La Nuova Sardegna

Rivedere Ultimo tango 45 anni dopo a Bitti

Luca Urgu
Rivedere Ultimo tango 45 anni dopo a Bitti

Erano ragazzi, ora sono pensionati: il ritorno al cinema Ariston per una proiezione all'insegna della nostalgia

29 dicembre 2018
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“Ultimo tango a Parigi” ritorna sul grande schermo del cinema Ariston di Bitti 45 anni dopo quella controversa e “scandalosa” prima visione. Ed è tutto un altro ballo. Quel tango argentino con la sua musica sensuale e corpi avvinghiati, che le scene finali regalano prima del tragico epilogo, è quasi una metafora di quel rapporto così fuori dagli schemi tra i protagonisti, un maturo e bravissimo Marlon Brando e una giovanissima Maria Schneider, su cui si snoda l’intera trama.
Ma il film del maestro Bernardo Bertolucci, uscito nelle sale italiane il 16 dicembre 1972 e proiettato nel paese barbaricino un mese dopo, era vietato ai minori, quando maggiorenni si diventava a 21 anni. Proponeva delle scene di sesso che allora, molto più di oggi, non lasciavano certo indifferenti. Non si era ancora così pronti. Né a Roma, né a Milano, figuriamoci in un cinema di un paese di provincia dove ci si conosce tutti ed alcuni argomenti rimanevano dei tabù. Oggi, sarà il segno dei tempi, delle conquiste innegabili sul fronte della libertà nei costumi, forse anche perché la soglia del pudore si è dilatata a dismisura, ma nessuno nello stesso cinema dove dieci lustri prima si entrava a testa bassa guardandosi le spalle per l’imbarazzo si è scandalizzato. Tra le loro ci sono soprattutto donne. Sono medici, insegnanti, funzionari, appassionati cinefili in genere dagli over 75 in giù.
Tutti si sono accomodati in quell’affascinante galleria vintage che proprio in questi giorni festeggia i sessant’anni di attività. Con un bagaglio di esperienza e di vita che li fa guardare e poi commentare nel significativo dibattito seguito alla proiezione con libertà e senza inibizioni di sorta. Sensazioni attuali ma decisamente diverse a quelle vissute quasi mezzo secolo prima.
«Sono stato uno degli spettatori di allora. Avevamo, io e gli amici del gruppo che poi diventò il Collettivo proletario, già letto alcune recensioni. Alberto Moravia lo aveva definito un film di sesso e castità. Lo rivedo per la seconda volta da quella famosa data del 1973. E tornando indietro con la memoria devo dire che più che le scene di sesso, forti per l’epoca, ci impressionò l’aura mortuaria dell’intera vicenda», ha rievocato lo scrittore Natalino Piras. Si racconta che anche tra gli affezionati cinefili di allora, e Bitti aveva e continua ad avere un pubblico attento, ci fu un silenzio atipico durante e alla conclusione della proiezione. Qualche ragazza, allora appena maggiorenne, dovette sorbirsi i pesanti rimproveri dei genitori quando vennero a sapere che era stata a vedere quel film “peccaminoso”.
Peppina Pala, all’epoca studentessa universitaria di Medicina a Sassari, riuscì a strappare con coraggio e carattere il consenso al padre e alla madre. Il medico ora in pensione è tornata in quella stessa sala per rivedere Ultimo tango a Parigi, ovviamente senza le paure e lo stato d’animo di quella sera di gennaio del 1973. «Fu una guerra in famiglia. Il mio, e quello di altre ragazze, fu un vero atto di ribellione. In effetti ci trovammo davanti agli occhi scene a cui non eravamo abituate. Di sesso sia chiaro non se ne parlava, nemmeno tra amiche – ricorda la dottoressa Pala –, tra di noi ci siamo vergognate da morire tanto che siamo scappate prima che si riaccendessero le luci perché avevamo paura dei commenti degli altri spettatori e di incrociare i loro sguardi».
Il film con la splendida colonna sonora di Gato Barbieri proiettato in paese pochi mesi dopo l'uscita fece ovviamente molto scalpore. Un successo senza precedenti anche a livello nazionale (uno dei film più visti di sempre), malgrado le censure e le pellicole che i tribunali stabilirono di bruciare al rogo (la sentenza della Cassazione del 29 gennaio 1976 ordinava la distruzione di tutte le copie, compresi i negativi).
Poi a riabilitarlo fu il tribunale di Cagliari nel 1987 con un giudice, presidente di sezione, Luigi Lombardini, in Sardegna noto per ben altre attività sul fronte del banditismo.

 

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