La Nuova Sardegna

Addio al “Padre padrone” dei Taviani

di Fabio Canessa
Addio al “Padre padrone” dei Taviani

Si è spento a 84 anni il protagonista del film tratto dal romanzo di Gavino Ledda che nel 1975 vinse la Palma d’oro a Cannes 

06 novembre 2019
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Inizialmente il ruolo avrebbe dovuto essere di Gian Maria Volonté, con il quale Paolo e Vittorio Taviani avevano già lavorato. All’ultimo momento si era però tirato indietro e allora ai fratelli registi era venuto in mente lui, dopo averlo visto recitare a teatro. Omero Antonutti era così diventato il pastore Efisio di “Padre padrone”, il film basato sul romanzo autobiografico di Gavino Ledda. Un successo internazionale, sancito dalla vittoria della Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1977, merito anche della memorabile interpretazione dell’attore friulano scomparso ieri a 84 anni per le complicanze di un tumore.

Nato a Basiliano, in provincia di Udine, Antonutti nel 2017 era tornato in Sardegna sui luoghi di “Padre padrone” per il documentario “Dalla quercia alla palma” realizzato da Sergio Naitza per il quarantennale del film dei Taviani. «Aveva accettato con gioia ed entusiasmo di partecipare non solo per il legame con un’opera così importante per la sua carriera, ma anche – racconta Naitza – per la comunione d’anima con la Sardegna. Una terra che lui, da friulano doc, sentiva appartenergli per quella commistione di etnia e identità.

Per farlo entrare nell’atmosfera del ricordo di “Padre padrone” l’avevamo messo nello stesso albergo, a Sassari, dove 40 anni prima aveva alloggiato con la troupe, era entrato nell’ovile, ormai abbandonato, calcato le campagne e le strade di Cargeghe che erano stati teatro del film. Si muoveva, in quei luoghi della memoria, riscoprendo dettagli rimossi che riaffioravano con l’impeto di un passato che riprendeva vita, accendendogli squarci di quell’esperienza sul set. Soprattutto aveva incontrato le comparse sarde, allora tutti bambini o giovanissimi: si era sentito di nuovo nel ruolo di padre, non padrone certamente, felice nel riabbracciarli, nello scambiare ricordi e aneddoti, informandosi su quello che facevano ora». E con loro condivide una bella scena nella parte finale del documentario, in cui brinda sotto una grande quercia: «Invitato a tenere un discorso – ricorda la scena Naitza – Omero si alza, calice in mano, e ringrazia il popolo sardo e la Sardegna. Non riesce ad andare oltre, un groppo alla gola gli blocca le parole: si commuove. Non era una scena preparata e Omero in quel momento non stava recitando: era se stesso, con l’emozione genuina di chi metteva a nudo un sentimento di gratitudine per quell’avventura indimenticabile di “Padre padrone”. Quarant’anni dopo».

E dire che allora il film in Sardegna non aveva mancato di suscitare polemiche per il modo in cui veniva raffigurata l’isola. Proprio Omero Antonutti, il padre violento del film, era finito per diventare un po’ il capro espiatorio degli attacchi verso il lungometraggio dei fratelli Taviani. Acqua passata. Con Saverio Marconi, nel ruolo di Gavino, Antonutti è riconosciuto come il volto di una delle pellicole più importanti del cinema italiano. «Finite le riprese del documentario – aggiunge Naitza – la sera prima della partenza andammo insieme in pizzeria. Era un locale chiassoso, pullulava di giovani. Ad un tratto si avvicinò, timidamente, una ragazzina. Gli chiese: “Scusi ma lei è Antonutti, il padre padrone?”. Omero restò sorpreso, poi annuì sorridendo e con la voce dolce e cavernosa insieme disse: “Pare proprio di sì, ma non dirlo in giro!”. Seguì selfie d’ordinanza. Poi con malcelata soddisfazione Omero si girò verso Saverio e sussurrò: “Hai visto? Sono passati 40 anni e la Sardegna mi ama ancora”».

Parole di un uomo che chi l’ha conosciuto ricorda come generoso, altruista, curioso della vita, disponibile a sperimentare. Dal punto di vista professionale un attore versatile, con una lunga gavetta a teatro ma anche altre importanti apparizione al cinema dopo il successo di “Padre padrone”. Ancora per i Taviani recita negli anni Ottanta in “La notte di San Lorenzo”, “Kaos” e “Good Morning Babilonia”. Molto interessante la sua carriera anche fuori dall’Italia, in particolare in Spagna: Antonio Drove lo dirige in “Nell’occhio della volpe”, Victor Erice in “El sur”, Carlos Saura in “A peso d’oro”, Pedro Olea in “Il maestro di scherma”. Tra gli altri suoi film “Alessandro il Grande” del regista greco Theo Angelopoulos, “La visiona del sabba” di Marco Bellocchio, “I banchieri di Dio” di Giuseppe Ferrara (dove interpreta Roberto Calvi).

L’ultima apparizione su grande schermo è del 2015, in “Pecora in erba” di Alberto Caviglia, ma è anche nel cast di “Hammamet” di Gianni Amelio al momento in fase di post-produzione e in uscita il prossimo anno. Dotato di un profondo timbro vocale è stato inoltre un apprezzato doppiatore prestando la voce, tra gli altri, a Christopher Lee (Saruman) nella trilogia “Il signore degli anelli”.

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