La Nuova Sardegna

Coronavirus, il premio David si fa: «Un segnale per far ripartire il cinema»

ALESSANDRO PIRINA
Piera Detassis
Piera Detassis

Parla Piera Detassis presidente e direttrice artistica dell'Accademia del cinema italiano che ha fortemente voluto la cerimonia: su Raiuno l’8 maggio in diretta e in prima serata

01 maggio 2020
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Sale chiuse sine die, produzioni cancellate, festival sospesi, addetti ai lavori dal futuro che più incerto non si può. Il cinema, insieme allo spettacolo in genere, è il settore più colpito dalla pandemia. Ogni volta che viene stilata una lista delle eventuali riaperture le sale cinematografiche, i teatri e i concerti sono sempre in fondo. Ultimi degli ultimi. Ed è proprio per questo motivo che la decisione di confermare la cerimonia dei David di Donatello appare come un arcobaleno in un cielo che non riesce a scacciare i nuvoloni. Una scelta voluta fortemente da Piera Detassis, presidente e direttrice artistica dell’Accademia del cinema italiano, che ha spinto affinché la serata di premiazione si svolgesse l’8 maggio - originariamente erano previsti il 3 aprile - in prima serata su Raiuno con la conduzione di Carlo Conti. Una corsa a tre tra “Il traditore” di Marco Bellocchio (18 candidature), “Il primo Re” di Matteo Rovere e “Pinocchio” di Matteo Garrone, entrambi a 15 nomination, con il sardo Igort, al suo debutto dietro la macchina da presa, con “5 è il numero perfetto”, outsider a quota 9 candidature.

I David possono essere considerati la ripartenza del cinema?

«Ripartenza no, ma sicuramente dal David arriva un segnale. I David sono un simbolo e per questo insieme alla Rai e all’Accademia abbiamo voluto mantenere la data della cerimonia. Io non volevo assolutamente rimandare i premi, si sarebbero persi. E non sarebbe stato giusto, anche perché alle votazioni, terminate due giorni fa, hanno partecipato in tantissimi. E non era scontato in questo momento, perché la gente ha altro per la testa. Ma mi sembrava brutto non onorare, celebrare e sottolineare la grandezza del cinema italiano».

Com’è stata l’ultima stagione cinematografica, ovviamente al netto dello stop causa coronavirus?

«È stata una grande annata. Da metà 2019 fino a quando non è arrivato questo maledetto virus. Abbiamo visto un incremento importantissimo degli incassi e della quota italiana. Sembra essere sparita quella disaffezione - di cui si è sempre detto - dello spettatore nei confronti del nostro cinema. È stato un bellissimo periodo sia dal punto di vista della produzione che della distribuzione».

Proprio ieri è stato annunciato il David dello spettatore al film “Il primo Natale”, diretto e interpretato da Ficarra e Picone.

«Un premio alla miglior commedia di qualità, genere fondativo del nostro cinema. Il lavoro creativo di Ficarra e Picone guarda ai modelli alti della commedia italiana, coniugando passione per il racconto, interpreti inusuali, comicità mai ovvia e valorizzazione produttiva e artistica di tutte le professioni del set».

Qual è l’importanza dei David in questo momento?

«Ho voluto fortemente che si tenesse la cerimonia, vincendo anche una certa depressione che mi circondava. Invece, con il supporto della Rai andremo anche in prima serata. Sarà certo un David anomalo, particolare, sicuramente storico, ma sarà soprattutto un omaggio al cinema. Il mio ringraziamento al cinema che mi ha permesso di vivere una vita meravigliosa. Ma soprattutto sarà il segnale che c’è una battaglia da fare, quella per tornare nelle sale. Certo ci vorrà del tempo, saranno necessari tutti i dispositivi di protezione. E su questo sarà fondamentale quello che si farà quest’estate con le arene. Bisognerà fare capire alla gente che si potrà tornare al cinema in maniera sana. Io penso che il film meriti davvero la sala».

La concorrenza della tv però è molto forte.

«Le piattaforme sono meravigliose, producono serie strepitose e anche ottime pellicole, ma i film per avere vita, per essere lanciati hanno bisogno della sala. E soprattutto noi ne abbiamo bisogno. Lo abbiamo capito con il lockdown. Abbiamo la necessità di farci raccontare storie. In questo periodo è come se fossimo in una caverna e sentiamo un fortissimo bisogno di musica, teatro, cinema, storytelling. Quando tutto finirà saremo affamati di questo, ma soprattutto saremo affamati della vicinanza degli altri, anche chi ci sta antipatico lo vorremo vicino».

Come vive la sua quarantena?

«Io continuo il mio lavoro con Hearst e con Elle Italia. Ci siamo inventati una serie di cose che stanno andando molto bene, come i Podcast in cui racconto i dietro le quinte del cinema. E poi i David. Proprio da oggi sul sito e sui social tutti i protagonisti del David, da Benigni a Servillo, si raccontano. Metà interviste e metà videoselfie in modalità quarantena».

Il festival di Cannes è stato annullato dopo diversi tentativi di rinvio, Venezia per ora è confermato. Il cinema sta lottando per non arrendersi al coronavirus.

«Guai se ci arrendiamo, noi come qualsiasi settore. Bisogna essere molto prudenti, distanziati, con la mascherina. Mi infastidisce parecchio chi esce senza, io disinfetto anche le suole delle scarpe. Ma non bisogna cedere alla depressione, io dalla mattina alla sera cerco di fare questo, fatico con il telelavoro, ma bisogna sempre avere un obiettivo e pensare che si può raggiungere. Altrimenti il Paese chiude».

Ma questa estate ci sarà spazio per festival e arene?

«Ci stanno lavorando tutte le associazioni del settore, che poi dovranno ovviamente adeguarsi ai decreti del governo. Ci sono dei progetti di costruire un protocollo di sostenibilità per arene e spettacoli all’aperto - non drive in, tengo a sottolineare - come è già stato fatto per opera e teatri. In modo da poter immaginare d’estate quel momento di passaggio che riporti fiducia e serenità - e anche curiosità - nel pubblico, per poi transitare verso settembre».

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