La Nuova Sardegna

Sport

Tutto Cagliari
La mia serie B/ Greatti

Riccio, l’eroe per caso

Enrico Gaviano

	La squadra in campo nell’ultima giornata del torneo il 21 giugno del 1964 con tro la Pro Patria battuta per 3-1 In piedi il massaggiatore Cantagalli e Spinosi, Longo, Rizzo, Riva, Torriglia e Mazzucchi Accosciati Colombo, Martiradonna, Greatti, Tiddia e Cappellaro
La squadra in campo nell’ultima giornata del torneo il 21 giugno del 1964 con tro la Pro Patria battuta per 3-1 In piedi il massaggiatore Cantagalli e Spinosi, Longo, Rizzo, Riva, Torriglia e Mazzucchi Accosciati Colombo, Martiradonna, Greatti, Tiddia e Cappellaro

Greatti, 12 gol, star nel 1964 della prima promozione in A. “Arrivai a Cagliari per una coincidenza, sono ancora qui”

05 luglio 2022
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. All’Amsicora gli spettatori ingannano l’attesa prima della gara guardando l’autobotte che percorre il campo in terra battuta : c’è da spruzzare dell’acqua per ammorbidire il terreno ed evitare che quando si gioca i calciatori sollevino troppa polvere. Cagliari-Pro Patria, 21 giugno 1964. Fa già molto caldo, e i tifosi indossano quasi tutti un cappellino ricavato da un giornale. Sono accorsi in massa per vedere il loro Cagliari vincere ancora nell’ultima partita di serie B. La clamorosa promozione in A era già in tasca dalla settimana precedente. «Un’impresa straordinaria – racconta oggi l’82enne Ricciotti Greatti –. Cagliari e il Cagliari sino a quel momento facevano parte di un altro mondo, nel calcio come nella società. Riuscimmo a compiere il miracolo grazie a una serie di combinazioni pazzesche che permisero di mettere in piedi uno squadrone che, da quella base, avrebbe vinto lo scudetto sei anni dopo». Già, Cagliari era in un altro mondo. Cominciamo dal campo, come detto: era in terra battuta, l’erba sarebbe arrivata nel torneo successivo perché in A il manto verde era obbligatorio.

«Mi viene da sorridere pensando al vecchio signor Monni – ricorda Greatti –. Prima degli allenamenti il manutentore del campo passava con un grande rastrello, tutto solo percorreva il rettangolo di gioco per cercare di rendere meno duro quel terreno. Noi eravamo tutti ragazzi e un po’ lo tormentavamo: dai signor Monni, dai con quel rastrello, dobbiamo giocare»! Greatti, Riccio per tutti e per sempre, anche ora che continua a fare l’assicuratore affiancato da Beppe Tomasini e Adriano Reginato, è stato uno degli eroi di quel campionato 1963/64, la stagione che avrebbe cambiato per sempre la storia rossoblù. 12 reti, miglior marcatore, 38 partite, cioè tutte: dalla prima a Prato sino all’ultima in casa appunto contro i bustocchi.

Friulano, scorza dura, il padre lo aveva chiamato Ricciotti perché era un grande appassionato di Giuseppe Garibaldi, e quello era il nome di uno dei figli dell’eroe dei due mondi. «Pensare che venni a Cagliari solo per uno scherzo del destino – racconta divertito Riccio –: Arrica e Silvestri stavano rientrando in auto verso Civitavecchia per imbarcarsi. A Pistoia, sotto la pioggia battente, si ruppe il tergicristallo della vettura. Furono costretti a fermarsi per la riparazione e sapendo che si giocava Pistoiese-Reggiana andarono allo stadio. Nella Reggiana giocavo io. Non so che partita feci, fatto sta che Silvestri alla fine chiese ad Arrica di acquistarmi».

La proposta nell’estate del 1963 inizialmente non convinse molto il giovane Greatti. «Cagliari? E dove è Cagliari? Dissi scherzando, ma non troppo. Ma mi convinsero e oggi dopo 60 anni sono ancora qui». Il campionato dunque. «Partimmo senza grosse ambizioni per la verità – ammette Riccio – . Con me c’erano alcuni nuovi, come Gigi Riva, un mingherlino le cui potenzialità erano ancora inespresse. Eppure la squadra mise quasi subito il turbo. Segnavo io, segnava Cappellaro, in porta Colombo era fantastico. E Riva iniziò a farsi largo nel cuore di Silvestri e dei tifosi. Poi fu proprio la presenza di Riva a far decidere all’allenatore un cambio di ruolo per me. Io segnavo, ma mi sacrificai e iniziai a fare il regista. E’ andata bene, ma per la verità avrei preferito restare attaccante».

Riva prima di tutto dovette vincere la concorrenza dell’idolo di casa, Tonino Congiu. «In effetti la tifoseria era divisa – dice sorridendo Greatti –. Tonino del resto aveva dribbling, tiro e piaceva perché non si arrendeva mai. Ma Riva pian piano fece breccia, diventando l’idolo dell’Amsicora». Tempi eroici si diceva. Anche per la gestione delle trasferte. «Silvestri voleva sempre viaggiare in nave, aveva paura dell’aereo – ricorda Riccio –. Ma noi a un certo punto ci mettemmo di traverso: mister vada lei col traghetto, noi preferiamo l’aereo. In nave il viaggio non finiva più e all’arrivo eravamo degli stracci. Alla fine si convinsero tutti. Anche Silvestri che si fece forza e iniziò a volare anche lui». E infatti erano tutti a bordo dell’aereo quando il Cagliari fece ritorno dalla trasferta di Udine dove pareggiando per 1-1 contro i friulani, aveva ottenuto la matematica promozione in serie A.

«Successe una cosa incredibile – racconta divertito Greatti –: l’aereo sarebbe dovuto atterrare a Elmas, ma il pilota, avvertito dalla torre di controllo, dirottò su Decimomannu, lo scalo militare. I tifosi entusiasti premevano sulle reti di recinzione dell’aeroporto civile e si rischiava l’invasione. L’entusiasmo era alle stelle. Da lì rientrammo in città con un bus che a Cagliari venne accolto da una folla inverosimile. Erano tutti impazziti di gioia per la Sardegna che finalmente sbarcava in serie A»

In Primo Piano
Disagi

Alghero, tre passeggeri lasciati a terra per overbooking da Aeroitalia

di Massimo Sechi

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

Le nostre iniziative