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La mia serie B: Muzzi, la scelta del cuore

La formazione del Cagliari che esordì nel torneo 1997/98 vincendo per 2-0 in casa contro il Treviso In piedi Scarpi, Zanoncelli, Villa, Lambertini e Grassadonia. Accosciati O’ Neill Vasari, Berretta, Sanna, Banchelli e Muzzi
La formazione del Cagliari che esordì nel torneo 1997/98 vincendo per 2-0 in casa contro il Treviso In piedi Scarpi, Zanoncelli, Villa, Lambertini e Grassadonia. Accosciati O’ Neill Vasari, Berretta, Sanna, Banchelli e Muzzi

Il bomber dopo la retrocessione del 1997 decise di restare in rossoblù rinunciando alla nazionale. "Ci sentivamo in colpa ed eravamo decisi a riscattarci. Anche i miei 17 gol servirono a ritornare subito in A"

25 luglio 2022
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Cagliari Imprimere il proprio nome come un tatuaggio nel cuore dei tifosi non è mai semplice. Roberto Muzzi c’è riuscito a Cagliari. Intanto per le 5 stagioni condite da 144 partite e 58 gol, ma anche e soprattutto per la sua scelta di restare in maglia rossoblù nonostante la retrocessione dalla serie A dopo lo sfortunato spareggio di Napoli del giugno 1997. «Quella ferita non si è mai rimarginata – sottolinea oggi Muzzi, ritornato a Cagliari per vestire i panni del club manager –. Sia i tifosi che noi giocatori vivemmo quella sconfitta contro il Piacenza come un dramma. E per questo che alla fine, sentendomi in colpa per quanto era accaduto decisi di restare».

Nonostante ci fosse dietro l’angolo la possibilità di una chiamata in azzurro per i mondiali di Francia ’98. «Cesare Maldini, allora commissario tecnico azzurro, me lo disse chiaramente: Roberto, se vuoi avere delle possibilità devi giocare in serie A. Se stai in B, ovviamente, crolla tutto. Ma io seguii il sentimento più che la testa».

Il tecnico Mazzone lasciò il Cagliari, e Cellino al suo posto chiamò Giampiero Ventura, fresco vincitore del campionato di B con il Lecce. «Fu una rivoluzione – dice ancora Muzzi –: insieme a Ventura arrivarono diversi giocatori che lui aveva indicato. Una squadra che aveva comunque una buona base, visto che poteva contare anche su una vecchia guardia di spessore».

Eppure la partenza non fu delle migliori. «Occorreva rodare un po’ il meccanismo – sottolinea Muzzi –, cercare di digerire bene il nuovo credo calcistico portato da Ventura. Devo dire la verità, all’inizio io stesso incontrai molte difficoltà. Con il mister non ci prendevamo proprio. Ci fu qualche screzio, qualche momento di tensione. Ma alla fine ebbe ragione lui...».

I motivi delle tensioni? «Lui conosceva il valore dei giocatori che aveva a disposizione. Ma doveva convincere tutti, anche me, che non stavamo giocando più in serie A. Dovevamo entrare con la testa nella mentalità della serie B, calarci in questo campionato difficile, complicatissimo, in cui occorre combattere con il coltello fra i denti in ogni partita evitando cali di tensione. Ci riuscì e questo suo lavoro fu premiato dalla promozione».

Resta il fatto che Ventura è passato alla storia, come allenatore, per il suo carattere particolare. «Diciamo che, almeno in quei due anni in cui è stato con noi. si mostrò un po’ lunatico – ammette Muzzi –, amicone, disposto a raccontare aneddoti e a scherzare in certe occasioni, freddo e scontroso in altre. Ma la sua abilità nel guidare il gruppo, nel compattarlo e farlo andare dritto verso l’obbiettivo era una dote che superava tutti gli altri problemi. Il segreto di quel Cagliari fu proprio quello: l’allenatore capace di plasmare i tanti singoli presenti in rosa in una squadra competitiva al massimo».

In effetti in quella squadra le stelle non mancavano: basti pensare che ci giocava gente come Tanino Vasari, Darìo Silva, Fabian O’ Neill, Tiziano De Patre e... Roberto “Bum Bum” Muzzi, insomma una squadra che in serie B partì fra le favorite.«Sì, è vero – Conferma lui –, giocatori davvero di valore e carisma che facilitarono sicuramente il compito del sottoscritto e contribuirono, insieme a una difesa rocciosa, a farci tornare subito in serie A».

Muzzi diede un contributo fondamentale: 36 partite su 38, come soltanto l’ala destra Vasari riuscì a fare, e 17 reti che gli diedero la palma di miglior marcatore del Cagliari. «Una stagione bellissima devo dire – confessa ancora Muzzi –, perché quel magone che ci accompagnò per lungo tempo dopo lo spareggio di Napoli pian piano sparì grazie ai risultati e a uno stadio Sant’Elia sempre pieno e carico dell’entusiasmo dei nostri tifosi».

La promozione arrivò all’ultima giornata con un pareggio interno contro il Chievo 2-2, con la firma finale, tanto per cambiare di Muzzi. «Feesteggiammo alla grande a fine partita e Ventura negli spogliatoi venne ad abbracciarmi e per ricordarmi la promessa che mi aveva fatto a inizio campionato mi apostrofò un po’ rudemente dicendo: «Hai visto, testone? Te l’avevo detto che saremmo tornati in serie A!».

Quella promozione resta un tassello fondamentale nella carriera di Muzzi, che dopo essere arrivato dalla Roma nel ’92 poi ha vestito la maglia di Udinese, Lazio e Toro. Con il Cagliari nel cuore, e una partita rimasta indelebile. «Fra le 144 partite con questa maglia – dice – scelgo il 3-0 alla Juve del 1995. Loro vinsero lo scudetto, ma noi in quella partita sovvertimmo ogni pronostico facendo impazzire di gioia lo stadio e tutta la Sardegna. Gol di Oliveira, Dely Valdes e del sottoscritto. Un trionfo che resterà nella storia». (4/continua)


 

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