La Nuova Sardegna

Guido Maria Brera svela il lato diabolico della finanza

di Piergiorgio Pulixi
Guido Maria Brera svela il lato diabolico della finanza

Dal romanzo “I Diavoli” è stata tratta la serie Sky con Alessandro Borghi L’universo dei trader, profitti stratosferici e nessuna responsabilità sociale

09 novembre 2020
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Massimo Ruggero, trader quarantenne che ha scalato i vertici della finanza europea, ha finalmente raggiunto il proprio obiettivo: il suo mentore, Derek Morgan, a capo del trading di una grande banca americana con sede nella City, sta per lasciargli in successione un regno: la posizione di “Head of trading”, uno stipendio multimilionario e un potere smisurato. Massimo accetta senza indugi, ignorando di aver appena stretto un patto col Diavolo. E quel patto comprende il dover avallare un’occulta manovra finanziaria: indebolire l’Europa e la sua moneta, per nascondere la fragilità del dollaro.

Questo è il piano di Derek. Destabilizzare per stabilizzare. Diffondere il caos per creare l’ordine. Il problema è che Massimo non ha alcuna intenzione di farsi manipolare…

È ritornato in libreria in una nuova edizione il bestseller “I Diavoli” (Rizzoli, 14,90 euro) dopo il grande successo dell’omonima serie tv targata Sky e Lux, con Alessandro Borghi, Patrick Dempsey e Kasia Smutniak. Guido Maria Brera, l’autore del romanzo e creatore della serie televisiva, conosce perfettamente il mondo dell’alta finanza: a ventotto anni è diventato co-fondatore e amministratore del Gruppo Kairos – la società di gestione del risparmio più importante d’Italia – che opera nel settore del private banking e dell’asset management. Brera ha raccontato dall’interno quel mondo popolato da “diavoli” che, manovrando i mercati, giocano con le esistenze di milioni di persone.

In un tempo in cui la politica non è più in grado di venire a capo della complessità del presente, può essere una Finanza illuminata a indicare una via percorribile per il bene comune?

«Io non ha mai creduto alla “finanza etica”. Ho sempre creduto in “un’etica del fare finanza”. Credo in una finanza che può avere un elemento salvifico sul mondo. Ma non lo ha in maniera ragionata: lo ha perché qualcuno ha costruito degli argini affinché questo potesse avvenire. La finanza è un algoritmo. È laica. È cinica. C’è sempre bisogno di una figura superiore che costruisca delle paratie per trasformare un circolo vizioso in un circolo virtuoso».

Quelli che lei chiama “i monaci guerrieri”?

«Sì, finanzieri che non sono mossi soltanto da un movente economico, ma che sanno che le loro decisioni avranno un impatto sulla vita di milioni di persone. Il loro essere “monacali” deriva dall’aver votato la propria esistenza allo studio, all’osservazione della realtà e alla lettura del futuro. Il lato “guerriero” è quello che ha a che fare con l’esercizio del potere. La politica si è talmente tanto ritirata dall’arena, che alla fine è l’élite stessa che ha dovuto colmare quello spazio, non soltanto per uno scopo economico, ma per un interesse superiore. Nelle loro mani la finanza diventa uno strumento politico».

L’ossessione di Massimo Ruggero per il proprio lavoro diventa una dannazione: ne deforma il corpo morale, fino a intaccarne anche la salute fisica, quasi che il prezzo del successo si pagasse con un invecchiamento precoce.

«Sì, anche se devo ammettere che dipende molto da come una persona intende la finanza e da quanto è disposto a darle di se stesso. Se il trader è uno scommettitore che gioca duro – come Massimo – allora sì, ti logora. Sfibra il tuo sistema nervoso, perché devi calcolare costantemente mille variabili, perché si è sempre tutti contro tutti, e niente ti può salvare dai numeri, se volgono male. L’ossessione di Massimo deriva dal fatto che è partito da zero. Ha voluto provare a essere il migliore e questo l’ha usurato sia fisicamente che spiritualmente».

La serie tv ha spopolato in tutto il mondo. Si aspettava un tale successo?

«Lo speravo, ma ero conscio del rischio che correvamo raccontando una finanza diversa rispetto a quella descritta fino ad allora. Perché a differenza del passato, abbiamo cercato di raccontare un dispositivo. E raccontare un dispositivo è molto difficile. Di solito se ne raccontano gli attori: i vizi, i difetti e le loro passioni. Qui, oltre a tutti questi elementi, viene raccontato il dispositivo della finanza nella sua interezza, in tutte le sue articolazioni. Credo che sia questo il vero successo della serie».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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