La Nuova Sardegna

Ugas: «Sì gli Shardana siamo noi, il popolo che costruì i nuraghi»

di Paolo Curreli
Ugas: «Sì gli Shardana siamo noi, il popolo che costruì i nuraghi»

L’archeologo presenta a Sassari il suo volume «I pirati che sconfissero i Faraoni erano i sardi antichi»

23 febbraio 2017
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SASSARI. Sconvolsero il Mediterraneo sul finire dell’età del bronzo cambiarono la geografia politica e fecero crollare i grandi imperi. I Popoli del mare citati da fonti egizie erano una confederazione di genti rispettata e
temuta. Tra loro, secondo un’iscrizione della stele di Tanis del faraone Ramesse  II (circa 1287 a.C.): « gli Shardana dal cuore risoluto non si sapeva combatterli da sempre; essi venivano, il loro cuore era fiducioso …, su vascelli da guerra nel cuore (in mezzo) del mare; non si sarebbe potuto resistere davanti ad essi ».

L’archeologo Giovanni Ugas, già ricercatore e docente dell’università di Cagliari, autore di importanti scavi e specialista dei rapporti tra la Sardegna e il Mediterraneo presenta a Sassari il suo ponderoso volume “Shardana e Sardegna. I Popoli del mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei grandi regni. (XV-XII secolo a.C.)”. Nello studio di Ugas la risposta a un quesito centrale che appassiona l’archeologia dall’800: chi erano questi guerrieri e chi erano gli Shardana? Per l’importante studioso la risposta è: «Gli Shardana e le antiche popolazioni che costruirono i nuraghi sono lo stesso popolo».

Un volume imponente per una ricerca che l’ha impegnata per molto tempo?

«I miei studi sono cominciati tra gli anni ’70 e ’80. Non sono stati semplici, prima di tutto per la mancanza di testi essenziali nell’isola, fonti che ho dovuto consultare fuori dalla Sardegna. Dopo parecchie interruzioni e altrettante riprese il volume è andato in stampa, ma questi tempi lunghi mi hanno permesso di aggiornare le mie tesi e di confrontarle col panorama di pensieri e idee che si andavano formando, e questa è una parte affascinante dell’archeologia».

Chi erano gli Shardana e i Popoli del Mare?

«La chiave per identificare i Popoli del Mare è proprio capire chi erano gli Shardana, che rappresentano il popolo più importante delle due coalizioni. Fondamentale è posizionare le “isole che stanno in mezzo al grande verde” da cui questa lega navale – per gli antichi egizi – proveniva, è ragionevole pensare che per loro queste isole fossero nel Mediterraneo occidentale. Non potevano essere ne Creta, ne Cipro e nemmeno la Grecia perché questi luoghi avevano per gli egizi un nome preciso e per loro non rappresentavano un mistero visto che intrattenevano con quelle popolazioni rapporti continui».

Quali sono le prove più evidenti che fanno pensare a questo popolo come originario della Sardegna?

«Sono un popolo guerriero di grandi navigatori e le numerose navicelle, i bronzetti e le armi ritrovate in Sardegna descrivono un popolo specializzato nel combattimento ed esperto di navigazione. Portano l’argento di cui l’isola è ricca e i lapislazzuli. Pietra preziosa che commerciano i cretesi che navigano con i nuragici, ma probabilmente si fa riferimento a un minerale azzurro diffuso in Sardegna, la calamina. Tanti altri sono gli elementi dell’archeologia di cui parlo nel mio libro, come lo scudo tondo ed altri elementi dell’abbigliamento militare. E poi ci sono le numerose fonti antiche, tra cui il Vecchio Testamento, dove si trovano altri elementi che posizionano ad occidente questi popoli. L’itinerario descritto nella stele di Tuthmosis III posiziona le isole al centro del Grande verde a Nord-Ovest. Fondamentale il rapporto continuo, visto la prossimità geografica, con la Tunisia dove risiedevano i popoli del Nordafrica Meshwesh e Kehek alleati dei Popoli del Mare contro l’Egitto  ».

Il rapporto temporale tra la civiltà dei nuraghi e l’avvento degli Shardana?

«I due momenti si sovrappongono perfettamente, l’azione dei Popoli del mare si svolge durante il massimo sviluppo della civiltà nuragica. Gli Shardana appaiono in Egitto nella metà del XIV secolo. Vengono
ritratti nelle iscrizioni nel tempio di Amenofi IV, cioè il faraone Akenaton, e sono presenti in Egitto  almeno fino al IX secolo, dove si erano stabiliti  avendo avuto  in concessione fertili terre nella valle del Nilo».

Nel resto d’Italia cosa accadeva?

«Roma non esisteva, verrà fondata nel 753 a.C., c’erano dei popoli
proto latini, la civiltà dei Terramare, i Liguri, i Tirreni, i Dauni i Siculi , da riconoscere nei Popoli del mare  dei  Leku, Dayniu e  Tursha».

Le altre ipotesi hanno la stessa forza?

«Non reggono, anche per esclusione si dovrebbe sostenere che gli antichi sardi erano gli Shardana. Peraltro occorre considerare che  la maggior parte degli studiosi attuali a livello internazionale sono del mio stesso avviso o sospendono il giudizio».

Anche l’archeologia è soggetta ai filtri del pensiero accademico che tende a snobbare le idee divergenti ?

«Anche io ero scettico, non c’era una tradizione di studi a riguardo. Ma un vero studioso si confronta con le idee nuove senza pregiudizi. Un esempio è stato proprio il padre dell’archeologia sarda Lilliu, che ha aggiornato il suo pensiero continuamente seguendo l’evoluzione della ricerca».

Quindi si potrebbe dare ascolto anche alle teorie diverse come quella di Sergio Frau che vede nel mito di Atlantide la rappresentazione della civiltà nuragica?

«L’errore di Frau è stato non storicizzare il contenuto dei dialoghi di Platone a proposito della scomparsa di Atlantide vedendo un grande tusnami che ha distrutto la civiltà nuragica. Un errore fondamentale, tutti i popoli antichi hanno spiegato il dissolvimento delle civiltà precedenti con eventi naturali repentini, proprio perché non erano in grado di studiare la storia che aveva portato a quelle scomparse».

Il Dna potrebbe dare risposte?

«L’archeologia nuragica è una scienza giovane e le scoperte saranno ancora tantissime. Il Dna ci ha già detto una cosa: i cretesi del Neolitico e dell’Età del bronzo sono affini ai sardi. Una conferma di quello che sostiene l’antropologia fisica. Egizi, sardi, cretesi sono popolazioni  della biblica stirpe di Cam  dalla carnagione bruna, e parlavano una lingua mediterranea differente da quelle indo-europee. In Egitto manca una sepoltura riconducibile agli Shardana che ci darebbe i reperti su cui studiare, ma già a nella valle del Giordano sono stati messi in luce le sepolture dei guerrieri del mare, gli Shardana, non sarebbe una cattiva idea  sottoporli al test del Dna».

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