La Nuova Sardegna

Una figura amata da molti, tra falsi e polemiche

Una figura amata da molti, tra falsi e polemiche

La chiusura dell’esposizione di Genova nel 2017 e la famosa beffa delle teste ritrovate nel canale

23 gennaio 2020
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SASSARI. L’ultimo capitolo che vede la (grandissima) opera di Modigliani al centro di polemiche, falsificazioni e truffe è la chiusura della mostra del 2017 al Palazzo Ducale di Genova da parte dei carabinieri al seguito di una inchiesta dell’Fbi che smascherò una rete internazionale di falsi. Ma quello che resta nella memoria nazionale fu la “beffa” del 1984, che suscitò clamore anche al di fuori del mondo della storia dell’arte. Era il centenario della nascita e gli studiosi di Modì presero la decisione di dragare il “Fosso reale”, il canale d’acqua marina di Livorno, alla ricerca di tre teste scolpite dall’artista giovane e, secondo una diceria, da lui buttate perché “troppo brutte”.

Le teste vennero davvero rinvenute e importanti storici si divisero sull’attribuzione. «Sono brutte, ma vere» dissero Giulio Carlo Argan, Dario e Vera Durbè e Cesare Brandi. Trascinati dalla eccezionalità della scoperta. «Sono oltremodo brutte e pure false» fu la posizione, invece, di Federico Zeri. La verità era che l’anticipo dell’operazione di recupero aveva stimolato la proverbiale attitudine allo scherzo dei livornesi. Mentre il catalogo della mostra sul centenario della nascita era già in stampa, con lo storico ritrovamento, tre ragazzi livornesi portarono alla redazione di Panorama le foto che li ritraevano mentre “scolpivano” una testa col Black & Decker. Per lo scoop chiesero 10 milioni di lire. Primo effetto, l’acquisto di una pagina da parte della azienda dei famosi trapani sulle principali testate con la scritta: “Tutto è facile con Black & Decker”. Secondo effetto, la replica degli studiosi: «Troppo poco tempo per farle». Smentita dall’ospitata in tv dei giovanotti che rifecero in pochi minuti la loro opera.

Restava il dilemma delle altre due teste: chi le aveva fatte? Federico Zeri lanciò un appello in tv e saltò fuori uno sconosciuto artista livornese, Giacomo Froglia: «Le ho fatte per criticare il mercato dell’arte» disse. Nobile motivazione che fu alla base di un docu-film che ebbe una certa notorietà, anche se Froglia morì poco dopo. Tutta la vicenda creò parecchi luoghi comuni, tra attribuzioni (chi ha fatto cosa) e storia (molta arte prodotta viene ripudiata dagli autori). Altre teste saranno ritrovate nel 1991. Per alcuni sono vere. Il catalogo “sbagliato”, che da per vere le sculture, è oggi un rarissimo pezzo ricercato dai bibliofili. (p.cu.)

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