La Nuova Sardegna

Antichi portali, un patrimonio da recuperare per il turismo

Antichi portali, un patrimonio da recuperare per il turismo

Gli oristanesi furono già capaci di abbattere le mura medievali della città a inizio Novecento. Oggi continuano nell'opera di smantellamento del passato

30 dicembre 2017
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Vizio vecchio degli oristanesi che furono già capaci di abbattere le mura medievali della città a inizio Novecento. Senza alcun segno di pentimento per gli errori commessi allora, oggi continuano nella progressiva opera di smantellamento del passato, cancellando anche un’identità territoriale che nei secoli gloriosi fu davvero forte. Sradicati e “abbandonati”, i portali monumentali vivono oggi fuori contesto. La loro valorizzazione non pare essere una priorità, se non di pochissimi. Ivo Serafino Fenu, direttore della Pinacoteca Carlo Contini e critico d’arte, è profondo conoscitore dell’argomento a cui ha dedicato vari studi. Riferendosi alla strada 292 che sfiora i due portali che si trovano tra il capoluogo e la frazione di Nuraxinieddu: «Com’è possibile che progetti di questo tipo vengano portati avanti? Non trovo risposta forse perché non esiste. Oggi dovremmo avere su argomenti del genere una sensibilità enorme, invece vediamo le auto che sfiorano quei monumenti, vediamo sparire la fascia alberata che li cingeva, vediamo le pubblicità dei fast food a pochi metri da loro. In questo caso sottolineo che i beni identitari dovrebbero avere una fascia di protezione di cento metri, noi invece ci troviamo con una strada che dista da questi due monumenti meno di due metri».

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L’ultimo caso però non è isolato. Il problema è complessivo perché il rischio di cedimenti strutturali è pressoché generalizzato. «I nostri portali – prosegue Ivo Serafino Fenu – sono costruiti con materiali di vario tipo, spesso di pessima qualità. Con gli intonaci di protezione che vanno via l’intera struttura architettonica rischia il deterioramento. Il pericolo di un crollo non è poi così remoto». La prima mossa è quindi quella di operare un recupero strutturale, ma chi paga il restauro? «È lampante che serva l’intervento del settore pubblico – spiega –. Molti portali sono di privati cittadini che non hanno soldi e interesse perché vengano restaurati. Del resto hanno quasi tutti perso la loro funzione originaria che era quella di celebrare con un monumento l’importanza della famiglia o dell’istituzione che deteneva anche la terra a cui essi consentivano l’accesso». Il passo successivo è il recupero anche dal punto di vista del valore del bene. «Suggerisco di avviare una collaborazione tra i vari Comuni su cui i portali insistono – conclude Fenu – . A quel punto si può pensare alla nascita di un percorso culturale magari collegato ad altre strutture museali già presenti nel territorio». (e.c.)
 

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