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Si chiude l'era Pozzecco, la “lucida follia” di un trascinatore

di Andrea Sini
Si chiude l'era Pozzecco, la “lucida follia” di un trascinatore

La Dinamo archivia un triennio vissuto con grande intensità

02 giugno 2021
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SASSARI. Alla fine una statistica dei falli tecnici non l’ha tenuta nessuno, e in fondo non importa. C’è tanto altro nell’eredità che Gianmarco Pozzecco lascia dopo due anni, tre mesi e spiccioli alla guida della Dinamo Banco di Sardegna: 840 giorni (830, a voler essere pignoli...) vissuti intensamente, come in un frullatore.

Bomba o non bomba. Dalla “bomba” sganciata l’11 febbraio 2019 dal presidente Stefano Sardara, che lo tirò via dalla vita da pensionato (parole del Poz) che conduceva a Formentera, sino all’ormai scontato comunicato ufficiale di lunedì che ha posto ufficialmente fine a un rapporto che si era incrinato da tempo. Senza ulteriori strascichi, per fortuna di tutti, soprattutto del mondo Dinamo, perché per come si erano messe le cose a un certo punto il rischio di un divorzio accompagnato da carte bollate sembrava reale. Ognuno prenderà la propria strada, come è giusto che sia, ma a motore ancora caldo la sensazione che resta è quella di un dilatamento spazio-temporale, come se da quel giorno di poco più di due anni fa in cui si presentò dicendo «amerete la mia lucida follia» fosse in realtà trascorso un lustro intero.

Tra azzardo e intuizione. Due anni di Pozzecco, provateci voi, penserà probabilmente Sardara, che per tutto il primo anno lo ha messo sotto la sua ala protettrice, fissando però paletti chiari a livello comportamentale. Sapeva di essersi messo in casa quello delle camicie strappate e delle espulsioni facili, ma anche nei momenti di maggiore sintonia il presidente ha sempre rifiutato di descrivere la sua scelta come un azzardo. Nessun “all in”, dopo l’improvviso addio di Enzo Esposito. «Avevo le certezza delle sue qualità – ha ripetuto di recente –, ma per farle emergere avrebbe dovuto affrontare un certo percorso. Per un certo periodo c’è riuscito, e si è visto, poi ha di nuovo perso il controllo».

L’acceleratore di emozioni. A prescindere dall’idea che ognuno si può fare sull’intera parabola sassarese di Pozzecco, per un lungo periodo si è smesso di parlare delle sue camicie, i suoi falli tecnici sono passati in secondo piano e l’attenzione si è rivolta tutta agli straordinari risultati ottenuti dai biancoblù e del fantastico rapporto costruito con i suoi ragazzi e con l’intera piazza. I tifosi sassaresi hanno visto barbe e serie vincenti allungarsi a dismisura, hanno contato due trofei nuovi di zecca – la Fiba Eurocup e la Supercoppa – e si sono goduti lo spettacolo di una Dinamo grande tra le grandi: dalla finale scudetto persa solo in gara7 dopo il doppio “sweep” rifilato a Brindisi e Milano (quest’ultima impresa verrà forse valutata e apprezzata meglio negli anni a venire), al secondo posto in campionato al momento dello stop per il Covid.

Scricchiolii e crolli. La chiusura anticipata della stagione, il lungo lockdown e la separazione forzata dai suoi ragazzi e dal calore della tifoseria hanno improvvisamente e inevitabilmente invertito il trend a livello “emozionale”, il coach si è incupito ed è in quel preciso momento che il rapporto con Sardara ha iniziato a vacillare. L’estate scorsa, dopo il drammatico weekend di giugno con il balletto delle dimissioni immediatamente rientrate, la parola fine su questa breve e intensissima storia d’amore era in realtà già scritta. Sono poi arrivate tante altre vittorie, qualche passaggio a vuoto (la Final Eight), la sfortuna del Covid, che ha compromesso la corsa in Europa, e una stagione comunque di buonissimo livello, ma il giocattolo era ormai in frantumi. La sospensione per 10 giorni, vista come necessaria dalla società e vissuta come un colpo basso del coach, hanno fatto saltare anche gli ultimi pezzi di scotch che tenevano in piedi un vaso andato in pezzi molto tempo prima.

Un’eredità pesante. Al momento dell’arrivo di Pozzecco a Sassari, la Dinamo arrivava da tre stagioni e mezzo nelle quali aveva vinto 58 partite di campionato e ne aveva perso 57. Con il coach triestino in panchina, il Banco di Sardegna ha giocato 125 gare, con 85 vittorie e 40 sconfitte (68%). Ha vinto solo in regular season, come sostiene qualcuno? Le cifre non mentono e dicono qualcosa di diverso. Ecco il dettaglio: 43-16 in regular season; 6-3 in Supercoppa; 11-6 nei playoff; 1-3 in Coppa Italia; 24-12 in Europa. Ma parlare delle 840 giornate sassaresi di Pozzecco solo attraverso i numeri non sarebbe giusto. Perché con la sua “lucida follia” è stato costruito davvero tanto altro.

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