La Nuova Sardegna

Gli universi di Aldo Contini Alchimie razionali dell’arte

di Paolo Curreli
Gli universi di Aldo Contini Alchimie razionali dell’arte

Sabato a Oristano prima retrospettiva sul pittore sassarese a 10 anni dalla morte Giannella Demuro: «Il percorso creativo di uno dei massimi artisti sardi»

20 novembre 2019
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SASSARI. La pinacoteca Carlo Contini di Oristano inaugura sabato 23 alle 18 la prima retrospettiva (a dieci anni dalla scomparsa) dedicata ad Aldo Contini (Sassari 1924-2009). “Uno dei massimi artisti contemporanei che la Sardegna abbia espresso negli ultimi 70 anni” sottolinea la presentazione della mostra curata da Ivo Serafino Fenu e Giannella Demuro, una definizione che precisa lo spessore del lavoro di Aldo Contini e della sua traiettoria creativa, partita negli anni Cinquanta, quando Contini abbandona gli studi di ingegneria per diventare il braccio destro di Eugenio Tavolara e condividere uno dei momenti più originali e fertili – dalla tradizione all’innovazione – del nascente design sardo con l’idea dell’Isola. Da quel momento il lavoro di Contini sarà un crescendo di ricerca e sperimentazione.

«Aldo Contini è stato un protagonista trasversale che ha incrociato i vari percorsi artistici dell’isola – precisa Giannella Demuro –. Con uno sguardo e un’attenzione da grande intellettuale sul mondo, che ha ispirato il titolo della mostra: “Alchimie della ragione”. Scorrendo per la prima volta le cartelle dell’archivio nel suo studio abbiamo scoperto un percorso ricchissimo di spunti e osservazioni». Contini dopo l’esperienza dell’Isola insegna dal 1962 nell’Istituto d’arte diretto da Mauro Manca, artista che porta per primo nell’isola l’informale, è questo contatto che fa abbandonare a Contini il realismo sociale dei suoi esordi pittorici, per portarlo a condividere l’atmosfera di sperimentalismo di cui sarà sempre protagonista, fondando il Gruppo della Rosa nel ’76. Ancora un cambio di registro con l’atmosfera pop delle sue “Stagnole” e i “Teatrini” che interrompono e si liberano dalla forma “quadro” per irrompere nel mondo esterno con un concettuale poetico ed essenziale. Il percorso ritorna alla pittura “morandiana” con i tubetti delle “Tautologie”(1977-79). Lo sguardo di Contini sulla pittura si affianca a quello di artisti internazionali come Cy Twombly (per citarne solo uno), sperimenta e percorre sentieri personali ma sempre aggiornati.

Partenze e ritorni che stupivano sempre chi lo conosceva solo attraverso le esposizioni delle sue opere. «Il percorso di Contini è sempre coerente. Apre diverse porte, ma attraversando sempre il suo corridoio personale – spiega Giannella Demuro –. Come amava ripetere, con la sua ironia: “in arte si può fare tutto e il contrario di tutto. L’importante è non crederci”». Dopo la figurazione e l’informale, Contini si concentra sul gesto libero con una pittura di matrice gestuale per arrivare, infine, a una produzione precisa e concettuale con le sue tavole di legno. È in quest’ottica che crea la serie dei “Magnificat” negli anni ’90. «Come icone bizantine o le Maestà di Duccio e Giotto – spiega Demuro –. Complesse costruzioni che richiamano Dürer e il suprematista Malevic, per arrivare alla tradizione dei retabli sardo-catalani. Dei “retabli domestici”, che si pongono in un tempo sospeso e metafisico. Il testamento spirituale, caratterizzato da un’ostinata laicità delle “tavole”, croci irregolari o frutto di assemblaggi modulari, ricoperte di foglia d’oro e d’argento, che rifrangono la luce che cambia e che si intreccia con la mutazione lenta e costante dell’oro falso e dell’argento vero, che tendono a divenire sempre più scuri col tempo». La mostra si avvale, oltre che della curatela di Fenu e Demuro delle scenografie di Mattia Enna, propone oltre 70 opere messe a disposizione della famiglia dell’artista, preludio di una più articolata esposizione che si terrà a Sassari, città natale di Contini, nel 2020.



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