La Nuova Sardegna


Isole che parlano: «Il nostro menù a chilometro zero»

Andrea Musio
Isole che parlano: «Il nostro menù a chilometro zero»

Il Festival si svolgerà dal 7 al 13 settembre in Gallura

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]Navigare a vista, sempre pronti a modifiche dell’ultimo minuto e una forte determinazione per portare a termine la ventiquattresima edizione di Isole che Parlano, il festival internazionale allestito da Sarditudine e sotto la direzione artistica di Paolo e Nanni Angeli. Se la situazione dovesse rimanere stabile la manifestazione dedicata alla musica, mostre, laboratori, incontri e proiezioni, si svolgerà dal 7 al 13 settembre in quattro località della Gallura: Palau, Arzachena, Luogosanto e Santa Teresa Gallura.

«La situazione legata all’emergenza Covid in Gallura cambia di giorno in giorno e noi ci stiamo adattando» spiegano i curatori del festival. «Riuscire a chiudere il programma è come muoversi su sabbie mobili. Lo facciamo con un entusiasmo pazzesco e con la gioia di voler fare la manifestazione ma con la consapevolezza che lo scenario in Gallura è talmente incerto, da un giorno all’altro, come è già successo almeno quattro volte, si potrebbe dover trovare nuove soluzioni organizzative. Abbiamo deciso di iniziare l’allestimento nel momento in cui è stato chiaro che le attività potevano svolgersi, anche se in formato ridotto, con un numero massimo di spettatori ben definito».

Che direzione ha preso l’edizione di quest’anno con la scelta del cast?

«Abbiamo puntato su un’edizione un po’ diversa dalle precedenti, quello che eticamente si può definire a Chilometro zero (o quasi). Pur mantenendo il respiro internazionale abbiamo deciso di puntare in tre direzioni. La Sardegna, in questi ultimi anni, ha messo in luce diversi progetti, in parte ancora legati alla scena underground di giovani e giovanissimi. Artisti che hanno prodotto, a nostro parere, delle produzioni bellissime. La seconda direzione è quella del significato dell’essere italiano con produzioni di musicisti emigrati. Un intero filone italiano affiancato da musicisti stranieri già sul territorio nazionale, africani o albanesi, per esempio, per mantenere il concetto multietnico. Il tutto senza prenotare un solo volo aereo. Da noi si viaggia su strada o via mare. Questo anche per mettere in risalto le incongruenze fra le normative rigide applicate al settore cultura e spettacolo e, contemporaneamente, il quasi annullamento del sistema di prevenzione nei trasporti aerei».

Le restrizioni hanno portato ad ampliare il numero di Comuni in cui avete deciso di svolgere la manifestazione?

«La collaborazione con Arzachena è nata diversi anni fa. Siamo stati sommersi da gesti di solidarietà da tante amministrazioni comunali del territorio. È stato veramente bello ricevere così tanta disponibilità. In molti casi abbiamo dovuto rifiutare per sole questioni logistiche. A Palau il rapporto è complicato. Avevamo già scelto le location in base allo scenario naturalistico e archeologico. Successivamente è arrivata la normativa comunale di chiusura degli eventi. Solo un sito, quello della Fortezza di Monte Altura ha i requisiti per poter svolgere i concerti. Tutto il resto è stato riorganizzato e siamo veramente grati alle amministrazioni che ci sono venute incontro e quelle che hanno confermato: una scelta sensibile e coraggiosa. Da parte loro c’è un’assunzione di responsabilità nel mantenere il cartellone. Sarebbe più semplice non rischiare e annullare tutto».

Anche se con tanti sacrifici l’intenzione è quella di andare avanti?

«Quasi tutti gli eventi in Sardegna sono sold out. Per noi è lusinghiero, dopo 24 anni, sentiamo il dovere civico di portarlo avanti pur con tut

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