La Nuova Sardegna

Mereu: «Deledda al top anche nel cinema»

di Giacomo Mameli
Mereu: «Deledda al top anche nel cinema»

Il regista parla della scrittrice alla quale è dedicato il quinto volume della collana “Storia di Sardegna” in edicola da domani

14 novembre 2019
5 MINUTI DI LETTURA





Ha forti legami con Grazia Deledda la casa di Santu Predu dove il regista Salvatore Mereu (54 anni) abita con la moglie Elisabetta Soddu, nipote di Salvatore Mannironi e con i figli Francesca, Maria ed Elena. Il deputato Dc (arrestato dai fascisti, divenne ministro), il 15 gennaio 1952 fece approvare alla Camera (presidente Giovanni Gronchi) la proposta di legge per la traslazione della salma dell’unica italiana Nobel per la letteratura dal Verano di Roma alla chiesetta bianca della Solitudine. Il parlamentare (lo ricorda la figlia Maria, suocera di Mereu) «aveva preparato l’intervento nel suo studio, ci aveva lavorato settimane. Quando babbo rientrò a casa, col sì di Montecitorio e del governo a nome del ministro di Giustizia Adone Zoli (pure lui partigiano), ci disse: “Ho fatto un’opera buona, Grazia riposerà a casa sua”». Altra citazione: «Alla Camera babbo aveva letto un giudizio di Attilio Momigliano: da Manzoni in poi nessuno come Grazia Deledda ha mai arricchito e approfondito il senso della vita in una vera opera d’arte».

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:tempo-libero:1.37903261:Video:https://video.lanuovasardegna.it/locale/grandi-personaggi-in-edicola-la-biografia-di-grazia-deledda/116933/117414]]

LIBRI E FILM. La cerimonia otto anni dopo, domenica 21 giugno 1959. Una foto (nel libro su Carmelo Folchetti) immortala quella giornata: su un palco tra gli alberi il sindaco Pietro Mastino (fascia tricolore e un microfono) con altri amministratori: lo stesso Folchetti (fotografo ufficiale), Fausto Moncelsi, Sebastiano Maccioni, Elena Melis, Gonario Arru (citato anche tziu Jubanne Busincu, calzolaio). Ed dopo la letteratura, il cinema. La moglie di Mereu è produttrice dei film con la società Viacolvento. Qui sono nati Futuro prossimo, “Bellas Mariposas”, “Ballo a tre passi”, “Sonetàula” dal libro di Giuseppe Fiori (ha avuto tre Globi d’oro, il Premio 2008 della stampa estera per miglior film). Da poco è iniziato il montaggio di “Assandira”, dal libro di Giulio Angioni. Si notano i grandi riconoscimenti internazionali, tutti i libri della Deledda, quelli di Salvatore Satta, “Quasi Grazia” di Fois.

DURA MADRE. Dice Mereu: “È un libro atipico nella produzione di Marcello. Nelle forme di una piéce rende omaggio alla Deledda raccontando in tre atti tre giorni topici della sua esistenza. Il giorno in cui parte da Nuoro e si accomiata dalla “Dura madre” che mai vorrebbe quella partenza e mai avrebbe voluto che intraprendesse l’attività di scrittrice, poco consona per quei luoghi. C’è poi il giorno-vigilia della consegna del Nobel, in un grande albergo di Stoccolma, ce lo immaginiamo un po’ Jugendstill, dove insieme al marito ricevono nella bellissima camera da letto un giovane cronista del luogo. Poi Fois ce la propone nell’anticamera di un radiologo in attesa di quello che sarà il referto fatale, quello che dovrà scrivere la sua fine biologica».

