La Nuova Sardegna

“Riccino e Riccetto”, Gramsci e i bambini

di Giulia Clarkson
“Riccino e Riccetto”, Gramsci e i bambini

Mercoledì a Cagliari la presentazione del libro curato da Rita Atzeri e illustrato da Eva Rasano

20 luglio 2020
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Antonio Gramsci, familiarmente Nino. Un prisma che rimanda un arcobaleno di possibilità esplorative per ognuna delle sue molteplici sfaccettature. Tra queste, anche il versante che sceglie di incanalare la forza integerrima dei valori dell'intellettuale di Ales nel pubblico più ricettivo, aperto e curioso di ogni altro: i bambini.

Esperienza bruciante.

Il Gramsci recluso ha due figli: Delio, conosciuto solo per brevi periodi e Giuliano, con cui non si sono mai incontrati, a cui indirizza i valori di un'educazione che il carcere gli impedisce di esercitare di persona. E un'esperienza bruciante sulla pelle: la prigionia di suo padre – e dunque la sottrazione del genitore alla sua stessa infanzia – nascostogli dalla madre, motivo di grande sofferenza che lo porterà a rivendicare con forza il diritto a conoscere la verità. Da qui nasce il bisogno di trovare anche un linguaggio adeguato alla prima età, che è quello della fiaba, del mito, della metafora, pur tenendo salda e ferma la dimensione intellettuale.

Il grande melo.

Dai racconti dell' “Albero del riccio”, raccolti dalle lettere per i figli, esce in questi giorni per Condaghes (sarà presentato a Cagliari mercoledì 22 luglio ore 17.30 alla Biblioteca dei Ragazzi della Città metropolitana di via Cadello) il libro “Riccino e Riccetta”, scritto da Rita Atzeri e illustrato da Eva Rasano nell'ambito del Progetto GramsciLab 5.0, realizzato con fondi dell’Unione europea per iniziativa della Regione Sardegna. Sono gli stessi piccoli ricci catturati di notte dal giovanissimo Antonio e da suo fratello e allevati sotto il grande melo nel giardino di casa a raccontare tra le righe, in un susseguirsi di incontri con altri animali e oggetti parlanti, il suo pensiero pedagogico. Dialoghi da cui emergono i temi fondamentali della libertà, uguaglianza, democrazia, rispetto dell’altro.

I nipotini.

«Il nostro desiderio era quello di far sì che Gramsci non fosse semplicemente un nome della toponomastica o una stampa su una maglietta», dice l'autrice che con la stessa fiaba ha debuttato lo scorso 2 luglio, sul palco di Casa Saddi a Pirri, in una nuova produzione de Il crogiuolo interpretata da Marta Gessa e Antonio Luciano, con costumi e scene di Marco Nateri ispirate alle tavole illustrate di Carla Ruffinelli. «Abbiamo creduto di interpretare il pensiero di Gramsci, che dice che tutto può essere spiegato ad ogni età, proprio per parlare di lui, dei valori diretti ai più piccoli. A loro Antonio Gramsci ha sempre pensato. Si curava e preoccupava dell'educazione e dell'insegnamento che poteva essere impartito a figli e nipoti. Noi crediamo fortemente, inoltre, che l'educazione alla libertà, ai valori e ai principi della democrazia debba essere costruita nella prima infanzia. È la nostra speranza per un mondo migliore, diverso da quello "grande e terribile" conosciuto dal nostro. Almeno vogliamo provare a realizzare questo sogno».

Diversità, un valore.

Il testo trae spunto inoltre da episodi della vita di Gramsci che, per densità e ampiezza, sono in grado di essere riportate anche all'esperienza dei bambini. La malattia che lo affligge fin dalla più tenera età ad esempio. "I bambini hanno esperienza della disabilità - prosegue Atzeri -: fratelli, amici, compagni di classe o essi stessi in prima persona. Riflettere ed imparare a relazionarsi con la malattia, accogliere le diversità, scoprirne il valore e la ricchezza, sono obiettivi perseguibili anche attraverso l'analisi di come Antonio ha affrontato e convissuto negli anni con la sua malattia."



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