La Nuova Sardegna

cinema

di Francesco Gallo

BERLINO. “Volevo solo nascondermi” di Giorgio Diritti, in concorso per l’Italia al Festival di Berlino e in sala dal 27 febbraio, è esattamente come ce lo si aspettava: un film classico,...

22 febbraio 2020
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BERLINO. “Volevo solo nascondermi” di Giorgio Diritti, in concorso per l’Italia al Festival di Berlino e in sala dal 27 febbraio, è esattamente come ce lo si aspettava: un film classico, filologicamente inappuntabile e con il valore aggiunto di Elio Germano nei panni di un Ligabue sincopato e ricco di artistici grugniti. Non solo, da parte del regista emiliano anche una grande attenzione alla biografia del pittore, sempre alle prese con la sua follia, e poi tante rassicuranti immagini di paesaggi, natura e animali. Tra le molte difficoltà di Germano, che ha vestito i panni di Antonio Costa conosciuto come Ligabue, anche quella di confrontarsi indirettamente con la storica e indimenticabile interpretazione di Flavio Bucci, appena scomparso, che aveva interpretato nel 1977 il pittore naif in una serie tv in tre puntate a firma di Salvatore Nocita.

Chi era mai Ligabue noto anche in Italia come “El Tudesc”? Affetto da gotta, rachitismo, psicolabilità e soggetto ad attacchi di furia tanto violenti da richiedere più volte il ricovero psichiatrico, era figlio di una donna italiana migrata in Svizzera. Affidato poi a una coppia del posto, con la quale matura rapporti di amore e odio, a un certo punto Ligabue si ritrova ad aggredire la madre adottiva tanto da venir espulso dalla Svizzera. Arriva così finalmente in Italia, a Gualtieri in provincia di Reggio Emilia, dove inizialmente vive come un barbone sulle rive del Po.

È qui che inizia davvero a dipingere, soprattutto animali come leoni, giaguari, gorilla e tigri, ma su uno sfondo a stridere, quello dei pioppi e delle banchine del fiume Po. Ed è ancora qui che incontra lo scultore e pittore Renato Marino Mazzacurati che lo introduce al mondo dell’arte. Nel film, oltre alla puntuale ricostruzione d’epoca, c’0è la bravura di Elio Germano specie nel raccontare questo artista bambino sia nella disgrazia che nel tardivo successo. Ed è allora che Ligabue, ormai oggetto di mostre e complimenti, ostenta con fare infantile di avere un’auto con autista, una collezione di amate moto. E lo fa con quelle donne che quasi sempre gli negano un bacio. «Ognuno di noi è un po’ Ligabue – dice il regista –, la sua storia di carenze affettive e la sua lotta per esistere ci accomuna a lui, a quest’uomo che ha lottato tanto per essere felice. Elemento importante poi – continua Diritti – è che era un diverso e in questa sua folle dimensione artistica c’era tutta la sua voglia di riscatto». Comunque, conclude: «Ho raccontato il tutto ricostruendo quell’epoca al meglio possibile perché questo personaggio potesse muoversi come in una fiaba amara».

Per Elio Germano, in concorso a Berlino anche con 'Favolaccè dei fratelli D'Innocenzo, nessuna identificazione di troppo: «Cerco sempre di distaccarmi dai personaggi che interpreto - dice - e in Volevo nascondermi la cosa difficile è stata la lunghezza del trucco e il clima dei set. Dovevo infatti indossare due tre paia di pantaloni e altrettante giacche. Del Ligabue di Bucci – aggiunge – non ho visto nulla, ho cercato solo di fare pulizia, di approcciarmi al personaggio in maniera vergine». Chi era Ligabue? «Un uomo che si trovava più a sua agio con gli animali – conclude Germano – e che faceva fatica a metter su anche due parole. Per fortuna si sapeva esprimere con la pittura e dando forma al fango».

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