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Cinzia Arioli: «Io e Jack, capitani di ventura»

di Andrea Sini
Cinzia Arioli
Cinzia Arioli

La Dinamo femminile ritrova il sorriso dopo un periodo nero

05 gennaio 2021
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SASSARI. In viaggio con una caviglia gonfia e pesta, solo per esserci, solo per non lasciarle sole. In viaggio con il sorriso, perché dopo una vittoria tutto è più bello, soprattutto l’umore delle compagne. La Dinamo Women torna a Sassari da Battipaglia con un successo che manda in archivio due mesi e mezzo da incubo, tra Covid, sconfitte e infortuni. In Campania, col gruppo guidato da coach Antonello Restivo, c’era anche Cinzia Arioli; capitana non giocatrice, ma soltanto per il momento, perché la brutta distorsione riportata due settimane fa contro Vigarano le ha fatto passare un Natale nero ma non le ha tolto la voglia di combattere. E di tornare in campo.

Questo avete desiderato questa vittoria?

«Tanto, ci serviva come il pane. La sconfitta di Vigarano ci aveva pesato tanto, soprattutto a livello mentale. Abbiamo riposato, e anche quello ci voleva, poi siamo tornate in palestra con un altro piglio. E in campo è stata tutta un’altra storia, le mie compagne sono state super».

A proposito, come va la sua caviglia?

«Molto meglio. Sto facendo terapia ogni giorno, ho ripreso da poco a poggiare il piede per terra e a camminare. Valuteremo giorno per giorno la situazione, ovviamente spero di poter tornare prestissimo in campo».

Il fatto che abbia comunque voluto partire in trasferta dimostra che si sente molto legata a questo gruppo.

«Proprio così. Anche senza giocare volevo dare il mio contributo. Siamo davvero un bel gruppo: noi italiane ci conoscevamo già e questo ci ha in qualche modo aiutato a stare unite anche nelle difficoltà. Ma le straniere non sono da meno. Loro stesse, dopo Vigarano, hanno cambiato atteggiamento: quel ko ha fatto male a tutte e già con Schio il linguaggio del corpo era completamente diverso. Non era certo quella la partita nella quale sbloccarci, ma i segnali positivi sono stati confermati contro Battipaglia. Il nostro campionato riparte da qui».

Ha detto riparte, perché in effetti i contagi da Covid-19 hanno in qualche modo interrotto il vostro percorso.

«L’abbiamo passato in tanti, tra giocatrici e staff, e non è stata una passeggiata. Anche per chi come me stava apparentemente bene, il periodo post-Covid è stato un disastro: se non hai sintomi, ti sembra che sia tutto ok. Poi vai in palestra, fai due campi e svieni dalla fatica. Abbiamo perso tutto il lavoro fatto sino a quel momento: dopo 20 giorni di stop totale, la ripartenza è stata durissima. Un vero peccato, perché dopo la vittoria col Geas la condizione era buona. È stato un intoppo che non ci voleva, ma ora guardiamo avanti».

Riuscirete a salvarvi?

«È un campionato stranissimo, perché guardi la classifica e non sai mai se è vera o no. Sono saltate diverse partite, molte squadre cambiano le straniere e oggi è impossibile fare un pronostico. Siamo alla prima di ritorno e noi, per esempio, dobbiamo ancora recuperare due partite del girone d’andata. Lucca ha solo 2 punti e non avrei mai pensato di trovarla così in basso».

A causa del Covid, la Dinamo Women per i sassaresi è ancora una specie di oggetto misterioso. Vi manca il pubblico?

«Da morire. Abbiamo giocato le prime due partite in casa con mille spettatori e abbiamo appena assaggiato quanto può dare il pubblico di Sassari. Ci è sembrato qualcosa di straordinario per questo campionato: è evidente che il tifo di una piazza come questa ci darebbe qualcosa in più e in certe gare potrebbe fare la differenza. In campo stiamo dimostrando che ci teniamo e sarebbe davvero gratificante farci conoscere dagli appassionati. Siamo in grado di trasmettere grandi emozioni».

La squadra maschile vi fa in qualche modo ombra?

«Tutt’altro. Far parte di questo mondo è un valore aggiunto per tutte noi».

Dinamo maschile e femminile hanno due capitani “continentali” ma ormai legati a filo doppio alla Sardegna.

«Sono amica di Jack Devecchi da anni, ci siamo conosciuti a Milano una vita fa e lo stimo tanto. Se mi avessero detto che un giorno saremmo finiti in Sardegna a fare i capitani in una realtà come la Dinamo, avrei pensato a un film di Walt Disney».

Anche lei, come Devecchi, vede il suo futuro in Sardegna?

«Ci sono arrivata che avevo 19 anni, ho fatto alcune esperienze fuori e poi ho trascorso gli ultimi 10 anni a Cagliari. No, che non mi muovo, casa mia è su questa isola e ormai mi sento più sarda che milanese. Se ci sarà la possibilità, mi piacerebbe molto rimanere a Sassari. Si vedrà».

Sta per compiere 37 anni. Sino a quando giocherà?

«Sino a quando mi spingerà la passione. E il fatto che ancora mi diverta da morire ad andare all’allenamento significa che è sempre tanta».

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