La Nuova Sardegna

Dori Ghezzi e l'Agnata, amore inifnito

Alessandro Pirina
Paolo Fresu e Dori Ghezzi sul palco di Time in jazz all'Agnata
Paolo Fresu e Dori Ghezzi sul palco di Time in jazz all'Agnata

L'artista racconta il sodalizio con Paolo Fresu e il Time in jazz: "E' un concerto unico al mondo. Il mio ritorno da cantante? Mai dire mai"

04 agosto 2021
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Quando ci si immerge nel verde dell’Agnata ancora oggi, anche se sono passati più di ventidue anni dalla sua morte, sembra di sentire la voce di Faber, di vedere la sua sagoma con l’immancabile sigaretta tra le dita. Un’atmosfera magica da cui si viene rapiti non appena si mette piede nella tenuta di Tempio che con il passare del tempo ha mantenuto intatti il suo fascino e la sua bellezza. E dal 2005, una volta all’anno, quel palcoscenico unico ospita uno degli eventi musicali più attesi dell’estate sarda. Di quelli per cui si sono rese necessarie le restrizioni agli ingressi ben prima che il Covid limitasse le nostre vite.

Dal 2005, infatti, il Time in jazz di Paolo Fresu fa una tappa all’Agnata con un concerto-evento da cui negli anni sono venute fuori straordinarie pagine di musica. Il primo fu Danilo Rea, poi è stato il turno di Rita Marcotulli e Maria Pia De Vito, Gianmaria Testa e Lella Costa, Ornella Vanoni, Morgan, Teresa De Sio, Cristiano De André, Gaetano Curreri, Daniele Silvestri. Quest’anno toccherà a Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Tutti nel nome di De André.

A fare gli onori di casa all’Agnata è sempre lei, Dori Ghezzi, moglie e musa di De André, che - a differenza delle compagne di vita di altri cantautori - ha scelto di condividere l’eredità artistica del suo amore, perché «Fabrizio non era solo mio – ama ripetere –. Era un personaggio pubblico talmente amato che arrogarsi un senso di appartenenza così stretto lo trovo sbagliato».

Dori, come nasce l’incontro tra l’Agnata e Paolo Fresu?

«Con Paolo ci conoscevamo da tempo. Andai a un concerto del Time in jazz e mi resi conto di quanto fosse bella e radicata questa realtà in giro per la Gallura. E così abbiamo ipotizzato di creare qualcosa all’Agnata».

Cosa rappresenta per lei l’appuntamento del Time in jazz?

«Mi riporta all’Agnata, perché ormai per un verso o per un altro riesco a venire sempre meno. E sicuramente anche quest’anno sarà un momento che mi godrò sentimentalmente».

Che effetto le fa vedere ogni volta tutta quella gente sul prato dell’Agnata?

«Io credo sia un momento unico al mondo. Non credo esista un altro luogo simile, con un pubblico rispettoso e competente. Chi ha vissuto una volta il concerto non se lo scorda più».

Con Fabrizio avevate mai organizzato un concerto, anche se per soli amici?

«Qualche volta se ne parlò, ma poi non se ne fece mai nulla. L’idea era di organizzare qualcosa di tipicamente sardo. Chissà che prima o poi non si riesca, anche se dovrei occuparmene in prima persona. Già è stato un miracolo che siamo riusciti a salvare l’Agnata stando altrove. Anche grazie al personale che ci lavora che ha capito che quella è casa loro, che va custodita come quando ci abitavamo».

Testa, De Sio, Morgan, Vanoni, Curreri: il concerto che le ha dato un’emozione particolare?

«In modo diverso tutti quanti. Anche lo stesso Cristiano che cantava a casa sua».

Cosa dobbiamo aspettarci da Magoni e Spinetti?

«Loro sono fantastici, due grandi professionisti. Ascolteremo una magica “Bocca di rosa” che fanno con grande personalità e disinvoltura».

L’anno scorso ha saltato il concerto di Daniele Silvestri.

«Ho dovuto rinunciare. C’era Cristiano a fare gli onori di casa. E ora sono in Sardegna, ma non sono ancora arrivata a Tempio. Mi manca. Io sento parecchio l’amore dei sardi. Siamo come un’unica famiglia. D’altronde, noi abbiamo fatto una scelta ben precisa, non ci siamo accontentati di fare i turisti».

Ma lei parla il gallurese?

«Lo capisco perfettamente, ma non ho mai osato parlarlo. A differenza di Fabrizio».

Come ha vissuto questo anno e mezzo?

«L’abbiamo vissuto in modo anche fortunato, visto che a nessuno di noi è capitato nulla di grave. Ma ci sono state tante di quelle storie tragiche che non si può fare finta di niente. Speriamo finisca presto».

La pandemia ci ha cambiati in meglio o in peggio?

«Come ogni cambiamento è un’arma a doppio taglio, ci sono cose positive e cose negative. Di certo, sarà durissima e per risolverla ci vorrà molto tempo».

La Nave di Teseo ha dedicato una collana all’opera letteraria di De André.

«Un’idea coraggiosa, un atto d’amore verso Fabrizio. Il primo, “Accordi eretici”, è del 1997. Fabrizio ebbe anche il modo di gratificarsi e vergognarsi a modo suo. In “Volammo davvero”, ci sono introduzione di Sandro Veronesi e postfazione di Dario Fo. La voglia di ripercorrere Fabrizio attraverso le sue parole significa metterlo a fuoco come persona, padre, amico».

Da più di 30 anni ha smesso di cantare. Se un brano la convincesse potrebbe ripensarci?

«Mi sembra improbabile, in un modo o nell’altro sono sempre presente. Ma mai dire mai».


 

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