La Nuova Sardegna

Tra Cartagine e Roma L’isola dopo la fine dell’epoca nuragica

di Marco Vitali
Tra Cartagine e Roma L’isola dopo la fine dell’epoca nuragica

Domani in edicola “I tesori della Sardegna punica e romana” penultima uscita della collana “Tesori nascosti di Sardegna”

22 novembre 2018
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La Sardegna fin dal Bronzo recente e finale svolge un ruolo importante negli scambi tra Occidente e Oriente, e nel IX secolo a.C., con l’inizio dell’espansione fenicia nel bacino occidentale del Mediterraneo, diventa il punto di contatto tra i traffici che collegano l’Atlantico all’Asia Minore. Tra l’840 e il 775 a.C. i Fenici fondano sulle coste dell’isola numerosi empori commerciali, primo passo verso la successiva fase colonizzatrice che porta all’edificazione di vere e proprie città (Nora-Pula, Bithia-Domus de Maria, Karalis-Cagliari, Cuccureddus-Villasimius, Tharros-Cabras, Othoca-Santa Giusta) e di piccoli centri anche all’interno (Monte Sirai-Carbonia e Pani Loriga-Santadi) necessari al controllo delle vie d’accesso ai giacimenti minerari. Inizia così un periodo della storia della Sardegna che porterà alla progressiva emarginazione della civiltà nuragica e alle dominazioni prima cartaginese e poi romana. Un periodo al quale è dedicato “Tesori della Sardegna punica e romana”, il penultimo volume della collana “Tesori nascosti di Sardegna” che va in edicola domani con la Nuova a 8,70 euro oltre il prezzo del quotidiano.

Nella stessa epoca in cui arrivano in Sardegna, i Fenici si espandono anche sulle coste atlantiche dell’Africa e della Spagna, e nel resto del bacino occidentale del Mediterraneo, dove fondano Cartagine. Scelgono sempre, sulla costa, isole e promontori, luoghi strategici che possono garantire in qualsiasi condizione di vento un approdo protetto. I primi contatti con i Nuragici sono documentati nell’emporio di Sant’Imbenia (Alghero) dove si stabiliscono mercanti e artigiani Fenici che, insieme ai locali, si dedicano al commercio del vino.

Da questo momento si susseguono tutta una serie di contatti che, oltre a far conoscere i prodotti orientali, diffondono tutta una serie di modelli iconografici e ideologici che non condizionano solamente l’artigianato locale, ma contribuiscono a innescare, col tempo, mutamenti a livello politico, sociale e di aggregazione con i Nuragici, impegnati nell’ultima fase della loro civiltà.

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