Torres, parla il presidente Stefano Udassi: «Sogniamo ma coi piedi per terra»
Ecco il punto dopo i 7 successi di fila e il primato in C: «La strada è ancora lunga ma l’entusiasmo dei tifosi contagia squadra e società»
Dica la verità, presidente: già dall’estate sentivate e sapevate che stava nascendo una buona squadra. Ma pensavate lo sarebbe stata fino a questo punto?
«La speranza quando costruisci è sempre quella di far bene, ma sinceramente siamo andati oltre le più rosee previsioni. Sì, c’era fiducia e c’erano le giuste sensazioni perché il gruppo che stava nascendo era ben coeso anche fuori dal campo, e sin dal ritiro abbiamo avuto la sensazione di poterci divertire. Poi, i protagonisti sono i ragazzi e il mister: stanno dando grandi soddisfazioni a noi, alla città e a tutto l’ambiente, e cresce il fermento anche in provincia».
Stefano Udassi, 53 anni, sassarese, dopo essere stato al centro della Torres come attaccante e dopo aver vissuto il calcio come allenatore, ora è al centro del progetto rossoblù come presidente, fortemente voluto dalla proprietà AbinsulaSport. Competenza e naturale autorevolezza le doti che gli vengono riconosciute, insieme alla capacità di saper essere presente sul momento. Mai un attimo prima né uno dopo. Come adesso in questi giorni di superTorres che – unico club professionistico nei top 5 campionati europei – ha vinto tutte e 7 le partite disputate, che guida il girone B della C con la miglior difesa e il terzo miglior attacco. E ha un sogno.
Dopo i primi giorni da pompieri la proprietà man mano si sta sciogliendo: anche il patron Pierluigi Pinna sui social parla di sogno.
«Dover essere prudenti è un obbligo, ma sognare ed entusiasmarsi ci sta. La strada è lunga ma è indubbio che anche noi ci stiamo facendo coinvolgere dall’entusiasmo che ci trasmette la gente. Sono passate solo sette giornate, questo avvio è indubbiamente bello ma vedremo, a mio modesto parere una valutazione realistica si potrà fare al termine del girone di andata».
Ma intanto è fenomeno Torres. Negli ultimi anni quante volte eravate stati contatti dai network nazionali, come invece accade adesso?
«Mai, è vero. Ma con questo filotto è normale ricevere queste attenzioni. L’importante ora è saper sognare nel modo più giusto del termine. Le ambizioni ci sono sempre e anche ieri dopo la partita abbiamo festeggiato, e detto questo pensiamo già alla prossima partita. Non è che voglio sminuire quanto accade ma dobbiamo avere un atteggiamento umile, come sempre».
La Torres cresce sul campo e sugli spalti.
«Il sogno era questo, il primo obbiettivo di quando abbiamo rilevato il club. Riportare entusiasmo e passione, condurre Sassari a poter essere orgogliosa della sua squadra. Obiettivo raggiunto, domenica a fine gara avrei voluto abbracciare uno ad uno tutti i tifosi che ci hanno trascinati».
Cresce il pubblico, spuntano nuovi striscioni, si formano nuovi gruppi di sostenitori. Torres 2.0.
«Sì, c’è un grande fermento, ci sono nuove leve e sempre più giovani si presentano in sede per acquistare il biglietto. Questo è bello».
Però c’è anche chi va allo stadio per fare la guerra con mazze, bombe e spranghe.
«E questo è un fenomeno da stigmatizzare in tutte le sue sfaccettature. Quelli non sono tifosi, non c’è altro da aggiungere. Non so di cosa stiamo parlando. Da noi allo stadio c’è un bel clima, un bell’ambiente anche a fine partita, quando è possibile fare serenamente quattro chiacchiere e bere una birra fra amici».
La squadra conserva una forte identità sarda e sassarese, con tanti “emigrati” del pallone tornati a casa.
«Emigrati che sono rientrati molto volentieri. Siamo molto contenti, la proprietà Abinsula tiene molto alla sua identità sarda e la riflette nel progetto Torres. Dopo la stagione d’esordio ci siamo resi conto che dovevamo fare scelte e investimenti di un certo tipo per alzare il livello tecnico e da aprile con il direttore sportivo e lo staff ci abbiamo lavorato. Sono arrivati giocatori di esperienza ma con ancora una grande “fame” e una grandissima voglia di dare tutto per questa maglia».
In questa Torres, poi, gli attaccanti segnano, i cambi non fanno calare il valore della squadra e il sistema di gioco funziona.
«Il mister sta facendo un lavoro straordinario. Siamo contenti, certo, come non esserlo? E siamo contenti anche per lui, è doveroso che abbia il giusto riconoscimento. La squadra risponde, il gruppo è molto coinvolto, si è creata una bella alchimia, stanno bene insieme anche fuori dal campo e gli allenamenti sono sempre di livello molto alto, la competizione c’è ma è sana, e questo in campo si vede».
In cosa può e deve crescere la Torres?
«Io mi metto in discussione ogni santo giorno, mai cullarsi sugli allori quando va tutto bene e mai deprimersi quando qualcosa non gira. Tutto è migliorabile, non voglio fare filosofia o cadere nella retorica ma questa squadra mi dà l’impressione di poter crescere e migliorare ancora, come singoli e come insieme».
Quando Abinsula rilevò la Torres parlò di serie B come uno degli obiettivi, prima o poi. Alla luce di questi risultati, sarà prima, o poi?
«Non ho la sfera di cristallo, era ed è un traguardo del percorso e del progetto Torres, non un obiettivo campato per aria. Speriamo che sia più prima che poi. Non è che non ci vogliamo esporre ma non vogliamo illudere nessuno né tantomeno vendere fumo. Siamo persone pragmatiche e teniamo i piedi per terra, facendo i passi giusti, di volta in volta. Il calcio è questo, momenti esaltanti e quei momentacci che spero non arrivino mai ma che negli anni a venire ci saranno e noi dovremo avere equilibrio, essere sereni e farci trovare preparati».
Ora l’obiettivo della Torres, dunque, è...
«... molto semplice: la prossima partita».