La Nuova Sardegna

Su Coccoi sogna la Dop

Su Coccoi sogna la Dop

Si sforna quando nasce un bambino e quando gli spuntano i primi dentini. Da adulto, lo avrà elegante, candido e prezioso come un gioiello per le nozze, nel frattempo, con fogge diverse accompagnerà...

25 giugno 2021
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Si sforna quando nasce un bambino e quando gli spuntano i primi dentini. Da adulto, lo avrà elegante, candido e prezioso come un gioiello per le nozze, nel frattempo, con fogge diverse accompagnerà ogni festa comandata, Natale, Pasqua, i patroni ma anche, Capodanno e Ognissanti. L’ultima sfornata sarà per i funerali, quando, i partecipanti all’uscita di chiesa lo riceveranno come “dono del morto”.

Può cambiare foggia a seconda del significato che gli si vuole attribuire ma “su coccoi” è sicuramente il pane tradizionale più diffuso. Questo pane, che scandisce il passare del tempo come un orologio e, particolarmente in alcune zone, accompagna la vita dell’uomo, ora si candida per ottenere la Dop, il massimo riconoscimento per un prodotto alimentare. Non sarà una passeggiata, più probabilmente somiglierà a un percorso a ostacoli, quello che inizierà lunedì pomeriggio a Bauladu, quando, si costituirà il Comitato promotore pani Coccoi Dop. «Ci vorranno non meno di tre anni – spiega Maria Antonietta Dessì, responsabile regionale di Cna Alimentare, organismo che insieme all’Associazione Panificatori, Confartigianato Imprese Sardegna, Amici del Pane, Laore, Agris e l’antropologa Alessandra Guigoni, hanno supportato la fase preparativa in vista della nascita del comitato –. Dovremo predisporre il disciplinare che stabilisce l’autenticità del pane coccoi – dice ancora Dessì – una volta completa, la documentazione dovrà passare al vaglio di Regione, Ministero e infine della Commissione europea. Solo quando avrà ottenuto l’approvazione in tutte queste fasi, potremo finalmente tutelare su coccoi attraverso la denominazione di origine protetta».

Un coccoi dop, per essere tale dovrà essere fatto soltanto con ingredienti prodotti in Sardegna: semola sarda, farina “fiore”, lievito madre, acqua e sale, ma soprattutto, l’abilità nel dare le forme e “sforbiciare” su coccoi,” in modo da dargli le forme che lo contraddistinguono dagli altri pani. I panificatori avranno un ruolo fondamentale nel percorso di tutela. «La riunione di Bauladu arriva dopo un lungo percorso di incontri che abbiamo tenuto in tutta la Sardegna, coinvolgendo gli artigiani delle province di Cagliari e Carbonia Iglesias, spingendoci sino a Sant’Antioco, per arrivare poi a Genuri, nel cuore del Medio Campidano, quindi Orroli, Oristano, Terralba, e ancora, Nuoro, Macomer, Villagrande Strisaili, Olmedo, Alghero, Sassari, Tempio e Olbia», dice Gianfranco Porta, presidente dell’Associazine Panificatori. «Tra colleghi – prosegue – dovremo trovare tutti i punti di convergenza per far sì che il disciplinare assicuri la tutela di un prodotto tradizionale che non ha eguali nel resto del mondo». In gioco c’è la necessità di valorizzare, anche dal punto di vista economico, il pane artigianale. «Dovremo insistere sulla formazione e la riqualificazione del la panificazione – prosegue Porta – l’ottenimento di questa dop arriverebbe infatti in un momento cruciale per il settore. Oggi infatti, il 70 per cento del pane che giunge sulle nostre mense è surgelato oppure confezionato industrialmente. Insomma: si vende sempre meno pane fresco».

La speranza è dunque riposta sulla valorizzazione di un prodotto artigianale e tradizionale. In realtà, c’era già stato il tentativo per far riconoscere la dop a un altro pane caratteristico: su carasau, probabilmente il più conosciuto pane isolano. «Purtroppo l’iter per su carasau si è momentaneamente arenato. Ovviamente, speriamo che venga ripreso al più presto – dice Porta – prodotti come questi non li si può lasciare privi di tutela. Sarebbe un errore imperdonabile».

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