Tre dipinti di Edina Altara ritrovati dopo 65 anni: venduti all’asta a Londra
Tre cristalli retrodipinti, dei quali si era persa ogni traccia dalla metà degli Anni 50, sono stati battuti all'asta nelle scorse settimane in Inghilterra. Ad acquistarli è stato l'archivio della pittrice.
Dopo 65 anni di oblio sono ritornate alla luce tre straordinarie opere d'arte della pittrice sassarese Edina Altara. Tre cristalli retrodipinti, dei quali si era persa ogni traccia dalla metà degli Anni 50, sono stati battuti all'asta nelle scorse settimane a Londra. Ad acquistarli è stato l'archivio della pittrice. Queste tre importanti opere d'arte, approdate nei giorni scorsi a Sassari, rappresentano la massima espressione della tecnica pittorica messa a punto dall'artista nel periodo di collaborazione con l'architetto Gio Ponti. Queste opere, tre nature morte di grandi dimensioni (vanno dagli 80 ai 120 centimetri di larghezza), sono appartenute a un collezionista di design europeo (la casa d'aste mantiene il massimo riserbo sul venditore) che a sua volta le aveva rilevate dai proprietari di uno degli appartamenti di Milano arredati da Gio Ponti. I due pannelli più piccoli raffigurano ambienti fantastici sottomarini, dove conchiglie, coralli e anemoni di mare convivono con splendide farfalle. L’opera più grande raffigura una serie di oggetti legati alla famiglia del committente: elmi, alabarde, ancore, chiavi, catene, guanti di armature, piume e farfalle.
Nel marzo del 2019, due cassettoni disegnati da Gio Ponti e decorati con cristalli retrodipinti da Edina Altara erano stati battuti dalla casa d’aste Cambi di Genova a cifre importanti: uno dei mobili era stato venduto a quasi 400mila euro. Nel caso di queste tre opere, le cifre sono rimaste su valori contenuti grazie al fatto che la casa d’aste britannica ha potuto solo attribuire i dipinti alla pittrice sassarese, non essendo i lavori firmati. Di fronte al "dubbio" sull'autenticità dei cristalli, i rilanci sono stati pochissimi e per l'archivio Altara è stato così possibile aggiudicarsi i tre lotti. In archivio, infatti, oltre a essere presente una foto del 1955 in cui si vede uno dei tre cristalli, è custodito un bozzetto in cui appaiono alcuni dei dettagli dell'opera più grande. Ma a rendere certa senza alcun dubbio l'autenticità di questi tre cristalli è la tecnica usata per dipingerli che Edina Altara aveva inventato e brevettato alla Camera di Commercio di Milano. L'attitudine della pittrice sassarese di inventare tecniche era così nota che ne aveva parlato anche il Corriere della Sera nel marzo del 1957.
Come venivano realizzati questi cristalli? La base del lavoro era un cristallo di almeno 5 millimetri di spessore. Edina dipingeva sul "retro" del vetro, procedendo per strati di colore, ma al contrario rispetto a un dipinto normale. Prima dipingeva le figure in primo piano e poi via via quelle sullo sfondo. Una volta completata la composizione, la parte dipinta veniva protetta con una vernice e il resto del vetro che era rimasto pulito veniva portato in una vetreria per essere specchiato. In questo modo, guardando il cristallo dalla parte frontale, ci si trovava di fronte a uno specchio dipinto. Per rendere ancora più efficace il lavoro, Edina procedeva all’acidatura dello specchio, per dargli un effetto antico, e poi completava il tutto con una vernice protettiva finale sulla parte posteriore.
A rendere ancora più particolari questi tre specchi appena arrivati a Sassari, c'è un dettaglio che fa capire come Edina fosse arrivata all'apice di questa sua tecnica. Oltre alla specchiatura, la pittrice è intervenuta con dorature e bronzature. Guardare questi specchi dipinti è un'esperienza unica, perché con il cambiare anche impercettibile della luce, cambiano i colori dell'intera opera.
LA MOSTRA AL MAN DI NUORO. A proposito di Edina Altara, il 10 luglio al museo Man di Nuoro verrà inaugrata la mostra Gruppo di famiglia con immagini, mostra curata da Luca Scarlini e dedicata a Vittorio Accornero de Testa (Casale Monferrato, 1896 - Milano, 1982) e Edina Altara (Sassari, 1898 - Lanusei, 1983), che vuole riportare l’attenzione sull’operato dei due artisti e illustratori, indagando le complesse vicende biografiche e creative che li hanno visti uniti a partire dalle loro prime opere individuali degli anni Venti sino agli anni Ottanta del Novecento.
In questa occasione e con il contributo importante di un gruppo di scenografi attivi con il Teatro di Sardegna – Loïc Hamelin, Sabrina Cuccu e Sergio Mancosu – il MAN si trasforma in un libro di fiabe, un caleidoscopio di immagini d’eleganza novecentesca. Va in scena la fiaba di due artisti sospesi tra la Sardegna, l’Italia continentale e il mondo. La mostra è un racconto della fiaba di Edina e Ninon scandito in capitoli nelle sale della mostra, tra i territori della grafica - come nel caso delle immagini per il transatlantico Rex, e l'invenzione di oggetti tra design e architettura - gli specchi di Edina e le rivisitazioni architettoniche neo-rococò di Accornero in Piemonte.
La mostra è accompagnata da un importante catalogo edito dal MAN con Silvana Editoriale e corredato da saggi critici di Luigi Fassi, Luca Scarlini, Pompeo Vagliani, Silvia Mira, Lauretta Colonnelli, Aurora Fiorentini, Giorgia Toso e Federico Spano.
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