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Italia-Inghilterra, riportate la Coppa a Roma

di Francesco Pinna
Jorginho, l'uomo decisivo in Italia-Spagna
Jorginho, l'uomo decisivo in Italia-Spagna

Alle 21 la finalissima, con i padroni di casa favoriti. Ma gli azzurri...

11 luglio 2021
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SASSARI. God save the queen. Dio salvi la Regina, alla nazionale inglese ci penseranno gli Azzurri. Ecco, ci siamo. Sentite i rumori di fondo? Arrivano da Wembley, tempio del calcio, dove l’Italia è pronta ad affrontare l’Inghilterra con lo sguardo fiero e la serenità di chi finora ha fatto tutto quello che doveva. Vi siete innamorati di questa squadra, vi ha conquistato la leggerezza delle sue prestazioni, la sfrontatezza dei suoi talenti emergenti, la competenza del suo condottiero.

Avete sofferto con lei nei momenti più complicati e ora siete lì, davanti al televisore, come i protagonisti della battaglia finale del Trono di spade, pronti a godervi questa notte di emozioni intense. Italia-Inghilterra è la finale più pronosticata, quella più giusta per ciò che si è visto in questo mese di gare itineranti. Sono state le squadre più continue, più equilibrate, le più disinvolte nell’imporre il proprio gioco e quelle più capaci di gestire i momenti difficili.

Per gli inglesi è la prima finale europea. Nella loro bacheca c’è solo il titolo mondiale del 1966 giocato in casa e vinto con un gol inesistente nella finale contro la Germania. Si sa, gli inglesi hanno inventato il calcio ma spesso si pavoneggiano davanti allo specchio: quanto siamo belli, quanto siamo fighi. E questo spiega le tante legnate prese. Stavolta però hanno una squadra molto più pragmatica: difesa forte e durissima, un attaccante tra i migliori al mondo e una schiera di talenti offensivi da brividi. Sarà durissima.

Per l’Italia è invece la quarta finale. Nel 2012 ci ha strapazzato la Spagna più bella del secolo, nel 2000 ci ha beffato il golden gol del francese Trezeguet. L’unica vittoria risale al 1968, ricordi in bianco e nero con le prodezze di Gigi Riva e Anastasi. C’è un’intrigante similitudine tra quella squadra e l’attuale, sono nate entrambe dalle ceneri di un fallimento. Allora Valcareggi riuscì a far dimenticare la batosta subita con la Corea nel ‘66, Mancini in questi tre anni ha cancellato la delusione per l’esclusione dal mondiale in Russia del 2018. E lo ha fatto talmente bene che sembra un evento lontano nel tempo, un’altra era.

Oggi tutto il mondo del pallone è rimasto colpito dalla rinascita azzurra, dalla crescita di talenti come Barella, Chiesa e Donnarumma, dall’aver mostrato un’identità di gioco moderna, una ritrovata unità d’intenti e un grandissimo senso di appartenenza. È per questo che siamo tutti autorizzati a crederci senza fare gli sbruffoni. Lo sappiamo, loro sono favoriti, su questo non c’è dubbio Hanno una super squadra e un intero paese che li spinge. Sanno di poter fare la storia.

E adesso mentre milioni di cuori azzurri battono a mille, quei rumori di fondo che sentivamo prima sono diventati boati. Wembley è diventato una bolgia. Ma lo sguardo degli azzurri è sempre fiero. E come dice una splendida canzone di Ivano Fossati “abbiamo la fortuna di vivere adesso questo tempo sbandato, questa notte che corre e il futuro che arriva a darci fiato”. Del resto siamo un popolo di navigatori per fluttuare nelle acque insidiose di sfide come questa.

L’Italia ha disputato dieci finali tra europei e mondiali, qualcosa vorrà pur dire. Del resto siamo un popolo di poeti, sappiamo usare la fantasia e possiamo trovare l’estro di una giocata vincente come hanno dimostrato gli azzurri in questo mese di eccitazioni crescenti. E siamo anche un popolo di santi: un miracolo potrebbe sempre accadere. L’Italia dell’11 luglio è quella di Dino Zoff che alza la coppa del mondo sotto il cielo azzurro di Madrid davanti a un felicissimo presidente Pertini. Non sarebbe male ripetersi a Wembley, c’è pure Mattarella. Perchè no. Why not direbbero gli inglesi. Francesco Pinna

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