La Nuova Sardegna

Johnny Dorelli : «Tutta la mia vita un sogno fantastico»

Alessandro Pirina
Johnny Dorelli : «Tutta la mia vita un sogno fantastico»

Esce l’autobiografia del cantante e attore: da New York al festival di Sanremo con Modugno, dal cinema con Risi, Avati e Comencini al teatro

23 settembre 2020
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Che fantastica vita. Così è intitolata l’autobiografia di Johnny Dorelli. E come dargli torto? Davvero pochi artisti possono vantare una carriera piena come la sua, iniziata al seguito del padre Giovanni Guidi, cantante tenore conosciuto come Nino D’Aurelio. I primi passi in America, il trionfo di Sanremo con “Volare”, i caroselli alla Rai, i grandi varietà con le Kessler, Mina e la Carrà, le hit musicali, il cinema con Corbucci, Risi e Steno, la grande fiction con Comencini, il teatro della grande commedia. E un amore sconfinato per la Sardegna, per Porto Rotondo, tanto da decidere di sposare la donna della sua vita, Gloria Guida, nel municipio di Olbia. Che fantastica vita, appunto, che lo showman nato nel 1937 a Milano, ha scritto a quattro mani con Pier Luigi Vercesi, giornalista del Corriere. Un’autobiografia, edita da Mondadori e uscita il 22 settembre, che ripercorre le tappe della sua carriera. Cantante, pianista, attore di cinema e teatro, showman, conduttore televisivo e radiofonico: quale di queste definizioni sente più sua? «Sinceramente non lo so. È difficile definirsi da soli. Io ho sempre cercato di fare cose nuove, diverse. Sono sempre andato alla ricerca di nuovi orizzonti».

Figlio d’arte, si è trasferito da bambino a New York, dove ha mosso i primi passi. Che ricordi ha dell’America anni Quaranta?
«Fu un impatto fantastico. All’inizio ovviamente ero molto spaventato, ma subito dopo ho capito che essere arrivato giovane negli Stati Uniti è stato un grande traguardo».

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Quanta influenza ha avuto l’America sulla sua carriera?
«Tantissima. Lì ho studiato la musica, il contrabbasso, il piano all’High school of music and art di New York. Potevo andare a vedere spettacoli, concerti di grandi pianisti e musicisti. Ero minorenne, ma entravo lo stesso».

Da ragazzino conobbe anche il boss Lucky Luciano.
«Eravamo a Napoli, appena arrivati dall’America. Una amica di mia madre ci invitò a cena e a tavola mi ritrovai Luciano, che era suo marito».

Al suo rientro in Italia si fece conoscere con uno stile diverso da quello in voga in quegli anni: lei era un crooner. Fu difficile farsi apprezzare dal pubblico italiano?
«All’inizio sì, ma ebbi la fortuna di andare subito a fare “Il Musichiere”. Rimasi per tre puntate. Poi da lì mi mandarono a Sanremo, dove ebbi il grande colpo di trovarmi in coppia con Modugno».

A distanza di 62 anni cosa rappresenta per lei “Nel blu dipinto di blu”?
«È una canzone che ha significato moltissimo per la mia vita. E poi l’incontro con Mimmo mi ha dato il grande successo».

E l’anno dopo avete fatto il bis a Sanremo con “Piove”. Che rapporto aveva con Modugno?
«Ottimo. Mi diede solo uno schiaffo quando mi rifiutai di fare il terzo Sanremo con lui. Mimmo voleva la terza vittoria di fila, non arrivò e lui si arrabbiò tanto. Specialmente con me che non avevo voluto fare il festival».

Un giorno si ritrovò sullo stesso palco con Frank Sinatra.
«Sì, ma non riuscii a conoscerlo. Non feci in tempo a presentarlo che mi trascinarono dietro le quinte. Si aprì il sipario e lui si mise a cantare. Io avrei voluto almeno stringergli la mano».

Ha scritto e cantato decine di brani di successo: ce n’è uno a cui è legato più di altri?
«Non saprei quale citare, ci sono stati tanti successi. Una canzone che mi piace sempre tantissimo è “E penso a te” di Battisti, che cantai più avanti».

In quegli anni la stampa raccontava di grandi rivalità tra i cantanti.
«C’erano, ma nel senso buono della parola. Erano divertenti, non come venivano esasperate dai giornali».

Gli anni Sessanta, tra musica e televisione, sono stati gli anni della grande popolarità: che ricordi ha?
«Da un lato molto belli, ma purtroppo una settimana dopo la vittoria del festival, nel 1958, è morto mio papà. Questo ha cancellato entusiasmo e gioia. Mio padre è stato l’artefice della mia carriera».

Negli anni Ottanta è stato tra i principali protagonisti della nascente Canale 5: come fece Berlusconi a convincerla?
«Ricordo che insistette molto per conoscermi. Sono andato a casa sua, ho cantato per lui e lui ha cantato per me. E così feci Premiatissima».

Ai tempi era una delle star principali della tv: come mai decise di lasciare?
«Per il teatro, ne ho fatto 18 anni di fila. Era un’altra cosa rispetto al cinema e alla tv. C’era un contatto più immediato con il pubblico».

Anche al cinema ha avuto un ruolo da protagonista. Ha lavorato con Zampa, Festa Campanile, Risi, Magni, Steno, Corbucci, Avati.
«I primi film li feci con Mario Mattoli: interpretavo un ragazzo che cantava. Ma poi ho lavorato con tutti i più grandi. La cosa più bella è stata “Cuore” di Comencini. È stato un grandissimo colpo: ho potuto lavorare con un regista che mi ha insegnato tante cose, senza nemmeno dirmele».

Girò anche “Olympia” con Sophia Loren...
«C’era anche John Gavin. Girai un quarto d’ora di film ma il regista mi tagliò del tutto. A un altro andò peggio: girò 25 minuti ma non uscì nulla».

Negli anni Novanta tornò a Sanremo da conduttore: che esperienza fu?
«Diversa da quella di cantante. Fu un direttore generale della Rai a volermi, ma sinceramente non è che io ci tenessi molto».

È stato tra i primi personaggi dello spettacolo a trascorrere le vacanze a Porto Rotondo.
«Ho avuto casa in Sardegna per 35 anni. È un ricordo bellissimo. Avevo una casa in mezzo al verde, c’era il pontile da cui salivo direttamente sulla barca. E poi venivano anche i miei figli. Ancora oggi sono socio dello Yacht club di Porto Cervo».

Ha anche scelto di sposarsi a Olbia: cosa rappresenta per lei la Sardegna?
«La Sardegna è casa, è una parte importante della mia vita. Oggi l’unica cosa che mi piace fare è venire in Sardegna».

Com’è essere il marito di Gloria Guida?
«Bello. Sa che ormai sono 41 anni che stiamo insieme?»

Oggi c’è un erede di Dorelli?
«Sicuramente ce l’ho in famiglia: mio figlio Gianluca, che ha fatto le cose che ho fatto io».

Per tornare in scena sceglierebbe tv, cinema o teatro?
«Teatro, ma se c’è una bella parte in un film la faccio».

Cosa l’ha spinta a scrivere l’autobiografia?
«Il desiderio di raccontare la mia vita senza dire balle. A 83 anni ci sono cose interessanti che ormai si possono raccontare e possono interessare i lettori».

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