultare l’arbitro è la regola. Per una donna tutto questo viene amplificato, perché le sfumature degli insulti sono ancora più colorate ».

Un’arbitra è meglio di un arbitro?

«Le donne fanno la differenza, anche in campo. Non siamo né mamme né poliziotte e siamo sempre pronte al dialogo con i calciatori. Quando ho visto la Frappart in tv ho fatto un tuffo nel passato, mi sono rivista in lei, in quel gesto tutto femminile di prendere il fischietto in mano. È stata brava, molto più brava di un uomo, non avevo dubbi che la Juve e la Dinamo Kiev fossero in buone mani. Ora mi auguro che la Frappart non resti un caso isolato e che magari possa essere d’esempio per le ragazzine, anche in Italia. Sarebbe ora di vedere una donna arbitrare nella nostra serie A. Anche se col maschilismo che c’è nel nostro paese credo che dovremo aspettare ancora a lungo».

Ha arbitrato anche partite di calcio femminile?

«Solo una volta, a Viareggio, e non mi è piaciuto. Le donne in campo sono più cattive e indisciplinate degli uomini. Poi, ovvio, scatta anche la rivalità femminile. I calciatori invece sono educati e rispettosi, mai un insulto neanche quando fischiavo un rigore, poche proteste».

Si faceva rispettare.

«In campo bisogna far capire chi comanda, arbitro o arbitra non fa davvero differenza...anzi le donne lo fanno meglio».



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