La Nuova Sardegna

Angioy, un leader nel secolo delle rivoluzioni

di OMAR ONNIS
Un murale a Orgosolo con la figura di Angioy
Un murale a Orgosolo con la figura di Angioy

Da venerdì in edicola il volume sulla vita del protagonista delle lotte anti-feudali in Sardegna curato da Omar Onnis

04 dicembre 2019
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Proprio nel 1751, anno in cui nasceva in Sardegna – a Bono, in Goceano – Giovanni Maria Angioy, a Parigi cominciava la pubblicazione della grande “Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers”, un’opera collettiva che a buon diritto può sancire un “prima di” e un “dopo di”. Ma il 1751 è anche l’anno in cui il naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus (Linneo) pubblicò la sua “Philosophia botanica”, in cui fissava la già teorizzata classificazione tassonomica binomiale e la rendeva popolare negli ambienti scientifici. Fatti che attestano l’affermarsi di metodi e prospettive epistemologiche sempre più autonomi dall’egemonia religiosa e dal principio dell’auctoritas, con inevitabili conseguenze nell’armamentario mentale delle classi istruite delle popolazioni europee e nella sfera politica.

ETICA E POLITICA

La borghesia, infatti, sia quella propriamente detta sia quella intellettuale, era anche la classe sociale più dinamica e desiderosa di aprire i sistemi economici e gli ordinamenti giuridici alla propria partecipazione attiva. Il controllo delle vecchie aristocrazie e della Chiesa sui beni immobili, specie laddove esistevano ancora forme più o meno marcate di ordinamenti feudali, era sempre meno accettato, considerato puramente parassitario, non giustificato da alcuna legge di natura e discutibile sul piano delle leggi umane. La critica agli assetti dell’Antico Regime divenne dunque sempre più esplicitamente politica, oltre che etica e filosofica. A maggior ragione in un’epoca in cui si scambiavano troni e territori come fossero pezzi di un gioco da tavolo e si usavano i popoli come meri fornitori di risorse economiche e di carne da cannone. In Italia, in particolare, Carlo Emanuele III di Savoia aveva consolidato i propri possedimenti e guardava con insistenza alla Lombardia, alla Liguria e all’Emilia come a zone di possibile espansione. Gli Asburgo d’Austria avevano mantenuto, sia pure a fatica, una propria egemonia sull’Italia settentrionale e sul Granducato di Toscana.

IL MEDITERRANEO

In questo quadro movimentato la Sardegna non rientrava se non marginalmente. Le vicende politiche e belliche internazionali avevano poco riverbero sull’isola, in virtù della sua contingente estraneità ai fatti di guerra principali, allora prevalentemente concentrati sul continente europeo o relativi ai possedimenti coloniali fuori dal Mediterraneo. Gli stessi eventi che scuotevano la vicina Corsica non ebbero apparente eco in Sardegna, benché sicuramente fossero noti. Sul Mediterraneo, in effetti, era andata imponendosi la supremazia britannica e ciò ne aveva in qualche modo stabilizzato le vicende. La Sardegna dunque in questa lunga fase non ebbe un peso strategico fondamentale e – a parte le continue scorribande dei pirati barbareschi, sempre temibili – fino all’ultimo decennio del secolo XVIII restò esclusa dalle mire di conquista delle varie potenze europee. Il che naturalmente non significa che gli effetti indiretti dei conflitti non si facessero sentire, in termini di disponibilità maggiore o minore di beni di consumo, di difficoltà nei traffici marittimi, di imposizione fiscale, di notizie.

IL NORD AMERICA

Il mondo intanto si avviava verso una svolta decisiva. Mentre in Inghilterra prendeva avvio la prima rivoluzione industriale, grazie alla precoce privatizzazione delle terre – che nell’Antico Regime, quasi ovunque, erano per lo più una proprietà indivisa delle varie comunità rurali – e alla forza economica delle compagnie commerciali britanniche, proprio uno dei possedimenti oltre-oceanici del Regno Unito si ribellò, dichiarandosi indipendente. Si trattava delle tredici colonie nord-americane. Il conflitto con la madre patria si risolse nel 1783 con il riconoscimento da parte inglese degli Stati Uniti d’America. La Francia aveva sostenuto, economicamente e militarmente, la ribellione delle colonie americane. Un colpo inferto al rivale inglese.

LA SVOLTA EPOCALE

Ma per le finanze statali francesi fu un colpo ancora più duro, in un periodo di difficoltà economiche generalizzate. Difficoltà economiche che esplosero soprattutto a causa delle grandi eruzioni vulcaniche islandesi del 1783, lo stesso anno della nascita ufficiale degli Usa. L’economia europea, benché in crescita, era ancora fragile e soggetta a oscillazioni improvvise a cui non era in grado di rispondere adeguatamente. In questa circostanza, le difficoltà del settore agricolo, ancora largamente dominante, sempre sottoposto a un fiscalismo rapace, produssero disordini e rivolte nelle campagne e un generale stato di fibrillazione sociale in molte aree d’Europa e del Mediterraneo. Le tensioni sociali che sfociarono nella Rivoluzione francese del 1789 non erano dunque una prerogativa francese. Si trattava di robusti nodi storici che venivano al pettine. In Francia trovarono il punto di minor resistenza e generarono i prodromi di quel salto di fase storica che oggi identifichiamo nel passaggio dall’età moderna propriamente detta all’evo contemporaneo.

IMPERI IN CRISI

E’ vero infatti che la stagione delle rivoluzioni si chiuse, dopo la sconfitta definitiva di Napoleone, col tentativo anacronistico di ripristinare la situazione antecedente il 1789 – tentativo a cui fu dedicato il Congresso di Vienna, 1814-1815 – e con l’ultima grande crisi produttiva e sociale europea. Ma da tale crisi emerse l’Europa contemporanea, ormai priva di rivali internazionali all’altezza. I grandi imperi extra-europei – quello ottomano, quello cinese, quello indiano, quello persiano – erano ormai entrati o stavano entrando, quale più quale meno, in una fase di decadenza da cui non sarebbero più usciti. L’Europa si presentava al nuovo secolo forte della rivoluzione industriale e protagonista della grande transizione demografica contemporanea. Era l’Europa dei nazionalismi, del Romanticismo, del razzismo scientifico, del colonialismo, fucina di ideologie e soluzioni politiche che avrebbero da lì in poi, nel bene e nel male, dominato il mondo.

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