Enrico Balletto: «Dalla Sardegna al Pakistan per insegnare il volley alle ragazze»
Il tecnico cagliaritano è al lavoro da sei mesi con un progetto della Fivb, la federazione internazionale
Sassari Ha lasciato Islamabad ai primi di luglio, per godersi tre settimane di meritate vacanze in Sardegna dopo sei mesi di full immersion in Pakistan. Ma Enrico “Chicco” Balletto non vede l’ora di tornare lì per proseguire la sua “missione”. Ossia dare al quinto stato più popoloso al mondo, con oltre 252 milioni di abitanti, la sua nazionale femminile di pallavolo. Un processo lungo e complicato, finanziato dalla Fivb, la Federazione Internazionale, che sta investendo per promuovere la pallavolo in tutto il mondo.
«In Pakistan c’è una buona attività a livello maschile – spiega Balletto, tecnico cagliaritano classe 1973 – hanno in campionato, una nazionale maggiore e delle selezioni giovanili, con le quali ho avuto l’occasione di collaborare».
Com’è la situazione nel settore femminile?
«In questo caso siamo invece in fase di costruzione, le atlete giocano solo nei club, normalmente delle forze armate, ma al di là di questi fanno poca attività. Nei primi sei mesi del 2025 abbiamo fatto delle selezioni, ma non tutte le giocatrici vengono ai raduni. Le difficoltà ci sono, ma le cose stanno cambiando».
Com’è lavorare in una realtà così diversa dalla nostra?
«Le differenze ci sono, è evidente. Non sono ammessi contatti fisici, ma questa è una questione generale, anche le coppie sposate non si baciano o si tengono per mano in pubblico. E sono molto curiosi rispetto alle nostre abitudini di vita. Per loro è strano che io a 52 anni non sia sposato. Loro infatti abitualmente si sposano intorno ai vent’anni».
Torniamo alla pallavolo. Pregi e difetti del movimento pakistano?
«Il problema principale è che cominciano a giocare tardi, intorno ai 13 anni. In Italia si inizia normalmente già a 5-6 anni, quindi c’è subito un gap da colmare. Poi giocano davvero poco. I campionati si riducono a pochi concentramenti. Io ho fatto un raduno di un mese e mezzo, ma intervallato da una sosta di 15 giorni per una festa religiosa. Ci sono alcune ragazze talentuose, ma devono poter lavorare più a lungo per riuscire a fare un effettivo salto di qualità».
Quali sono gli obiettivi quando tornerà lì?
«A novembre c’erano in programma i giochi islamici, ma allo stato attuale non credo che arriveremo pronti, perché il rischio è quello di fare una brutta figura. Penso che sia molto meglio puntare ai giochi sud-asiatici, che si dovrebbero svolgere fra gennaio e febbraio del prossimo anno, probabilmente proprio in Pakistan, a Islamabad. Con qualche mese in più di preparazione potremo essere in grado di dire la nostra a quel livello».
Quanto proseguirà la sua avventura in Pakistan?
«Prima di tutto mi piacerebbe portare la nazionale femminile a partecipare a una manifestazione internazionale, magari facendo una buona figura. Questo è certamente il primo obiettivo. Poi vedremo».