AUTOBIOGRAFIA. Ancora il regista: «Senza essere agiografico, Fois riporta in vita la scrittrice. Dalle testimonianze e dalla vasta bibliografia sulla scrittrice, dalla sua autobiografia, Cosima, Fois riesce nell’impresa mirabile di fare tornare in vita, seppur nello spazio di un palcoscenico, la scrittrice. Nella versione teatrale l’interpretazione di Michela Murgia è semplicemente esemplare: il fil rouge che nella recitazione esalta una donna moderna, coraggiosa». Mereu insiste molto sulla modernità e attualità della Deledda: «È stata una femminista, se ci fossero stati i social, da Nuoro o da Roma, da Cervia o da Stoccolma, avrebbe potuto guidare il Mee Too dei primi anni del secolo scorso contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne.Avrebbe firmato hashtag di successo. Era una donna non solo intraprendente, autonoma ma coraggiosa, non temeva le critiche.

SASSARI E BOLOGNA. Mereu nasce a Dorgali, lì studia prima di trasferirsi a Sassari dove frequenta il liceo classico Canopoleno, a Bologna il Dams, a Roma il centro sperimentale di cinematografia. Eccolo parlare del ruolo della Deledda nel cinema. Cita le analisi di Sergio Naitza. Perché è la Deledda, nata a Santu Predu nel settembre 1871, la Deledda delle dame Pintor e di Marianna Sirca, di Elias Portolu e di Cosima, dei Colombi e degli Sparvieri, l’inviata speciale nei costumi sociali di Orune e Galtellì, è la Deledda barbaricina a diventare la prima donna multimediale al mondo.

CON LA DUSE. È grazie alla Deledda che il cinema può arrivare in Sardegna. Col muto “Cenere” del 1916 e interpretato da Febo Mari, il cinema usa la letteratura con l’attrice teatrale Eleonora Duse. Il film, ambientato a Fonni, per motivi economici viene girato nelle Valli di Lanzo, Alpi piemontesi. Mereu: «Con l’interpretazione della Duse si hanno le ricostruzioni di un mondo esotico, primigenio. Assomigliano più alle pitture che Gauguin ha riportato da Thaiti che alle immagini che il cinema, appena quindicenne, ci proponeva. Vedrete muretti a secco, uomini con stravaganti cappelli, vestiti di stracci, uguali a quelli che racconta Balzac quando scrive alla sua amica, Madame Hanska, di quel suo triste viaggio in Sardegna, in visita alle miniere che un amico inopinatamente gli ha fatto acquistare all’Argentiera».

ISOLA FOLK. «Dopo “Cenere” – spiega ancora Mereu – vediamo solo riduzioni cinematografiche, tratte o ispirate alle opere della Deledda. Si sdraiano su questa formula di Sardegna primordiale anche quando, a percorrerla, ci sono registi di grande mestiere come Augusto Genina (“L’Edera”) o Aldo Vergano (“Amore rosso”). Siamo lontani dalla modernità di rivisitazione, dalla freschezza di “Con amore”, Fabia di Maria Teresa Camoglio. La Sardegna era ai confini con l’Arcadia». Qualche eccezione? «Il primo forse a discostarsi da quell’immaginario è Mario Monicelli. Con “Proibito”, di pura ispirazione deleddiana, fa un film diverso, approdando con “La madre” a una sorta di melodramma made in Hollywood. Bisogna attendere Vittorio De Seta con “Banditi a Orgosolo”. Ma l’apripista sarda per il cinema è stata la Deledda. Cosa potrebbe diventare un romanzo come “La madre”, che ha ispirato “Proibito”, nelle mani di un regista come Almodovar? Giro l’interrogativo a quei pochi detrattori che si ostinano a pensare che la Deledda sia un ferrovecchio».

FORESTIERI. All’ingresso della città una grande scritta “Nùoro, Città di Grazia Deledda”. Era ora. Cinque parole per i forestieri e per i nuoresi. Alla Solitudine il monumento di Maria Lai dedicato alla jana di “Canne al vento”: il portale Geografie e dieci monoliti istoriati in cemento bianco vibrato, «tenere per mano il sole» per «smontare certezze» e «ricreare equilibri» e promuovere «incontri d’arte», violini e flauti con reading deleddiani o di Salvatore Satta, tutti in silenzio da dove la Deledda era nata e dove oggi riposa. Perché «Grazia – aveva detto Mannironi – è figlia di un patrimonio intellettuale e di ricchezze morali».

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative