Manconi: «Contro la gogna»
Per il tuo bene ti mozzerò la testa, il nuovo libro di Luigi Manconi e Federica Graziani, appena uscito per Einaudi Stile libero, è “un manifesto per il garantismo, in un Paese che tende a...
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Per il tuo bene ti mozzerò la testa, il nuovo libro di Luigi Manconi e Federica Graziani, appena uscito per Einaudi Stile libero, è “un manifesto per il garantismo, in un Paese che tende a considerare reato il peccato”. Un libro brillante ed essenziale in questi anni angosciati dall’affievolimento delle tutele in ambito penale e dove gogne e processi pubblici si moltiplicano.
Parlate molto di Marco Travaglio come figura emblematica del populismo penale. Cosa è il populismo penale?
«FG - Guardiamo alla cronaca più recente. In questi giorni sono state discusse e varate le modifiche ai decreti sicurezza di salviniana memoria, e tra le tante nuove misure ce n’è una che viene indicata dalla gran parte della stampa e dagli stessi politici che l’hanno promossa come “norma Willy”. Si prevede un inasprimento delle sanzioni per il reato di rissa. Ma la vicenda in seguito alla quale Willy Monteiro è morto non ha nessuna relazione con quel reato, che prevede due gruppi di persone coinvolti in un pestaggio reciproco. Ecco il populismo penale. Un orientamento di politica giudiziaria che risponde ai sentimenti collettivi di paura e indignazione verso la criminalità con interventi che si vogliono rapidi, esemplari e capaci di risolvere in maniera definitiva l’ingiustizia. Si legifera sui crimini ricercando una rassicurazione sociale che si ottiene con un inferocimento delle pene, e si abusa della vittima e delle sofferenze sue o dei suoi cari scaraventandone la biografia nel panorama dell’emergenza. O, addirittura, come nel caso di Willy Monteiro, l’abuso verso la vittima arriva a legiferare in nome suo su un reato che non lo riguarda».
Quanto conta nel dilagare dell’ideologia populista la spettacolarizzazione della dimensione criminale e la “glamourizzazione” di alcuni magistrati?
«FG - A partire dagli anni 90, due fattori si ripropongono puntuali fino a oggi. La successione incalzante di imputazioni che colpiscono tutti o quasi i massimi esponenti di tutti i partiti diffonde la sensazione che le tangenti dominino l’intera vita pubblica, senza alcuna eccezione e a tutti i livelli della vita politica. Di fronte a una corruzione così pervasiva, la rivalsa sociale cerca i propri eroi e li trova in quei magistrati che si scagliano con più zelo e veemenza contro il sistema di mazzette, clientelismo e bustarelle. Se il potere di inquisire si salda alla comunicazione pubblica esasperando i timori collettivi di connivenze e latrocini così sistematici da non risparmiare nessuno, in che stato ne può uscire la giustizia penale?».
In Italia non esiste un’emergenza sicurezza. Il numero dei reati è in costante calo. Che senso ha continuare ad alimentare il dibattito pubblico con la falsa retorica della sicurezza?
«LM - La falsa retorica della sicurezza è un formidabile strumento di mobilitazione e acquisizione del consenso, ecco un esempio concreto: la legge sulla legittima difesa è stata modificata fino a diventare quella che, secondo molti giuristi, è una sorta di “licenza di uccidere”, sulla base di un vero e proprio inganno. Si è sostenuto, cioè, che chi in Italia esercitasse la legittima difesa di fronte a un aggressore finiva con l’essere vittima d una lunga azione giudiziaria, di un mortificante processo, di una pesante condanna. Dopo di che, abbiamo scoperto che nel corso di cinque anni, in tutta Italia i procedimenti per eccesso colposo di legittima difesa sono stati appena cinque. Solo cinque persone sono state processate e in genere assolte, per aver sparato contro il ladro in fuga. Ebbene, gonfiando questi dati irrisori e creando un falso allarme, si è arrivati all’approvazione di una legge liberticida. È un caso strepitoso di populismo penale e di inganno ai danni dei cittadini».
Quali sono gli effetti della confusione tra giustizia sociale e giustizia penale?
«LM - Il giustizialismo è, tra le altre cose, la tendenza a risolvere con gli strumenti del diritto penale, con la repressione e con il carcere le contraddizioni che lacerano la società. Un esempio particolarmente doloroso: la tossicodipendenza è una patologia sociale che riguarda estesi settori della società e colpisce giovani e anziani. Riguarda, è ovvio, la sfera penale, perché, trattandosi di un mercato illegale, richiama diversi tipi di reato: lo spaccio in primo luogo. Ma se si affronta questa tematica solo dal punto di vista del delitto penale, si ignora il fatto che tossicodipendenza vuol dire sofferenza fisica e psichica, disgregazione sociale, marginalità, crisi delle relazioni. Se si pensa di risolvere la questione mettendo in carcere “i drogati”, non solo si va incontro al fallimento certo, ma si rischia di indirizzare l’opinione pubblica contro il soggetto più debole: il tossicomane. Da qui, un’altra tendenza tipica del populismo penale: quella di rispondere alla recrudescenza di un reato innalzando le pene. Tutti ma proprio tutti gli allarmi intorno a un particolare reato (violenza contro le donne, omicidio stradale, bullismo, violenza di strada) sono stati trattati con questa unica ricetta: l’innalzamento, spesso abnorme, delle pene. Nonostante tutte le ricerche confermino che la prospettiva di una detenzione lunga non abbia alcun effetto deterrente e non scoraggi in alcun modo dalla commissione dei reati, l’approccio prevalente rimane questo».
Cosa significa essere garantisti, oggi, in Italia?
«LM - La cronaca politica attuale ci offre un esempio particolarmente significativo di come sia faticoso e, allo stesso tempo, necessario essere garantisti. Noi consideriamo Matteo Salvini il peggior politico di quest’ultimo quarto di secolo, che ha avuto un’influenza nefasta non solo sul quadro politico, ma anche sulla mentalità collettiva. Detto questo è probabile che, se fossimo stati parlamentari, avremmo rigettato la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Questo perché il forzato ritardo dello sbarco dei profughi dalla nave dell’Organizzazione non governativa si potrebbe interpretare come indirizzato a raggiungere un interesse pubblico, secondo criteri politici che sono propri di un organo politico come è il Governo. Io ritengo che Matteo Salvini e la Lega Nord vadano combattuti e battuti sul piano sociale e politico e non su quello giudiziario. Il garantismo si misura proprio sulla capacità di tutelare i diritti e le garanzie dell’avversario con la stessa coerenza e con la stessa convinzione con cui tuteliamo i diritti e le garanzie dell’amico e dell’alleato e del povero cristo rinchiuso in una cella senza alcuna assistenza legale. Purtroppo bisogna rilevare che questo in Italia accade assai raramente».
Parlate molto di Marco Travaglio come figura emblematica del populismo penale. Cosa è il populismo penale?
«FG - Guardiamo alla cronaca più recente. In questi giorni sono state discusse e varate le modifiche ai decreti sicurezza di salviniana memoria, e tra le tante nuove misure ce n’è una che viene indicata dalla gran parte della stampa e dagli stessi politici che l’hanno promossa come “norma Willy”. Si prevede un inasprimento delle sanzioni per il reato di rissa. Ma la vicenda in seguito alla quale Willy Monteiro è morto non ha nessuna relazione con quel reato, che prevede due gruppi di persone coinvolti in un pestaggio reciproco. Ecco il populismo penale. Un orientamento di politica giudiziaria che risponde ai sentimenti collettivi di paura e indignazione verso la criminalità con interventi che si vogliono rapidi, esemplari e capaci di risolvere in maniera definitiva l’ingiustizia. Si legifera sui crimini ricercando una rassicurazione sociale che si ottiene con un inferocimento delle pene, e si abusa della vittima e delle sofferenze sue o dei suoi cari scaraventandone la biografia nel panorama dell’emergenza. O, addirittura, come nel caso di Willy Monteiro, l’abuso verso la vittima arriva a legiferare in nome suo su un reato che non lo riguarda».
Quanto conta nel dilagare dell’ideologia populista la spettacolarizzazione della dimensione criminale e la “glamourizzazione” di alcuni magistrati?
«FG - A partire dagli anni 90, due fattori si ripropongono puntuali fino a oggi. La successione incalzante di imputazioni che colpiscono tutti o quasi i massimi esponenti di tutti i partiti diffonde la sensazione che le tangenti dominino l’intera vita pubblica, senza alcuna eccezione e a tutti i livelli della vita politica. Di fronte a una corruzione così pervasiva, la rivalsa sociale cerca i propri eroi e li trova in quei magistrati che si scagliano con più zelo e veemenza contro il sistema di mazzette, clientelismo e bustarelle. Se il potere di inquisire si salda alla comunicazione pubblica esasperando i timori collettivi di connivenze e latrocini così sistematici da non risparmiare nessuno, in che stato ne può uscire la giustizia penale?».
