La Nuova Sardegna

VALENTINA CERVI 

Valentina Cervi: «Da nonno Gino a True blood»

Alessandro Pirina
Valentina Cervi: «Da nonno Gino a True blood»

L'attrice a Nora con "La strada che va in città" di Natalia Ginzburg si racconta

16 luglio 2021
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Forse troppo velocemente oggi un’attrice viene definita internazionale. Basta un film girato oltre confine per laurearla star mondiale. Ma non è questo il caso di Valentina Cervi, che dopo il debutto con Archibugi è nel cast di “Ritratto di signora” di Jane Campion al fianco di Nicole Kidman. Poi il successo in Francia, la nomination ai Cesàr, lo spot con Francis Ford Coppola, Annamaria Pierangeli nel film tv americano su James Dean con James Franco. E ancora Avati, Guadagnino, Spike Lee, Figgis, Munzi, Mordini, fino al grande successo negli Usa nella serie cult, “True blood”. Questa estate Valentina Cervi è tra le grandi protagoniste della Notte dei poeti, la rassegna della Cedac giunta alla 39esima edizione: giovedì 22 luglio nell’area archeologica di Nora l’attrice porterà in scena - diretta da Iaia Forte - “La strada che va in città”, un recital tratto dall’omonimo romanzo di Natalia Ginzburg.

Chi è Delia, la protagonista di questo spettacolo?

«Delia è una ragazza di 16 anni che vive in campagna - nella povertà più assoluta - con una madre impegnata sui campi. Da lontano sente il richiamo della città vicina, è come un bagliore che coglie la sua attenzione, perché la città le dà la possibilità di smarcarsi da quel mondo in cui è nata. Lei cresce con la sola visione della fatica fisica e l’unica possibilità per sfuggire a quel destino è sposare un uomo ricco e vivere nell’agio».

Delia ci riesce.

«Sì, incontra un ragazzo che le promette dei mondi che lei non conosce. Lei cede, salvo poi rendersi conto che il vero amore e la vera felicità risiedevano altrove. La cosa bella del romanzo è che Natalia Ginzburg ha creato questo personaggio per nulla rassicurante. Una ragazza spigolosa, ambiziosa, impegnata in una continua corsa verso la felicità».

Il libro è del 1942: la storia di Delia è ancora attuale?

«Oggi la società è completamente cambiata, anche se alcuni modelli del passato resistono. E forse non è neanche giusto abbatterli del tutto. Io non sono una femminista e ritengo che sia nel dna della donna tenere insieme i pezzi della famiglia».

Lei si è mai trovata in trappola come Delia?

«Non ho mai avuto questa sensazione. E soprattutto siamo in un’altra epoca. Delia resta incinta, lui la sposa senza amarla ma poi si innamora di lei. Il grande amore di Delia, invece, resta un suo cugino, che lei - sempre alla ricerca di un cambiamento sociale - non ha mai voluto nemmeno guardare e quando lo ha fatto era ormai troppo tardi».

Che effetto fa ritornare a esibirsi davanti al pubblico dopo il lungo stop per il Covid?

«In questi mesi ho avuto la fortuna di lavorare per altre cose, ma il rapporto con il pubblico è unico e oggi non ti fai sfuggire l’occasione. Anche per il timore di non poterlo rifare».

Nipote di Gino Cervi, figlia di Tonino Cervi: la sua strada era segnata oppure lei voleva fare l’attrice a prescindere?

«Le due cose vanno insieme, alla fine ho cercato qualcosa per cui ero destinata. Ma è ovvio che in famiglia abbia sempre respirato aria di cinema».

Lei è nata pochi mesi dopo la morte di suo nonno Gino Cervi: ama di più Peppone o Maigret?

«Difficile rispondere. A Peppone sono più affezionata, forse per quella malinconia che mi trasmetteva quando ero bambina. Ma anche portare in scena Maigret con naturalezza e dargli credibilità non è cosa da tutti».

Italia, Francia, Usa: lei è un’attrice internazionale. Ci sono differenze tra i vari cinema?

«In Europa la differenza è più tra registi che tra Paesi. Ogni autore ha una visione diversa. In America ci sono le major, il cinema è una macchina gigante a cui devi adeguarti».

Lei è stata tra le prime italiane a lavorare in una grande serie Usa, “True blood”.

«Io adoravo quella serie e quando mi hanno scelto ero felicissima di stare a stretto contatto con Alan Ball, che aveva inventato “Six feet under”. Nelle serie i registi sono quasi dei tecnici, il creativo è lo showrunner. E io ero al settimo cielo».

Lo steccato tra cinema e tv è stato abbattuto?

«Non esistono più steccati, per fortuna. Il cinema resta più libero, ma la tv dà tante possibilità di sperimentareagli attori e ai registi. Dunque, viva questa apertura e i tanti film in tv».

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