La Nuova Sardegna

Isa Danieli, da De Filippo alla Wertmüller

di Alessandro Pirina
Isa Danieli, da De Filippo alla Wertmüller

L’attrice in tournée in Sardegna: «Eduardo mi ha iniziato al teatro, con Lina ho vissuto la grande avventura del cinema» 

22 gennaio 2020
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CAGLIARI. Isa Danieli è una signora del teatro. Di quelle con la S maiuscola. Figlia d’arte, ha esordito ragazzina con Eduardo, salvo poi passare all’avanspettacolo e alla prosa. Più avanti è arrivato il cinema grazie all’incontro con Lina Wertmüller. Poi Monicelli, Scola, Tornatore la vuole in “Nuovo cinema paradiso”, ma il grande amore di Isa Danieli resta il teatro. Ed è con lo spettacolo, “Le signorine” - dove recita al fianco di Giuliana De Sio, un’altra regina del palcoscenico - che oggi ritorna nell’isola, al Teatro Massimo di Cagliari, all’interno della stagione del circuito Cedac. Da oggi a sabato lo spettacolo andrà in scena alle 20.30, mentre domenica alle 19. Venerdì, invece, alle 17.30 le due attrici, moderate da Gianfranco Capitta, incontreranno il pubblico nella sede della Fondazione Sardegna.

A volerla al suo fianco è stata Giuliana De Sio.

«È vero. È uno spettacolo che nasce da un testo che ha trovato Giuliana. Quando l’ha letta ha pensato subito potessi affiancarla io. La produzione mi ha chiamata, mi ha mandato il testo, a me è piaciuto ed eccoci qua».

“Le signorine” è una pièce in cui si ride molto, ma non solo.

«È una commedia divertente, soprattutto nel primo tempo. Le due protagoniste sono due sorelle rimaste sole, tutte e due zoppe. All’inizio non è molto comica ma lo diventa, perché a queste due donne che vivono da tutta la vita nella stessa casa, lavorano nello stesso negozio, devono per forza accadere dei fatti, che diventano anche comici. Anche se più tardi arriva anche una parte drammatica, ma preferisco fermarmi qui».

Cosa l’ha colpita di questa storia tratta da un testo di Gianni Clementi?

«La bellezza sta proprio nel fatto che quello che avviene nel secondo tempo è molto diverso dal primo. È uno spettacolo che fa ridere, ma fa anche commuovere, pensare. Pensiamo a quante famiglie vivono nella solitudine: una mamma e un figlio, due fratelli, o appunto due sorelle. Mi è piaciuto subito il mio personaggio, mi è piaciuto il testo. E poi c’è un bravo regista come Pierpaolo Sepe».

A teatro ha esordito giovanissima con De Filippo: cosa ha rappresentato per lei Eduardo?

«Ho cominciato con lui, perché quando ero ragazzina - e parliamo di 65-66 anni fa - facevo un altro tipo di teatro, che si chiamava la “sceneggiata”. Un autore scriveva una commedia basandosi sul testo di una canzone che aveva avuto successo, a cui poi venivano aggiunti altri elementi. Io sono nata lì, perché mia madre faceva quello con altri straordinari attori. Purtroppo la “sceneggiata” è andata a scomparire. Poteva essere ancora straordinaria da recitare, ma l’hanno fatta finire».

Com’è avvenuto il passaggio dalla “sceneggiata” a Eduardo?

«Io facevo tre spettacoli al giorno ed era molto pesante. A un certo punto sentii parlare di questo grande attore, proprietario del Teatro San Ferdinando, che invece faceva uno spettacolo al giorno e questa cosa mi colpì parecchio. Ma soprattutto cominciai a intravedere che il teatro non era solo quello che facevo io. Così scrissi una lettera a Eduardo come fossi chissà chi e gli dissi che mi sarebbe piaciuto avere un posto nella sua compagnia. Lui magari non mi avrebbe mai risposto, ma una ragazza si ammalò di appendicite e così mi chiamò. La commedia era “Napoli milionaria”. Ricordo che feci il provino e la sera stessa andai in scena. Così sono entrata nella compagnia di Eduardo».

Dopo quattro anni però se ne andò.

«Volevo fare altro. Lui era straordinario, ma ero giovane e volevo cantare, recitare. Ai tempi canticchiavo appena, ma poi ho imparato tutto e mi è servito anche nella prosa. E così ho fatto per anni avanspettacolo con Nino Taranto. Poi sono tornata con Eduardo. Ho lavorato sempre con i più grandi, da Strehler a De Simone».

Nella sua carriera c’è anche tanto cinema. In una intervista alla Nuova Lina Wetmüller l’ha inserita tra i suoi attori prediletti insieme a Loren, Giannini, Melato e Degli Esposti.

«Mi fa un enorme piacere. Se con Eduardo ho iniziato il teatro, con Lina ho cominciato il cinema. Era “Film d’amore e d’anarchia”. Non ero più giovanissima, avevo 32-33 anni. Stavo lavorando con Eduardo all’Eliseo. Andai a fare un provino ma non c’erano battute. Lina fu molto sincera: “non so cosa devi fare, siete tutte prostitute, non ho scritto tutto per tutte, bisogna inventare”. Sapeva che io sapevo cantare e mi ha messo una chitarra in mano: “ora canta”. Abbiamo legato subito, ho girato con Lina nove film, ma l’amicizia si è rinforzata soprattutto grazie a quello che a tutte e due è caro più di ogni cosa: il teatro. Per me Lina ha scritto un testo meraviglioso: “Amore e magia nella cucina di mamma”».

Cos’ha provato alla notizia dell’Oscar a Lina Wertmüller?

«È stato il coronamento della sua carriera, lei lo aveva già sfiorato per “Pasqualino Settebellezze”. Forse se ne dovevano ricordare un po’ prima».

Napoli è una delle città più belle del mondo, ma spesso se ne parla in termini non proprio positivi. Ci soffre?

«Ci soffro sì. Quando le stesse cose accadono in altre città gli si dà meno risalto. Siamo destinati a questa fama. Ma ci vorrebbe maggiore rispetto».

È stata tante volte in Sardegna: ha ricordi particolari?

«La Sardegna per me è innanzitutto il mare. Ogni anno io e mio marito raggiungiamo degli amici che stanno a Olbia, a Capo Ceraso: una meraviglia. Quanto al teatro ricordo sempre un pubblico calorosissimo».

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