In Italia non esiste un’emergenza sicurezza. Il numero dei reati è in costante calo. Che senso ha continuare ad alimentare il dibattito pubblico con la falsa retorica della sicurezza?
«LM - La falsa retorica della sicurezza è un formidabile strumento di mobilitazione e acquisizione del consenso, ecco un esempio concreto: la legge sulla legittima difesa è stata modificata fino a diventare quella che, secondo molti giuristi, è una sorta di “licenza di uccidere”, sulla base di un vero e proprio inganno. Si è sostenuto, cioè, che chi in Italia esercitasse la legittima difesa di fronte a un aggressore finiva con l’essere vittima d una lunga azione giudiziaria, di un mortificante processo, di una pesante condanna. Dopo di che, abbiamo scoperto che nel corso di cinque anni, in tutta Italia i procedimenti per eccesso colposo di legittima difesa sono stati appena cinque. Solo cinque persone sono state processate e in genere assolte, per aver sparato contro il ladro in fuga. Ebbene, gonfiando questi dati irrisori e creando un falso allarme, si è arrivati all’approvazione di una legge liberticida. È un caso strepitoso di populismo penale e di inganno ai danni dei cittadini».
Quali sono gli effetti della confusione tra giustizia sociale e giustizia penale?
«LM - Il giustizialismo è, tra le altre cose, la tendenza a risolvere con gli strumenti del diritto penale, con la repressione e con il carcere le contraddizioni che lacerano la società. Un esempio particolarmente doloroso: la tossicodipendenza è una patologia sociale che riguarda estesi settori della società e colpisce giovani e anziani. Riguarda, è ovvio, la sfera penale, perché, trattandosi di un mercato illegale, richiama diversi tipi di reato: lo spaccio in primo luogo. Ma se si affronta questa tematica solo dal punto di vista del delitto penale, si ignora il fatto che tossicodipendenza vuol dire sofferenza fisica e psichica, disgregazione sociale, marginalità, crisi delle relazioni. Se si pensa di risolvere la questione mettendo in carcere “i drogati”, non solo si va incontro al fallimento certo, ma si rischia di indirizzare l’opinione pubblica contro il soggetto più debole: il tossicomane. Da qui, un’altra tendenza tipica del populismo penale: quella di rispondere alla recrudescenza di un reato innalzando le pene. Tutti ma proprio tutti gli allarmi intorno a un particolare reato (violenza contro le donne, omicidio stradale, bullismo, violenza di strada) sono stati trattati con questa unica ricetta: l’innalzamento, spesso abnorme, delle pene. Nonostante tutte le ricerche confermino che la prospettiva di una detenzione lunga non abbia alcun effetto deterrente e non scoraggi in alcun modo dalla commissione dei reati, l’approccio prevalente rimane questo».
Cosa significa essere garantisti, oggi, in Italia?
«LM - La cronaca politica attuale ci offre un esempio particolarmente significativo di come sia faticoso e, allo stesso tempo, necessario essere garantisti. Noi consideriamo Matteo Salvini il peggior politico di quest’ultimo quarto di secolo, che ha avuto un’influenza nefasta non solo sul quadro politico, ma anche sulla mentalità collettiva. Detto questo è probabile che, se fossimo stati parlamentari, avremmo rigettato la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Questo perché il forzato ritardo dello sbarco dei profughi dalla nave dell’Organizzazione non governativa si potrebbe interpretare come indirizzato a raggiungere un interesse pubblico, secondo criteri politici che sono propri di un organo politico come è il Governo. Io ritengo che Matteo Salvini e la Lega Nord vadano combattuti e battuti sul piano sociale e politico e non su quello giudiziario. Il garantismo si misura proprio sulla capacità di tutelare i diritti e le garanzie dell’avversario con la stessa coerenza e con la stessa convinzione con cui tuteliamo i diritti e le garanzie dell’amico e dell’alleato e del povero cristo rinchiuso in una cella senza alcuna assistenza legale. Purtroppo bisogna rilevare che questo in Italia accade assai raramente».