La Nuova Sardegna

 

Il ritorno degli Apollo Beat: «Bello suonare a Sassari davanti a una vera platea»

Il ritorno degli Apollo Beat: «Bello suonare a Sassari davanti a una vera platea»

Il gruppo ritorna sul palco allestito in piazza Moretti il 4 settembre 

02 settembre 2020
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Gli Apollo Beat tornano a suonare a Sassari a distanza di otto mesi dall’ultima volta. Lo fanno con piacere ed entusiasmo, in un concerto vero, con nove persone sul palco, e un pubblico in platea. In uno spazio controllato e con tutte le cautele del caso.

Dovevano suonare alla Unipol Arena di Bologna assieme a James Senese e Napoli centrale, poi il lockdown ha congelato tutto. Nessuna frustrazione, mano agli strumenti e una certezza: ripartire da Sassari sarà ancora più bello, viatico a una nuova stagione di progetti e cose da suonare. «Di questa estate incredibile, segnata dalla cancellazione di tanti spettacoli, resta ormai ben poco: noi il 4 settembre ci saremo e tenteremo di trasportare i nostri spettatori molto molto lontano. Lo faremo con la musica, unico linguaggio normale capace di renderci la vita straordinaria». Pensiero firmato Apollo Beat, band made in Sassari che in formazione completa darà forma all’evento organizzato in piazza Moretti dall’associazione culturale Bulls and Buffaloes e inserito nel quadro di Sassari Estate 2020: patrocinio del Comune, posti limitati, prenotazione necessaria, prevendita attivata presso le Messaggerie e opening del Pièr Piras Trio. “Sfera” è l’ultimo disco della band, uscito per l’ etichetta Irma Records: il disco della maturità, del distacco dai “vecchi” Apollo. Gli entusiasmi della critica hanno gonfiato le vele al progetto aprendo nuove prospettive. C’erano un tour e date importanti in calendario. Poi la pandemia. «Un momento così ti mette alla prova, tutto si è fermato e rimesso in discussione – spiega Giuseppe Bulla –. I concerti si sono spostati sulle piattaforme streaming e la musica dal vivo è diventata liquida, aspetto a tratti affascinante e a tratti ridondante che noi, anche per motivi tecnici abbiamo deciso di non affrontare. Abbiamo preferito aspettare per ritornare su un palco vero. Di fronte a persone in carne e ossa».

Il momento è arrivato. C’è la gioia di tornare sul palco mentre arriva «la fine dell’estate più strana di sempre. Forse perché non è mai iniziata. All’orizzonte il nostro concerto, nella nostra città e davanti ai nostri cari. Il momento che attendevamo da mesi coincide però con questa nuova spiacevole sensazione di ansia da nuovi contagi. E come nel recente passato, a rischiare di fare le spese della situazione è lo spettacolo». La riflessione non è utilitaristica, è ragionata: «Alla festa di compleanno, a casa di amici, ci si abbraccia anche con semisconosciuti e le effusioni fra persone rientrate dalle vacanze non mancano mai; mentre per andare al concerto al quale qualche mese prima si sarebbe andati col sorriso, oggi ci si mette il dubbio e magari si rinuncia. Stavolta trovo irrazionale questa reazione – prosegue –. La sicurezza non si può affidare al solo sentimento, ma poggia su basi scientifiche. Gli spettacoli dal vivo all’aperto, organizzati con le dovute attenzioni e secondo le norme, sono i luoghi più sicuri in cui ritrovarsi: ingressi contingentati con controllo della temperatura, distanziamento nelle sedute per i non congiunti, uso delle mascherine, registrazione delle presenze per eventuali indagini epidemiologiche. Perché privarsi del piacere di fare qualcosa di unico e irripetibile in sicurezza per poi, magari, mettersi realmente a rischio in situazioni che invece si dovrebbero evitare?».

Godere della musica, infine, è la cosa più bella: «La rinuncia, al di là del danno economico, genera un danno emotivo per lo spettatore, dato difficile da quantificare, ma che, sono sicuro, lascia in una comunità dei danni a lungo termine difficili da sanare».

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