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Olimpiadi Parigi 2024
L’intervista

Sogni olimpici, amore e Scienze politiche: la prua di Stefano Oppo verso Parigi 2024

di Enrico Carta

	Stefano Oppo dietro il compagno capovoga Gabriel Soares
Stefano Oppo dietro il compagno capovoga Gabriel Soares

Il bronzo di Tokyo nel doppio pesi leggeri di canottaggio cerca il pass per i giochi della prossima estate. L’atleta oristanese si racconta a pochi mesi dall’evento sportivo dell’anno che potrebbe vederlo di nuovo protagonista

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Oristano Dopo aver attraversato oceani e continenti per raggiungere Rio de Janeiro nel 2016 e Tokyo nel 2021, potrà sembrare un gioco da ragazzi arrivare sino a Parigi. Eppure la strada per il terzo sogno a cinque cerchi del canottiere oristanese Stefano Oppo è comunque fatta di sudore e fatica e ancora di fatica e sudore. Il 26 luglio iniziano le Olimpiadi di Parigi e il sogno non tanto nascosto è quello di ripetere il risultato ottenuto in Giappone nell’unica edizione dei Giochi disputata in anno non pari per via dello slittamento dovuto alla pandemia dal 2020 a 365 giorni più tardi.

Nelle acque di Tokyo il “doppio pesi leggeri” azzurro si prese il bronzo, massimo risultato della carriera di Stefano Oppo che di medaglie ne ha viste ormai parecchie tra campionati mondiali, Europei e prove di Coppa del Mondo. In Italia, poi, domina da tempo pur avendo cambiato compagno di successi. Dallo storico compagno Pietro Ruta, con cui aveva remato sino al 2022, è passato al più giovane Gabriel Soares. Solo una cosa non è cambiata: le prestazioni dell’equipaggio azzurro.

A Parigi, nel bacino del canottaggio che si trova in una località a mezz’ora di distanza dalla capitale francese, sarà in gara l’imbarcazione italiana, ma le regole del canottaggio consentono di indicare a ridosso della manifestazione gli atleti che scenderanno in acqua per rappresentare la propria nazione. Se ci si guarda indietro non dovrebbero esserci dubbi su chi vi salirà, ma la strada di Stefano Oppo verso la gloria, oltre che di sogni e speranze, è lastricata di prudenza. Così, il quasi trentenne per ora si allena. Giorno dopo giorno, eccezion fatta per la brevissima pausa oristanese, quasi unico momento di stacco da qui alle gare olimpiche. Sudore e fatica, per l’appunto e sorride pensando alla tempesta di allenamenti che, in quel di Sabaudia, va avanti da mesi e proseguirà senza sosta con la prua puntata verso i sinora imprendibili irlandesi: «Ho cambiato compagno già l’anno scorso, perché Pietro Ruta ha avuto un problema fisico. Con Gabriel Soares ci siamo trovati bene subito e abbiamo ottenuto buoni risultati. Siamo arrivati attaccati alla Svizzera, invece l’Irlanda è sempre lì davanti. Qualunque cosa facciamo, sono sempre a quella distanza, ma noi dobbiamo pensare a prenderli perché altrimenti ci passano tutti gli altri».

Non si scherza col motore e col carburante da mettere dentro braccia e gambe e così, da ottobre, la vita del bronzo olimpico che gareggia per il gruppo sportivo dei Carabinieri si svolge a Sabaudia, con un’incursione a Parigi per testare il bacino di gara, anche se la certezza di esserci arriverà solo tra qualche settimana: «Stiamo lavorando duramente e siamo in quattro a giocarci i due posti. Io e Gabriel oggettivamente stiamo andando bene, ma dobbiamo effettuare prima dei test interni e poi vedere come vanno le gare di metà e fine marzo. Negli anni abbiamo portato la barca a degli standard molto alti e dobbiamo confermarci anche nella tappa di Coppa del Mondo a Varese e poi ai successivi Europei in Ungheria». Tradotto, vuol dire che se non si torna indietro con una medaglia al collo, più di un pizzico di delusione ci sarà.

Per scansarla serve allora dividersi tra barca e palestra. Chi pensa sia un gioco, è meglio che si ricreda: «La mattina facciamo circa quattro ore di allenamento percorrendo 28 chilometri in barca, la sera tre ore di attività in palestra. Un mazzo – sorride –, si va avanti giorno per giorno. Guardare troppo avanti può essere rischioso perché magari si creano troppe aspettative. Meglio fare un passo alla volta sempre col massimo impegno perché poi, quando arriva il momento, si è sempre preparati al meglio».

Olimpiadi, quindi, ma non come un’ossessione perché la vita di Stefano Oppo, alla vigilia dei trent’anni che compirà a settembre, si riempie di altri interessi e di affetti. Per prima cosa, c’è da pensare a cosa fare da grandi, perché questo sarà l’ultimo anno in cui il doppio pesi leggeri sarà ammesso alle Olimpiadi e la competizione anche interna diventerà molto più serrata nella categoria senza limitazioni di chili, «Così ho ripreso gli studi. Mi sono iscritto alla facoltà di Scienze politiche già dopo Tokyo. Avevo lasciato gli studi nel 2013 al momento dell’ingresso nel gruppo olimpico. In questo periodo, ho rallentato perché ci stiamo dando dentro pesante con gli allenamenti, ma sono abbastanza in linea con gli esami. Cosa voglio fare da grande? Non mi vedo a far l’allenatore, non so se sono sufficientemente paziente, ma avrò modo di pensare al futuro».

Intanto, tra un remo e l’altro c’è sempre spazio per l’amore: «A gennaio ho fatto la proposta di matrimonio a Camilla, la mia ragazza da tempo per cui ci sposeremo». Per quest’anno però non se ne parla, gli unici anelli che si vedono all’orizzonte sono quelli della bandiera olimpica, ma l’estate prossima ci sarà l’oro delle fedi a prescindere dal colore della seconda medaglia che Stefano Oppo sogna di portare a casa da Parigi.

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