La Nuova Sardegna

La sfida del manager: dalla Gallura a Parigi con il suo gommone

Mario Frongia
La sfida del manager: dalla Gallura a Parigi con il suo gommone

Da Santa Teresa di Gallura a Parigi. Duemila miglia nautiche pari a circa 3.800 chilometri. In solitario, via mare e fiume

18 luglio 2021
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Da Santa Teresa di Gallura a Parigi. Duemila miglia nautiche pari a circa 3.800 chilometri. In solitario, via mare e fiume. A cavallo di un gommone da sei metri con un motore Yamaha da 40 cavalli. Roberto Pappalardo e il gol della vita: «Arriverò dalla Senna e pianterò la bandiera dei Quattro mori alla base della Torre Eiffel». Manager e dirigente aziendale, nipote del marchese Pappalardo, approdato a Sassari nel 1922, sfida il Mediterraneo e se stesso. «Un vizio di famiglia. Mio nonno era venuto in Sardegna per una battuta di caccia a Osilo. Ha preso sessanta pernici e ha deciso di trasferire a Sassari da Napoli la sua azienda cinematografica. Ha acquistato quote del Teatro Verdi e ha poi costruito il Moderno e il Rex. Poi, mio padre Luciano ha portato avanti la gestione di vari cinema in Sardegna». Non a caso, per le frequentazioni di famiglia a Roma, Roberto ha le foto in posa con Ingrid Bergman, Isabella Rossellini, Giuliano Gemma e altri big dell’epoca. Insomma, un filo di avventura, mondanità e fiuto per gli affari. Pappalardo ha lavorato al Forte Village ed è stato dirigente al Cagliari calcio.

Il passato

A fine giugno ha lasciato in città, nell’attico di Castello, l’abituale tasmanian grigio sartoriale, le camice e le cravatte cifrate. Ha mollato il Range Rover in garage e con il gommone Lomar dei cantieri di Olbia ha preso il largo da Santa Teresa. «Ho fatto rotta verso Porto Vecchio. Il gommone l’ho battezzato “Palli”, in ricordo di Mario Orrù, un caro amico scomparso di recente». Pausa. Il comandante Pappalardo si concede un sospiro. Lo catturiamo mentre sbriga le questioni doganali a Cap Ferrat. Indosso bermuda e polo scoloriti. «Era un viaggio che cullavo da decenni. Un sogno nel cassetto che per lavoro e tempo non ho mai potuto fare: da solo, con i miei romanzi preferiti, la birra sarda non filtrata e le mappe aggiornate: ho lasciato Santa Teresa e vorrei raggiungere Parigi». Condizioni meteo e mare permettendo. «Tutto può essere semplice o molto complicato. Faccio tappe compatibili con i venti, la mia fatica e le distanze».

Lo sport nelle vene

Fatica e sacrifici, a terra e in mare. Dopo decenni a progettare con società immobiliari e turistiche internazionali, Pappalardo ha diretto fino a maggio il resort Is Molas a Pula della famiglia Colaninno. «Nella vita si macina, si fanno sacrifici, si progetta e si costruisce: è giunto il momento di prendermi cura di me stesso. Dovevo staccare con il lavoro». Classe ’57, nato a Sassari, a 16 anni ha raggiunto Cagliari per il tennis. «Sono stato seconda categoria, 72 in Italia. Il numero uno era Adriano Panatta». La voce va e viene.

Il percorso

Ho lasciato Porto Vecchio per Campoloro, Bastia e l’isola d’Elba. Ho raggiunto Livorno fino a Marina di Pisa: ho navigato l’Arno sino ai piedi della Torre. Ho filmato con il drone un video speciale». A seguire, il Magellano del terzo millennio ha toccato Porto Venere, le Cinque terre («Luoghi davvero pazzeschi!»), Camogli, Alassio, Montecarlo, Cap Ferrat e Port Grimauld. «Conto di approdare a Saint Tropez per poi puntare su Marsiglia. Da lì devo arrivare a Port Saint Louis du Rhone, prendere il Rodano, risalire per Avignone e Lione dove navigo un canale per Digione e la Senna fino a Parigi». Roberto Pappalardo conta di essere nella capitale il 12 agosto. Ma domani c’è una pausa: «Torno a Cagliari per salutare mio figlio Alberto. Medico e ricercatore alla Columbia University». La famiglia e gli affetti. Poi, lo smanettare per onde e maestrale. «Mi fermo in alberghetti tipici, talvolta dormo a bordo: il gommone è ben attrezzato». Roberto Pappalardo, una scelta pregiata. Tra libertà e orizzonti.
 

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