La Nuova Sardegna

Mauro Manca, l'avanguardia sbarca nell’isola

di EMANUELA MANCA*
Mauro Manca, l'avanguardia sbarca nell’isola

Con La Nuova la nona monografia Il pittore sassarese con lo sguardo sul mondo

26 marzo 2020
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Avvenimento ricco di conseguenze quello che ebbe luogo a Nuoro nel 1957 con la prima Biennale d’arte. Quell’anno, una giuria composta, tra gli altri, da Mario Delitala, artista della tradizione ma evidentemente aperto al nuovo, assegna il Premio Sardegna a Mauro Manca per “L’ombra del mare sulla collina”: «opera felice per intensità emotiva di evocazione lirica di un paesaggio severo e affettuoso insieme, che la memoria ha conservato come una rimembranza di cari luoghi e di lontani giorni, e ora restituita da una meditata cultura figurativa moderna, intimamente legata per radici di sentimento a una realtà della vita e della natura».

L’opera astratta di matrice cubista, oggi conservata al Man, viene unanimemente interpretata come un passaggio cruciale per l’ingresso della Sardegna negli orizzonti della modernità, e segna un netto spartiacque tra le esperienze figurative e quelle astratte riconoscendo piena legittimità a queste ultime. Le diverse tendenze continueranno a coesistere dando luogo a un panorama variegato e vitale. In questa intensa dialettica fra tradizione e innovazione Mauro Manca giocherà un ruolo chiave nella diffusione dei nuovi linguaggi soprattutto in seguito al suo successivo trasferimento a Sassari come direttore dell’Istituto Statale d’Arte.

A Roma era entrato in contatto con gli ambienti artistici della capitale frequentando gli studi di Severini, Marinetti e Capogrossi, si era dedicato all’analisi della pittura tra postimpressionismo e fauvisme e aveva maturato un’attenta riflessione su Picasso e Matisse.

La reazione della critica alla sua prima esposizione romana non era stata però positiva: lo scoppio della seconda guerra mondiale aveva indirizzato gli artisti verso un’arte a tema sociale, fu perciò sottolineata l’inattualità della sua ricerca, orientata al contrario verso una restituzione simbolica del mondo. Risolutamente convinto delle proprie posizioni e sempre in prima linea aveva firmato l’ “Antimanifesto della giovane pittura italiana” - in aperta contrapposizione all’articolo di Togliatti sulle pagine di “Rinascita” sul realismo in arte - in cui si reclamavano più ampi spazi di libertà individuale per gli artisti, contro ogni forzatura ideologica. Partecipa a importanti rassegne al fianco di Guttuso ed è incluso da Lionello Venturi tra gli artisti più rappresentativi nella mostra “Nuove tendenze dell’arte italiana”, organizzata alla Rome-New York Art Foundation nell’estate del 1959. Nello stesso anno si trasferisce definitivamente in Sardegna.

All’interno della scuola che dirige si concentra sull’attività didattica con l’obiettivo di modernizzare l’indirizzo pedagogico dell’Istituto, favorendo il settore delle arti applicate e attivando una duratura collaborazione con l’ISOLA (Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano). La scuola diventa un centro propulsore delle tendenze d’avanguardia e un attivissimo laboratorio; chiama intorno a sé come docenti i più promettenti tra i giovani artisti: prima Aldo Contini e Paolo Bullitta, poi, negli anni seguenti, Antonio Atza, Zaza Calzia, Nino Dore, Nicolò Masia, Salvatore Coradduzza, Angelino Fiori, Paola Dessy, Giovanna Secchi. Nel 1961 si presenta con un gruppo ristretto di giovani artisti denominato Realtà Nuova alla III Mostra Regionale d’Arte di Cagliari con opere «sperimentali» che intendono «superare la crisi che involve il campo delle arti visive, succube del folklore e del dilettantismo». L

’evento darà vita a una sorta di alleanza tra il fronte di rinnovamento sassarese e quello cagliaritano raccolto intorno alle esperienze di Studio 58 e del Gruppo di Iniziativa Democratica. Sono per lui anni caratterizzati da una costante attività di sperimentazione sui materiali moderni e di progressiva adozione di materie composite come oli, smalti, gessi, uniti a sabbie, colle, catrame e metallo in opere spesso coeve ma diversissime, esempio dell’incessante metamorfosi stilistica e della molteplicità di tecniche adottate. La vocazione sperimentale della sua ricerca si traduce in un nomadismo figurativo che accoglie suggestioni metafisiche, spunti surrealisti, esperienze espressioniste, geometrie neocubiste fino alla rilettura in chiave nuragica del primitivismo picassiano, per arrivare all’informale materico, suo ultimo e definitivo approdo.

Mauro Manca ha contribuito fortemente a orientare il nuovo corso dell’arte in Sardegna ma è necessario soprattutto ricordare la sua figura di artista carismatico, eclettico e poliedrico perfettamente inserito in coordinate internazionali, perciò ben vengano pubblicazioni come questa che ne rinnovano la memoria.

*Storica dell’arte e curatrice, collabora con il Man e ha studiato in maniera particolare il Novecento sardo.

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