La Nuova Sardegna

La rinascita della stampa sarda

di EUGENIA TOGNOTTI
La rinascita della stampa sarda

Archiviato il Ventennio l’informazione isolana ritrova il pluralismo grazie al sorgere di nuove testate

27 aprile 2017
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di EUGENIA TOGNOTTI

C’è più di una ragione per considerare come una data importante l’anno 1947, che segna la ripresa delle pubblicazioni dell’antico quotidiano di Sassari, “la Nuova Sardegna”, preceduta di poche settimane, da quella del quotidiano democristiano “Il Corriere dell’Isola”. E non solo, naturalmente, per la cittadella della stampa sarda. Ma, più in generale, per il periodo storico di passaggio dal regime fascista alla democrazia. Un periodo di risveglio, di attesa e di speranza di rinnovamento politico- culturale, di nuova domanda d’informazione, in un contesto che vede scomparire dalla scena alcune testate, comparirne di nuove, rinascerne altre, affacciarsi alla ribalta periodici, fogli di militanza e propaganda politica, numeri unici stampati in occasione di convegni di partito (Forza Paris, PSd’Az, 1944), organi di discussione letteraria e di costume. Un’articolazione che sfidava la ristrettezza della cerchia potenziale dei lettori, e che sembra sollecitare una nuova lente interpretativa di un periodo su cui pesano, forse troppo, gli stereotipi di arretratezza e isolamento dell’isola, tagliata fuori

Fermento culturale. La nuova fase aperta in quel 1947 nella storia del giornalismo sardo era stata preceduta – a partire dalla caduta del fascismo – da una serie di movimenti sussultori che avevano modificato profondamente la fisionomia della stampa sarda. Facendo emergere una nuova leva di giornalisti, pubblicisti, intellettuali, molti dei quali, appartati negli anni del regime, tornarono all’agorà accanto a una nuova schiera che entrava sulla scena pubblica, assumendosi responsabilità, militando in partiti, associazioni, movimenti d’opinione, «prendendo parte». Il grande penalista nuorese Gonario Pinna, per fare un solo esempio, in odore di antifascismo, sorvegliato speciale durante il regime, lontano per anni dalla vita pubblica, torna in campo. Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta svolge un’intensa attività pubblicistica e tiene una seguitissima rubrica sulla “Nuova Sardegna”, nella quale passa in rassegna ciò che si scriveva dell’isola, traendone motivo di stimolo sia per l'azione politica, sia per un nuovo impegno («fuori dal ballo tondo») nel mondo della cultura e della società civile. Le prime scosse si registrano nel 1943. Il quotidiano l’Isola, fondato nel 1924 da un gruppo di fiancheggiatori del Pnf, finisce sotto il controllo del Cnl, che l’affida all’avvocato Arnaldo Satta Branca, l’ultimo direttore della Nuova, in funzione “risanatoria”, per così dire, di una redazione compromessa con il regime. Nello stesso anno, la responsabilità della direzione dell’ Unione Sarda – costretta alla chiusura per alcuni mesi dai bombardamenti su Cagliari – finisce nelle mani di un esponente in vista dell’antifascismo sardo, l’avvocato socialista Jago Siotto. Nei mesi successivi vede la luce, per iniziativa del giornalista e scrittore Francesco Spanu Satta, il settimanale politico, letterario e d’informazione antifascista, “Riscossa”, inaugurato da un editoriale dello scrittore Giuseppe Dessì. Anni dopo l’autore di “Miele amaro” avrebbe ricordato, in un articolo su “La Nazione”, la vivace vita politico–culturale di Sassari dopo la caduta del regime, nonché l’accentuarsi in quegli anni del tradizionale dualismo tra le due capitali: «Cagliari temeva che Sassari prendesse il sopravvento, mentre Sassari temeva che Cagliari rafforzasse i suoi poteri».

Gli organi di partito. Nel 1945 (il 21 gennaio) ricompare sulla scena, come periodico , il “Corriere di Sardegna”, già organo del Partito popolare italiano, costretto, come la Nuova, a cessare le pubblicazioni nel 1926, dopo un incendio appiccato dai fascisti alla tipografia. Rappresenterà per circa due anni l’organo ufficiale della Dc sarda, in particolare di quella cagliaritana. Le pubblicazioni regolari si interrompono nel 1947. In quello stesso anno, di grandi movimenti nella stampa regionale, vede la luce «Il Quotidiano Sardo», organo ufficiale dell’Azione cattolica regionale. È uno dei tratti distintivi del giornalismo sardo, quello del radicamento dei periodici cattolici, tra cui si distinguevano per diffusione e influenza il sassarese “Libertà” e il nuorese “Ortobene”, rinnovato negli anni Trenta dal vescovo Giuseppe Cogoni, che si era adoperato per liberare il giornale dai condizionamenti entro cui il regime fascista tentava di costringere l’informazione e la vita politica locale. La fioritura e la nascita di numerosi organi di partito come “Il Lavoratore”, “Sardegna Democratica”, “La Sardegna Socialista”, “la Voce del Partigiano”, “Il Solco” e numerosi altri, rappresentano l’altra caratteristica del giornalismo sardo, in un fase della storia della Sardegna in cui vengono adottate e perseguite fondamentali scelte che avrebbero condizionato gli eventi successivi.

Stampa e Autonomia. Sono gli anni dell’avvio dell'esperienza autonomistica sarda, delle prese di posizione sull’articolo 13 sullo Statuto Speciale, del delinearsi di nuovi rapporti fra Sardegna e Stato, del dibattito sull’ambizioso piano di interventi che avrebbe dovuto far entrare la Sardegna nella modernità. Quattro quotidiani locali – La Nuova Sardegna, L’Unione Sarda, Il Corriere dell’Isola e Il Quotidiano Sardo – danno spazio, nella diversità delle posizioni politico-ideologiche e delle scelte editoriali, a battaglie elettorali, confronti di idee, polemiche e critiche anche aspre, svolgendo, ciascuno per la sua parte, un insostituibile ruolo nel processo di crescita e di formazione dell’opinione pubblica regionale.

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