La Nuova Sardegna

Il volto autentico dell’Uomo Pipistrello

Il volto autentico dell’Uomo Pipistrello

Panini Comics ripropone in una nuova edizione il graphic novel cult di Alan Moore, “Batman: The Killing Jokes”

07 febbraio 2021
5 MINUTI DI LETTURA





I giorni in cui ad avere più di sette anni e tenere tra le mani un albo di supereroi si veniva osservati con severità mista a commiserazione – «Se è così già da piccolo, chissà quando crescerà. Se mai crescerà, ovvio» – sono (dovrebbero essere) finiti. Non ci si sente più giudicati, o almeno non come un tempo, a leggere fumetti con personaggi in calzamaglia che facendo a cazzotti con altri personaggi in calzamaglia distruggono città pianeti universi senza mai causare un morto tra i comuni cittadini (le avventure dei supereroi sono, sì, il regno assoluto della sospensione dell’incredulità: e nessuno, o quasi, se ne lamenta).

Universo Marvel

Merito di certo, se ci si ferma alla superficie delle cose, dei numerosi film basati principalmente sull’universo Marvel e DC che da un ventennio, al netto di qualche flop, incassano centinaia di milioni di euro uscita dopo uscita, e delle tante serie che spuntano numerose nei palinsesti delle piattaforme on-line (a proposito, imperdibili le recenti “Doom Patrol” e “The Boys”): lì dove contro il giudizio negativo o il pregiudizio non avevano potuto niente l’intelligenza, la curiosità, la voglia di capire e approfondire, ha potuto il danaro. Come sempre. Se invece si va oltre la superficie, si dovrà convenire che se si è arrivati a una differente considerazione dei fumetti di supereroi è per quanto accaduto a partire dagli anni Ottanta, e soprattutto nel corso di quella specifica decade. Quando cioè si è imposta una generazione di sceneggiatori e disegnatori capace, comunque restando entro i confini o nei dintorni del genere, di far fare il salto dalla dimensione pop(olare) a quella autoriale. E quando sono uscite opere che ancora oggi, a decenni di distanza, impressionano per carica innovativa, per forza dirompente, per valore.

Idee e nuove

Alcuni nomi venuti alla ribalta in quel periodo d’oro sono diventati di pubblico dominio come Frank Miller, cui si devono nel 1986 la distruzione e la reinvenzione di Batman nel capolavoro “Il ritorno del cavaliere oscuro”, e più avanti “Sin City” e “300”; altri non sono diventati ugualmente celebri, ma hanno lasciato tracce indimenticabili della loro arte, come Bill Sienkiewicz e Dave McKean, che al disegno a matita rifinito dalle chine hanno unito la pittura, la fotografia, il collage e sperimentazioni di ogni sorta. Se per caso non li aveste letti, regalatevi “Devil: Amore e guerra” di Miller e Sienkiewicz o i lavori di McKean scritti da Neil Gaiman come “Black Orchid” e “Arkham Asylum”: vedrete. L’altro nome emerso e riconosciuto ormai a tutti i livelli come autore “vero” è l’inglese Alan Moore. Tre dei titoli che ha scritto sono sufficienti a dar conto della sua statura: “Watchmen”, “V for Vendetta” e “From Hell”. A questi c’è da aggiungerne un quarto, “Batman: The Killing Joke”, reso ancora più memorabile dai disegni del connazionale Brian Bolland. Panini Comics ha da poco ripubblicato il graphic novel, uscito nel 1988 e subito salutato come una delle storie dell’Uomo Pipistrello migliori di sempre, in un’edizione a dir poco strepitosa, che riproduce per l’Italia quella uscita negli Stati Uniti un paio di anni fa in occasione del trentennale.

Fan incalliti

E che sarà anche indirizzata agli appassionati e ai fan incalliti, com’è facile immaginare, ma che per via della confezione e dei materiali aggiuntivi noi consigliamo in primis a chi è totalmente a digiuno di fumetti, specie di fumetti di supereroi, e non ha mai pensato di aprirne uno.

Due versioni

Cominciamo dalla caratteristiche esteriori: il cofanetto cartonato custodisce un volume dal grande formato (20,5 x 31), le cui duecentonovanta pagine sono quasi tutte stampate su carta lucida. Dentro troviamo, da subito, un’enorme ragione di interesse: la versione originale con i colori di John Higgins è preceduta da quella, che ne azzera i toni accesi e variopinti, rifatta da Brian Bolland nel 2008. Una mera differenza cromatica? Decisamente no. Perché tanto la prima riflette l’aspetto e soprattutto la personalità del Joker, tanto la seconda, cupa e con molti meno contrasti, è specchio fedele di Batman. Attraverso le due colorazioni, insomma, leggiamo la stessa storia ma dai punti di vista contrapposti del criminale e del giustiziere: che è come dire che leggiamo due storie diverse. Nella parte conclusiva del libro, ecco un bel racconto di cui è autore il solo Bolland, “Un innocente”, e un’ampia galleria di suoi schizzi, prove e tavole di provenienza varia.

Marlboro e libri

Ma il vero gioiello dell’edizione proposta da Panini Comics sta nel mezzo, ed è la sceneggiatura di Moore. Impressiona scorrerla e scoprire a qual punto lo scrittore, già nella fase di stesura, pre-vedesse il risultato finale, suggerendo al disegnatore, se non quasi “comandandolo”, una mole sterminata di dettagli per ogni singola vignetta: «L’addetta alla reception sembra irrigidita dalla paura. Forse, in primo piano sulla scrivania si vedono un po’ di chincaglierie personali. Ci sono un pacchetto di sigarette Marlboro e un accendino. E forse anche uno di quegli stupidi soprammobili con scritto “Non occorre essere matti per lavorare qui – ma è utile!”. Forse vediamo anche il libro che la receptionist legge per trascorrere le lunghe e noiose ore illuminate di giallo del suo turno notturno. È “I commedianti” di Graham Greene».

Scontro epico

Non sempre però Moore è così minuzioso perché vuole che tutti gli elementi descritti entrino nelle vignette: talvolta la ricchezza dei particolari è a uso e consumo di Bolland, serve cioè a fornirgli un quadro d’insieme articolato, un’atmosfera generale, un retroscena. Inutile sottolineare che, facendo la spola tra le tavole finite e la sceneggiatura e viceversa, a godere del lavoro di Moore e a penetrare ancora più in profondità in “The Killing Joke” siamo noi lettori. Poi, naturalmente, ciò che più conta: il romanzo. Una scazzottata c’è tra Batman e il Joker c’è, ma è poca roba, quasi incidentale. Quello messo in scena dalla coppia britannica è piuttosto un confronto teso, drammatico, tra le diverse motivazioni del supereroe e del supercattivo (sempre ammesso che lo siano, diverse); è piuttosto il tentativo di Batman di comprendere davvero l’altro, e quindi sé stesso: «Non lo conosco, Alfred. Sono passati tanti anni e ancora non so chi sia, così come lui non sa chi sono io. Come fanno due persone a odiarsi così tanto senza conoscersi?». Il finale, che è poi anche l’inizio: fateci caso, magnifico e sospeso, poteva essere uno solo: una risata li – ci – seppellirà.



In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative