Massimo Lopez: «Il mio debutto sul palco fu a vent’anni in Sardegna»
L'attore ad Alghero insieme a Tullio Solenghi
Lopez, lo spettacolo portato in scena ad Alghero ha segnato il vostro ritorno in coppia nel 2018 dopo anni. Quali sono gli ingredienti dello show?
«È uno spettacolo in cui si riconosce il nostro marchio di fabbrica, che era quello del Trio. Ma è anche uno show a 360 gradi. Ci sono momenti musicali, sketch, momenti seri momenti ed emozionali. E ovviamente tanta improvvisazione. Non avere pubblico è un po’ un controsenso per lo spettacolo. Quando ci chiedono se è meglio la tv o il teatro, di solito rispondiamo: il teatro per il contatto reale col pubblico. In questa occasione non c’è stato, ma la nostra comicità è tale che riusciamo a giocare anche su questo».
Ricorda il suo primo incontro con Tullio Solenghi?
«Il primo a livello professionale fu allo Stabile di Genova, ma tornando indietro nel tempo la prima volta che vidi Tullio fu a casa mia. Io non sapevo nemmeno che avrei fatto l’attore, lui stava mettendo su uno spettacolo con mio fratello Giorgio».
Con il Trio avete fatto la storia della tv, da Fantastico a Sanremo, fino ai Promessi sposi: ai tempi immaginavate che avreste lasciato un segno così importante nello spettacolo?
«No. La magia, l’alchimia vera è stata l’incontro tra noi tre. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, vedevamo tutti e tre la realtà in una determinata maniera. Prima è nata l’amicizia, poi abbiamo deciso di scrivere insieme, perché ci trovavamo su tutto. Non abbiamo mai pensato di stravolgere il mondo dello spettacolo, ma volevamo essere rivoluzionari. E forse dal punto di vista della comicità lo siamo stati. Le nostre proposte non sono sempre state accettate subito. All’inizio non tutti erano d’accordo che stravolgessimo il Manzoni e i Promessi sposi».
Cosa è stata Anna Marchesini per lo spettacolo italiano e ovviamente per voi?
«Con Anna ci siamo conosciuti in sala di doppiaggio: era un essere straordinario. Mi travolse. Scattò subito una forte empatia, avevo voglia di mostrarla al mondo. Ricordo che andai da Tullio: “devi conoscere questa persona”. E lì venni a sapere che già la conosceva. Quando facevamo doppiaggio insieme - era il 1981 - rischiavamo di essere cacciati perché noi doppiavamo a modo nostro, spesso stravolgendo anche i contenuti, e ci accusavamo di perdere tempo».
Avete un curriculum in cui c’è di tutto: dalla televisione al cinema, dalla prosa al musical, fino al doppiaggio. C’è qualcosa che manca?
«Non ho fatto il cinema d’autore, ma non lo ho neanche cercato. Io sono dell’avviso che se le cose devono capitare capitano. A me piace poter essere comico, drammatico, attore, fare quello per cui sono nato. Se si presenterà l’occasione del cinema bene, ma non mi manca».
Avete chiuso l’anno in Sardegna, ad Alghero: qual è il vostro legame con l’isola?
«La mia prima esperienza sul palcoscenico avvenne in Sardegna. Prima ancora di fare l’attore seguii mio fratello Giorgio che doveva fare uno spettacolo drammatico in Sardegna. Avevo vent’anni. Partimmo da Cagliari e toccammo Carbonia, Iglesias, Uras, Solarussa, Macomer, Sassari. Il mio primo pubblico, dunque, è stato quello sardo. Girammo tutta l’isola in inverno, coste ed entroterra. Mi colpì molto il senso di ospitalità. E da allora torno spesso. Per lavoro o in vacanza: negli ultimi anni sono stato ad Alghero».
È stato un anno durissimo, probabilmente il peggiore di tutti: è ottimista per il 2021?
«Luce in fondo al tunnel inizia a intravedersi. Ma ci vuole ancora un po’ di tempo. Abbiamo passato un anno difficile. C’è chi ha avuto gravi perdite, chi ha sofferto molto.Ma tornando indietro nella storia si trovano tante situazioni simili e ogni volta l’umanità ne è venuta fuori: le cose negative servono anche a fortificarti. Andrà così anche stavolta».